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Processo Fortugno: tutti condannati

Processo Fortugno dopo gli ergastoli la vedova chiede chiede “luce sugli altri livelli”. Lo Moro “Sistema sanitario non estraneo”

02 feb 09 Con quattro ergastoli, così come aveva chiesto l'accusa, e tra l'indifferenza della città, si è concluso a Locri il processo di primo grado per l'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno, ucciso a Locri il 15 ottobre 2005. La massima pena è stata inflitta ad Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, ritenuti i mandanti del delitto, a Salvatore Ritorto, accusato di essere stato l'autore materiale, ed a Domenico Audino. "Oggi si è raggiunto un primo importante passo, ma invito a continuare le ricerche per raggiungere gli altri livelli" è stato il commento della vedova, Maria Grazia Laganà, deputato del Pd, riferendosi ad un secondo livello sempre ipotizzato, ma ancora non emerso dalle indagini giudiziarie. "La sentenza - ha aggiunto - è venuta dalla Corte d'assise di Locri in cui oltre ai togati ci sono giudici popolari. E' un messaggio importante per la Calabria che ha ancora la speranza di rinascere". La parlamentare ha assistito alla lettura della sentenza con accanto i figli Giuseppe ed Anna, e non ha potuto trattenere lacrime di commozione quando ha sentito il verdetto di condanna. Al suo fianco anche il deputato del Pd Giuseppe Lumia. "La sentenza - ha detto - può diventare una risorsa per dare coraggio alla società". Erano le 10.15, quando la Corte d'assise, presieduta da Olga Tarzia, ha fatto ritorno in aula dopo una settimana esatta di camera di consiglio ed al termine di un processo durato due anni, snodatosi in 110 udienze e con oltre 200 testimoni passati davanti ai giudici. E quando è cominciata la lettura del dispositivo, subito si è creato un equivoco. La presidente, infatti, ha citato Alessandro e Giuseppe Marcianò, facendo seguire la parola assolti. Immediatamente dal settore riservato al pubblico, occupato esclusivamente dai parenti degli imputati, si sono sollevate grida di gioia. Ma proseguendo la sua lettura, la presidente della Corte ha poi associato i nomi di padre e figlio alla parola ergastolo e le grida di gioia si sono tramutate in urla di disperazione e invettive contro i giudici. I due Marcianò, infatti, sono stati assolti sì, ma dall'accusa di associazione mafiosa, anche se nell'accusa di omicidio rivolta loro c'é l'aggravante delle modalità mafiose. Per capire come i giudici della Corte sono giunti a questa determinazione occorrerà attendere le motivazioni della sentenza, previste entro 90 giorni. Ma soprattutto bisognerà vedere come questa assoluzione sarà valutata in sede di appello. La circostanza, ovviamente, non è sfuggita ad uno dei difensori dei due Marcianò, l'avv. Menotti Ferrari, che ha sottolineato come l'assoluzione faccia "cadere la causale politica e fa diventare questo omicidio un fatto personale". Sin dal primo momento, il delitto Fortugno è stato classificato come politico-mafioso. Il movente del delitto delineato dai pm Mario Andrigo e Marco Colamonaci, comunque, non sembra venire intaccato. Per la Dda reggina, Alessandro Marcianò, caposala all'ospedale di Locri, e suo figlio Giuseppe, avrebbero voluto la morte di Fortugno per consentire l'ingresso al Consiglio regionale (così come poi è avvenuto), di Domenico Crea, primo dei non eletti della Margherita, al quale erano entrambi legati. Del progetto d'omicidio, però, Crea, che poi ha lasciato la Margherita ed è attualmente detenuto per un'altra inchiesta sui rapporti tra politica e 'ndrangheta nel settore della sanita', non avrebbe saputo nulla, tant'é che non è mai stato indagato per l'omicidio. Oltre alle condanne per l'omicidio Fortugno, la Corte d'assise ha inflitto tre condanne per associazione mafiosa a Vincenzo Cordì (12 anni contro i 16 chiesti dall'accusa) Carmelo Dessì (quattro anni contro i 12 chiesti) e Antonio Dessì (otto anni così come era stato chiesto). Per l'ultimo imputato, Alessio Scali (tre anni e sette mesi la richiesta), i giudici hanno dichiarato il non doversi procedere in quanto già condannato per i fatti contestati.

