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Omicidio Amendola, terzo arresto
Omicidio Amendola, terzo arresto a Lamezia 06 ago 09 Un nuovo arresto è stato operato dai carabinieri della compagnia di Lamezia Terme nell’ambito dell’inchiesta cgh sta facendo luce sull’omicidio di Roberto Amendola, il giovane di 23 anni ucciso il 13 novembre 2008 con due colpi di pistola e poi bruciato. I militari dopo aver fermato i presunti autori del delitto nella notte hanno fermato un terzo uomo, Domenico Giampà, che avrebbe avuto nel delitto il ruolo di colui che avrebbe attirato la vittima nell’imboscata letale. Giampà dunque segue i fratelli Notarianni, Aldo ed Aurelio indicati come gli esecutori materiali del delitto. Il giovane Amendola fu attirato nell’imboscata con la scusa di cedergli una pistola. Pistola che gli sarebbe servita per mettersi in proprio per sfidare la manovalanza delle cosche sul territorio. I particolari dell’operazione sono stati resi noti in una conferenza tenuta dal procuratore della Repubblica, Salvatore Vitello, il sostituto ed Elio Romano, che ha coordinato le indagini, il comandate della Compagnia di Lamezia, Stefano Bove e il Comandante del nucleo operativo e radiomobile Giuseppe Marchio. Amendola, secondo gli inquirenti, era stato ucciso perché voleva sfidare i clan, mettendosi in proprio negli affari criminali, cominciando con l'acquisto di una pistola, questo, secondo gli investigatori, il movente dell'omicidio. Gli assassini gli tesero un tranello, fissandogli un appuntamento con il pretesto di cedergli una pistola, probabilmente con l'intercessione di Giampà. Il procuratore della Repubblica lametino, Salvatore Vitello, ha definito le intercettazioni importanti ai fini delle indagini, agli arresti, infatti, si è arrivati grazie ad un'attività investigativa alla quale da tempo era sottoposto Amendola, controllato dai carabinieri perché ritenuto coinvolto in alcune rapine. Amendola era alla ricerca di un'arma, una pistola calibro 38. Per acquistarla, ha riferito il procuratore capo, Amendola si rivolse ad un amico, definito «il traditore», Domenico Giampà, al quale chiese di essere accompagnato per l'acquisto della pistola. L'amico lo portò davanti l'abitazione dei fratelli Notarianni e subito dopo, nelle intercettazioni, si sentirono i due colpi d'arma da fuoco che raggiunsero Amendola alla testa. Un omicidio registrato in diretta dagli apparati investigativi che annotarono anche alcune voci. Tra cui quella di Domenico Giampà e di Aldo Notarianni, che avvicinatosi allo sportello della Lancia Y sulla quale si trovava Amendola sparò due colpi di pistola. Quella stessa arma che avrebbe dovuto acquistare e che in segno di spregio fu gettata dai Notarianni nell'auto che poi diedero alle fiamme.
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