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Giro d'usura scoperto dalla DDA nel cosentino

Giro d'usura nel cosentino, operazione di Finanza e Carabinieri. 70 mln di beni sequestrati, 12 arresti

04 ago 09 Beni per 70 milioni di euro sono stati sequestrati dai militari del Gico della Guardia di finanza nell'ambito si un operazione congiunta con i Carabinieri che, nel cosentino, ha portato all'arresto di 12 persone accusate di usura aggravata dalla modalità mafiosa. I beni sequestrati sono attività commerciali, quote azionarie di società, conti correnti ed alcuni immobili. Dalle indagini condotte dai finanzieri e dai carabinieri è emerso che i beni sequestrati sarebbero il frutto dell'attività di usura nei confronti di imprenditori della zona dell'Alto Tirreno Cosentino. Le indagini dei carabinieri e della guardia di finanza sono state coordinate dalla Dda di Catanzaro. Alle persone arrestate è stata notificata una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno individuato un gruppo di persone che prestavano denaro con tassi usurai ad imprenditori e commercianti.

--> Video interviste PM DDA Lombardi e Borrelli, Col.li Iacobelli (CC) e Castrignanò (Gdf)

Tassi dal 10 al 20 per cento venivano applicati alle vittime del giro di usura scoperto dai carabinieri di Cosenza che stamani hanno arrestato insieme alla Guardia di Finanza, dodici persone nell'ambito dell'operazione chiamata 'Cartesio'. La gran parte delle vittime dei presunti usurai sono imprenditori e commercianti, molti dei quali operano nel cosentino. Tra i casi più eclatanti individuati dai carabinieri c'é quello di un imprenditore del settore termoidraulico che a fronte prestito iniziale e, nel giro di due anni, si è ritrovato con una esposizione debitoria superiore ai tre milioni di euro. Tra le persone arrestate dai carabinieri ci sono anche persone ritenute vicine alla cosca Muto, Nelle indagini è emerso una sorta di alleanza con la Cosca degli Abruzzese, il capo della quale, conosciuto come Dentuzzo, ha ricevuto un nuovo ordine di arresto in carcere.

L'operazione Cartesio determina la carcerazione, fra gli altri, di piu' imprenditori, dell'alto tirreno cosentino, che reimpiegavano in usura capitali della cosca Muto. Il G.I.P. distrettuale, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia (DDA) di Catanzaro, ha disposto l'arresto di 12 persone fra cui:

Giuseppe Nigro,detto “Pino”, 49 anni di Cosenza, della moglie Franca Coccia, 49 anni di Roma;dei tre fratelli : Agostino Iacovo, 37 anni, Dino Iacovo, 40 anni, Gigliola Iacovo, 38 anni tutti di Cetraro; di Settimio Rosario Rugiero, detto “professore”, 49 anni di Bonifati; di Agostino briguori di Bonifati. A tutti viene contestato il reato di usura, aggravata dalla finalità di agevolare la cosca Muto e dal metodo mafioso e del reato di estorsione ,parimenti aggravato dalla mafiosità.

Giuseppe Nigro è tradizionalmente legato alla cosca Muto , risultava già coinvolto nell'ambito del processo Azimut per il quale è stato condannato, in primo grado, per usura aggravata dalla mafiosità. e , poi, assolto in Appello. Nigro ha profittato della propria società immobiliare per conoscere le difficoltà economiche di piu' imprenditori cui “offre” finanziamenti a tassi oscillanti fra il 10 ed il 20% al mese. L'indagine dimostra che nell'ultimo quinquennio, i fratelli Iacovo gli si sono affiancati quali “capo zona” , per conto della cosca Muto, in agro di Belvedere e comuni viciniori . Costoro, parimenti, si sono infiltrati , attraverso la propria impresa di distribuzione di mobili, nei gangli essenziali dell'economia dell'alto tirreno garantendo linee di credito a tassi assai esosi. Gli Iacovo sono riusciti ad acquisire il controllo di una serie di imprese, del settore turistico, sottraendole agli originari imprenditori finiti “sotto usura” e quindi costretti a svendere le proprie attività per compensare i debiti .

Rugiero Settimio Rosario è , invece, un insegnante che, di fatto, gestisce un distributore di carburante, in agro di Bonifati, che , per anni, ha reimpiegato in usura capitali provenienti da ndranghetisti, legati al gruppo Muto e da imprenditori che avevano deciso di ”investire” in rapporti usurari.

E' il caso di : Pasquale Imbelloni, detto Lillino, 59 anni di Santa Maria del Cedro, di Umberto Cairo, 48 anni di Sangineto e residente a Belvedere, Francesco Amato, detto “Franco”, 55 anni di Scalea, che sono stati raggiunti da un provvedimento di custodia cautelare. Quest'ultimo ha garantito a Rugiero informazioni sensibili sulla solvibilità delle persone offese svolgendo mansioni di ufficiale giudiziario in Scalea. Gli usurai potevano contare, anche sul favoreggiamento di Giuseppe Grossi, 57 anni di Paola direttore di un istituto di credito che ha fornito loro informazioni relative agli accertamenti economici eseguiti dalle forze di polizia.