Lo Moro “Sistema sanitario non estraneo a vicenda”. "La sentenza emessa oggi dalla Corte di Assise di Locri è importante per la famiglia di Franco Fortugno e per l'intera Calabria". Lo afferma, in una nota, il deputato del Pd Doris Lo Moro. "Prova innanzitutto - aggiunge - la capacità dello Stato di reagire, individuando i responsabili dei delitti e assicurandoli alla giustizia. Fatto di grande rilevanza in una regione in cui gran parte degli omicidi e dei più gravi delitti rimangono impuniti, costringendo le famiglie delle vittime a vivere nello sconforto e, spesso, nella solitudine, se non nella paura. Questa sentenza è importante anche per il mondo politico perché ricostruisce l'uccisione di un consigliere regionale in una terra dove spesso il confine tra politica ed affari e tra politica e criminalità appare incerto. Oggi abbiamo un dovere maggiore di agire con piena consapevolezza in quanto ogni ambiguità di comportamento sarebbe colpevole". Secondo Lo Moro, ex assessore regionale alla Salute, "la ricostruzione dell'omicidio di Franco Fortugno non può inoltre non avere drastiche conseguenze sul mondo della sanità. Alla sanità apparteneva la vittima e allo stesso ambiente appartenevano alcuni degli imputati oggi condannati all'ergastolo. La sanità della locride e dell'intera provincia di Reggio Calabria, le cui aziende sono state nel frattempo commissariate per mafia, devono prendere atto del degrado ambientale in cui è maturato il delitto. L'intero sistema sanitario calabrese non può sentirsi estraneo alla vicenda che richiede una risposta autentica ed energica per un cambiamento riconoscibile agli occhi di tutti. Ero assessore alla sanità all'epoca della morte di Franco Fortugno. Ho vissuto e condiviso quei tragici momenti che hanno influenzato il clima politico anche negli anni successivi. Ho sperimentato quanto è difficile cambiare la sanità calabrese. Penso, però, che, a maggior ragione dopo la ricostruzione giudiziaria di questo omicidio, non si possono avere cedimenti e che si può costruire un futuro migliore della Calabria solo se non ci si piega alle illegalità e alla violenza". "La certezza che deve confortare la famiglia di Franco Fortugno - conclude Doris Lo Moro - è che non dimenticheremo questa tragedia e che riscatteremo questo tributo di sangue, attrezzandoci a contrastare in maniera adeguata il malaffare e la minoranza criminale che con la sua presenza offende la dignità dei calabresi".

Il PM non commenta. Nessun commento da parte dei pm della Dda di Reggio Calabria, Mario Andrigo e Marco Colamonaci, al termine della lettura del dispositivo della sentenza contro i presunti mandanti ed esecutori dell'omicidio Fortugno. Avvicinati dai giornalisti, i due pm hanno preferito non parlare allontanandosi subito. La Corte ha accolto le richieste dell'accusa per quanto riguarda il delitto Fortugno condannando all'ergastolo Alessandro e Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto e Domenico Audino. Non le ha accolte invece nella parte in cui era stata chiesta la condanna per i due Marcianò anche per associazione mafiosa, reato dal quale padre e figlio sono stati invece assolti. La Corte ha rivisitato anche le richieste per due degli altri quattro imputati. Per Vincenzo Cordì, condannato a dodici anni, l'accusa aveva chiesto 16 anni, mentre Carmelo Dessì è stato condannato a quattro anni contro i dodici chiesti dall'accusa. Accolta invece la richiesta di condanna a otto anni per Antonio Dessì, mentre per Alessio Scali, per il quale erano stati richiesti tre anni e sette mesi, i giudici della Corte d'assise hanno dichiarato il non doversi procedere in quanto già condannato per i fatti contestati.

Tolta la potestà genitoriale ai condannati. I giudici della Corte d'assise di Locri oltre a condannare all'ergastolo Alessandro e Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto e Domenico Audino per l'omicidio di Francesco Fortugno, li hanno condannati anche all'interdizione legale e decaduti dalla potestà genitoriale. La Corte ha anche disposto che appena espiata la pena Vincenzo Cordì e Carmelo Dessì siano sottoposti alla libertà vigilata per tre anni il primo ed un anno il secondo. Inoltre i giudici, così come era stato richiesto dai pm, hanno disposto la trasmissione alla Dda di Reggio degli atti relativi alla deposizione di alcuni testimoni. I quattro imputati per il delitto sono anche stati condannati in solido al risarcimento dei danni verso le parti civili, da liquidarsi in separata sede, stabilendo, intanto, una provvisionale immediatamente esecutiva in favore dei figli di Fortugno, Giuseppe e Anna, di 50 mila euro ciascuno; di 25 mila euro per Giuseppe Fortugno e di cinquemila euro per la Asl di Locri. Tra le parti civili figurano anche la Regione, la Provincia di Reggio e il Comune di Locri.

Minniti “Fatta giustizia”. "La Corte d'assise di Locri ha fatto giustizia condannando esecutori e ideatori dell'omicidio dell'on. Franco Fortugno, ucciso per il suo impegno al servizio del rinnovamento della Calabria e per spezzare qualsiasi ipotesi di cambiamento nella nostra regione". E' il commento di Marco Minniti, ministro dell'Interno del governo ombra del Pd. "Un delitto politico-mafioso, dunque - aggiunge - come fu subito chiaro a tutta la Calabria e, specialmente, a quelli che conoscevano e volevano bene a Franco. In questo momento così solenne mi sento particolarmente vicino a Maria Grazia, ai suoi figli, ai loro cari e voglio ringraziare quanti, donne e uomini delle forze dell'ordine, magistrati, giudici, hanno lavorato nel rispetto pieno delle regole e della civiltà democratica, che si contrappone alla barbarie mafiosa, per fare giustizia" .

