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Appalti A3 controllati dalle cosche: 3 arresti

 

Appalti A3 controllati dalla cosca Mancuso a Pizzo, materiali scadenti. Tre imprenditori in manette

27 feb 09 Il pizzo come norma, con l'imposizione di forniture di materiale inerte, peraltro scadente, e delle imprese cui affidare i subappalti per i lavori di ammodernamento dell'A3. "Regole" non scritte ma ugualmente tassative cui non si sottraevano neppure importanti imprese di costruzioni come la Todini, l'Asfalti Sintex e la Toto. E' quanto è emerso dall'operazione 'Autostrada', condotta dai carabinieri del Ros con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Tre ordinanze di custodia cautelare emesse contro altrettanti imprenditori, tutti finiti in manette. Si tratta di Salvatore Mazzei, di 53 anni, di Lamezia Terme (Catanzaro), e di Antonino Chindamo, di 34, di Vibo Valentia, accusati di concorso in associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Il terzo imprenditore, Giuseppe Prestanicola, 54 anni, di Soriano Calabro, è stato arrestato in serata mentre in auto stava percorrendo la A3. Le imprese appaltatrici erano costrette a pagare l'uno per cento sull'importo dei lavori e dovevano rifornirsi del materiale inerte dalle ditte controllate dalle cosche. A gestire l'attività estorsiva la cosca Mancuso, il cui vertice aveva organizzato il sistema di imposizione delle tangenti alle imprese che avevano ottenuto gli appalti per i lavori dell'A3 nel tratto compreso tra Lamezia Terme e Pizzo Calabro. Milioni di euro guadagnati su un'opera che già sta facendo discutere per i tempi snervanti di realizzazione e che, come già era emerso in passato da altre inchieste, è servita soprattutto a soddisfare gli appetiti incontenibili delle cosche. Il personaggio di maggiore spicco tra gli arrestati è Salvatore Mazzei, titolare, tra l'altro, di una cava a Lamezia Terme che è stata a lungo sequestrata, accusato di essere legato alla cosca Iannazzo. Mazzei ha guadagnato cifre iperboliche imponendo alle imprese appaltatrici dei lavori la fornitura di materiale inerte e calcestruzzo. Non solo: grazie al ruolo di mediazione che avrebbe svolto tra le imprese e le cosche, Mazzei avrebbe imposto i subappalti ad altre ditte controllate dalla 'ndrangheta ottenendo cosi' due risultati: la "tranquillità ambientale" dei cantieri, che nessuno disturbava visto che gli interessi di tutti erano soddisfatti, e la ripartizione dei proventi delle estorsioni. Le somme che le imprese erano costrette a pagare venivano ricavate dalla sovrafatturazione dei lavori. Il pizzo, secondo quanto è emerso dalle intercettazioni, veniva definito degli imprenditori la "tassa governativa" per spiegare l'obbligatorietà del suo versamento. Il sistema prevedeva, per forza di cose, l'esclusione dai lavori delle imprese non facenti parte del contesto mafioso. Con la conseguenza che gli imprenditori non collusi con le cosche che tentavano di inserirsi nel sistema delle forniture, venivano convinti a desistere con intimidazioni e minacce. Uno dei metodi per lucrare sui lavori da parte di Mazzei consisteva nella scarsa qualità del calcestruzzo che veniva fornito alle imprese, con conseguenze pregiudizio per la sicurezza delle opere realizzate. Qualità che diventava, guarda caso, ottima, e corrispondente al capitolato d'appalto, in coincidenza con i controlli eseguiti dall'Anas.

Egemonia della cosca Mancuso. Il ruolo egemone della cosca dei Mancuso della 'ndrangheta nell'intera provincia di Vibo Valentia emerge anche dall'inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nei lavori di ammodernamento dell'A3 che ha portato all'emissione di tre ordinanze di custodia cautelare. La forza dei Mancuso deriva, secondo i carabinieri del Ros, anche dai qualificati rapporti con le altre maggiori consorterie criminali di 'ndrangheta in tutta la Calabria. Il ruolo preminente della cosca Mancuso era gia' emerso dall'operazione Decollo del 2004, condotta dalla Dda di Catanzaro, sul narcotraffico internazionale e concretizzatosi anche nella gestione degli appalti pubblici attraverso una ramificata rete di imprese. L'imprenditore Salvatore Mazzei, arrestato nel corso dell'operazione, in passato era comparso come persona offesa e come vittima di estorsioni, insieme ad altri imprenditori, in altre inchieste sulle infiltrazioni mafiose nei lavori di ammodernamento dell'A3..

Pagavano anche le grandi imprese. Sono diverse le imprese che si sono aggiudicate gli appalti per i lavori sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria che erano costrette a realizzare i lavori stradali con materiali scadenti. Secondo le indagini dei carabinieri del Ros le aziende che si sarebbero piegavate all'imposizione della 'ndrangheta erano: Todini, Asfalti sintex e Toto. Dalle intercettazioni disposte dai pm della Dda di Catanzaro, emerge esplicitamente che veniva fornito abitualmente materiale scadente, al punto da rendere non sicure le strade realizzate. Per sfuggire ai controlli di qualita' eseguiti dall'Anas, i capi dei cantieri chiedevano per quel giorno il materiale corrispondente al capitolato d'appalto. La tangente che le grandi aziende impegnate nei lavori sulla A3 Salerno-Reggio Calabria pagavano alla 'ndrangheta, era definita dagli imprenditori "la tassa governativa". Un modo per spiegare che in quelle zone il "pizzo" era un atto obbligatorio. I carabinieri del Ros, illustrando l'indagine ai pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, parlano di "egemonia concordata" per descrivere il predominio sui lavori della A3, dalle singole cosche nei territori di rispettiva competenza, in base ad accordi stabiliti a monte tra gli affiliati alla 'ndrangheta. Dalle intercettazioni emerge il monopolio delle imprese vicine ai clan per la fornitura di materiale e per i subappalti che ha portato a tenere lontane altre ditte che non erano ''affiliate". Per questo motivo sono state registrate numerose intimidazioni nei confronti delle ditte locali che tentavano di proporsi come fornitrici.

Napoli (Pdl) “Rivedere norme antimafia”: ''Il potere già plurinoto della cosca Mancuso, nonché i metodi usati per infiltrarsi negli appalti, comporta l'assoluta necessità di rivisitare la normativa vigente sulla certificazione antimafia". Lo afferma in una nota la parlamentare del Pdl, Angela Napoli, circa l'operazione 'Autostrada'. "E', altresì, indispensabile - aggiunge - attivare nuove forme investigative per contrastare la nuova attività di racket perpetrata dalla 'ndrangheta con l'imposizione di ditte, di assunzioni, di guardianie e di forniture di materiali. Da ultimo, voglio dare atto della bontà investigativa, supportata dall'uso delle intercettazioni, che ha portato all'operazione 'Autostrada'". "L'odierna operazione - prosegue Napoli - compiuta dai Ros e dai Carabinieri dei comandi provinciali di Catanzaro e Vibo Valentia e coordinata dal sostituto procuratore Marisa Manzini, della Dda di Catanzaro, porta alla luce un'ulteriore responsabilità che alcuni imprenditori calabresi hanno nelle collusioni con la 'ndrangheta. Da tempo e' noto l'interesse delle cosche criminali calabresi sui lavori della Salerno - Reggio Calabria". "Il coinvolgimento - conclude - dell'imprenditore Salvatore Mazzei evidenzia come in Calabria alcuni 'personaggi' riescono ad acquisire la figura di vittima pur condividendo gli affari con la criminalità organizzata".

 

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