Contollo dei mutui. La gestione dei mutui e' stata controllata dalla cosca Muto ed in particolare da Antonio Pignataro noto come “Tonino Cicchitella”, 46 anni di Cetraro, raggiunto da misura cautelare in carcere, che , in piu' occasioni, ha speso il nome di Franco Muto storico reggente della cosca omonima.

Alleanza cosche Muto Abruzzese. Fra le prerogative di quest'indagine v'è la inedita e preoccupante collusione di usurai della cosca Muto con personaggi di spicco della cosca Abbruzzese, infatti, il G.I.P. distrettuale ha disposto la cattura in carcere di Francesco, Abbruzzese detto “Dentuzzo”, 39 anni di Cosenza, capo incontrastato della omonima cosca , egemone in Cassano, che ha concluso rapporti di mutuo , contratti a tasso usurario, con imprenditori dell'alto tirreno cosentino, anche per il tramite di Rugiero e dei fratelli Iacovo .

Volume di affari per un milione di euro. Il volume di affari accertato è enorme , per come dimostrano le cifre dei finanziamenti che superano, per ciascuna delle persone offese , il milione di euro. In particolare; uno degli imprenditori “strozzati”, titolare di un'impresa leader nel settore termoidraulico , con commesse in tutto il territorio nazionale, ha raggiunto, in meno di due anni, un'esposizione debitoria superiore ai tre milioni di euro.

Di estremo rilievo sono, poi, le indagini economico-patrimoniali disposte dalla Procura che hanno consentito di ricostruire in capo ai principali indagati notevolissimi complessi patrimoniali costituiti, prevalentemente, da beni immobili, attività commerciali e quote societarie, detenuti sia direttamente sia attraverso prestanome, il cui valore è risultato sproporzionato rispetto alle capacità economico-reddituali dei rispettivi titolari.

Uno degli aspetti di maggiore interesse investigativo emersi dalle indagini patrimoniali riguarda l'individuazione in capo ai fratelli Iacovo (Agostino, Dino e Gigliola) di una stretta comunione di interessi nella gestione delle loro attività economiche e finanziarie, quasi che gli stessi avessero costituito una sorta di “holding familiare” dotata di una cassa comune e di decisioni di investimento collegiali.

L'attività di analisi documentale ha consentito, infatti, non solo di ricostruire un complesso intreccio di rapporti societari in continuo mutamento attraverso varie cessioni e/o intestazioni di quote nell'ambito dei membri della famiglia ma, altresì, di accertare l'esistenza di una vera e propria “cassa comune”, utilizzata sia per finanziare l'attività usuraria, sia per investire nella costituzione o acquisto di nuove società o, ancora, nell'acquisto e/o costruzione di immobili.

In effetti, come accertato in sede di indagini patrimoniali, a partire dal 2004 (ovvero nel periodo in cui l'attività usuraria è in fase di piena espansione), i fratelli Iacovo hanno effettuato notevoli investimenti in beni e società, alcuni dei quali in maniera ufficiale, altri ricorrendo a soggetti prestanome, utilizzando le considerevoli disponibilità finanziarie rivenienti dall'attività delittuosa posta in essere.

L'esame del materiale investigativo raccolto in sede di indagini di p.g. e i successivi accertamenti economico-finanziari hanno permesso di:

• individuare tali disponibilità patrimoniali molte delle quali, sebbene formalmente intestate a prestanome, sono state ricondotte di fatto nella disponibilità dei fratelli Iacovo e, in particolare, di Agostino Iacovo;

• comprendere le dinamiche sottostanti alla loro acquisizione, le quali hanno evidenziato l'esistenza di un comune denominatore rappresentato dal progressivo subentro di Iacovo Agostino, in qualità di titolare occulto, in importanti attività economiche attraverso l'impiego di capitali di provenienza illecita.

Sequestarti beni per 70 milioni. I conseguenti provvedimenti di sequestro preventivo disposti dal G.I.P., su richiesta della Procura distrettuale di Catanzaro , ai sensi degli artt. 321 c.p.p. -240 c.p. e 12 sexies Legge 356/1992 colpiscono numerosissimi beni immobili, quote societarie, attività commerciali e conti correnti bancari per un valore stimato in circa 70 milioni di euro e riguardano, in particolare, un albergo di lusso, un centro commerciale , un'impresa di onoranze funebri siti tutti in agro di Belvedere Marittimo, una società di ristorazione con punti vendita in tutta la provincia di Cosenza, un lido con annesso ristorante sito in Bonifati, un ristorante sedente in Rimini.

Le indagini sono state svolte dai C.C. della Compagnia di Scalea e del Comando Provinciale di Cosenza e, per quanto attiene le investigazioni patrimoniali, dai finanzieri del GICO di Catanzaro e dello SCICO di Roma .

 

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