Presidente Bova “ora il movente”. "La sentenza emessa dalla Corte d'Assise di Locri conferma in pieno la validità dell'impianto accusatorio sul delitto del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno". Lo sostiene, in una nota, il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Giuseppe Bova. "I quattro imputati per l'omicidio - aggiunge Bova - sono stati condannati all'ergastolo a conclusione di un processo che é stato portato avanti con scrupolosità, senza soste e con l'impegno necessario per giungere in tempi ragionevoli all'accertamento della verità". Secondo Bova, "la brutale uccisione di un uomo mite come Franco, espressione della massima assemblea elettiva della Calabria, ha rischiato di rappresentare un attacco dalle conseguenze esiziali per la stessa democrazia calabrese. Oggi c'é stata solo la lettura del dispositivo. E' importante, dunque, attendere il deposito delle motivazioni della sentenza per comprendere qual è il convincimento, maturato nel processo, dei giudici di primo grado sul movente di questo efferato delitto".

Mancini “Disvelare come è gestita sanità in Calabria”: "Non sono mai riuscito a comprendere cosa volessero intendere gli eredi di una certa sinistra quando definivano l'omicidio Fortugno 'politico-mafioso'. Adesso che la Corte di Assise, ha condannato gli autori e i mandati per il terrificante delitto, ma li ha anche assolti dall'associazione di stampo mafioso, faccio ancora più fatica a capire cosa significhi quella formula". Lo afferma, in una nota, l'ex parlamentare socialista, oggi nel Pdl, Giacomo Mancini. "E' quanto mai necessario - prosegue Mancini - andare oltre le semplicistiche letture e le facili strumentalizzazioni di parte che in questi anni non sono mancate e che stanno riemergendo anche in queste ore, per dedicarsi ancora di più ad un serio approfondimento su come è gestita la sanità a Locri e in Calabria e per disvelare quanti interessi, non sempre leciti, nasconde. Questo compito spetta alla magistratura, ma non solo alla magistratura".

CGIL “Fare piena luce su tutta la vicenda”. "La sentenza di condanna nei confronti dei presunti mandanti ed esecutori dell'omicidio Fortugno è un primo e importante risultato per quanti in Calabria non si rassegnano alla strapotere della ndrangheta e si battono per sconfiggerla. Adesso bisogna andare avanti, perché venga fatta piena luce su tutta la vicenda, per scoprire i livelli di collusione politico-mafioso che decisero, con l'uccisione dell'onorevole Fortugno, di bloccare il percorso di rinnovamento della Calabria". Lo afferma in una nota il segretario generale della Cgil Calabria, Sergio Genco.

Calipari “Pagina dolorosa della storia calabrese”. "La sentenza che oggi ha riconosciuto i responsabili dell'omicidio di Francesco Fortugno assicura giustizia su una delle pagine più dolorose della storia calabrese e nazionale ed insieme premia l'ottimo lavoro della magistratura e delle forze dell'ordine". Lo afferma il capogruppo Pd in commissione Difesa, Rosa Villecco Calipari. "La decisione della Corte d'assise di Locri - aggiunge - confermando la matrice di delitto politico-mafioso, segna un momento unico nella lotta all'organizzazione mafiosa e nella riaffermazione della legalità nel nostro Paese". "Esprimo - conclude Calipari - la mia vicinanza alla famiglia Fortugno che oggi, insieme a tutti i calabresi, vede compiersi un passo fondamentale verso l'accertamento delle responsabilità".

Loiero “Uno spunto per più denunce”. "La sentenza di condanna emessa dalla Corte di Assise di Locri nei confronti dei mandanti ed esecutori dell'omicidio Fortugno è importante". Lo afferma, in una dichiarazione, il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. "E' importante - aggiunge - per la famiglia, a cui rinnovo solidarietà istituzionale e la mia personale vicinanza, ma anche per l'intera comunità calabrese che può trarre da questa sentenza una maggiore volontà di denuncia". "Oggi - dice ancora Loiero - tanti misfatti si consumano in Calabria e spesso restano impuniti, perché la gente ha paura di denunciare. Quel delitto, all'inizio della legislatura regionale, con tutta la sua carica di intimidazione e di violenza, intendeva raggiungere due obiettivi. Il primo fu tentare di bloccare alcuni processi di rinnovamento che erano alla base di una grande vittoria elettorale. Il secondo, indiretto, fu ancora più grave perché contribuì a demonizzare l'intera Calabria, attraverso quei processi di semplificazione mediatica che costituiscono la base emotiva dell'opinione pubblica. Se, infatti, in un territorio, al fine di destabilizzare il sistema, si può arrivare all'omicidio politico, tutto è allora possibile". .

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