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Cronaca
Un calabrese alla guida di una rete criminale nel livornese

 

Smantellata nel livornese una rete criminale gestita da un calabrese: 58 arresti

15/11-(servizio a cura di Gia. Cat.)- Una operazione che ha impegnato oltre 300 carabinieri, provenienti anche dai battaglioni mobili di Firenze e Roma, unita' cinofile e due elicotteri sono stati dispiegati stamani per una operazione che ha portato all' arresto di 58 persone (altre tre hanno ricevuto l' ordine dell' obbligo di dimora, mentre quattro sono tuttora latitanti) nell' ambito dell' inchiesta contro una organizzazione criminale criminale che, oltre a gestire un vasto traffico di stupefacenti e di prostituzione, era specializzata nelle estorsione e nell' usura.L' operazione, coordinata dai pm Roberto Pennisi e Antonio Giaconi, e' scaturita da oltre un anno di indagini e ha permesso di sgominare un' associazione a delinquere estremamente ramificata.
A capo dell' organizzazione, secondo quanto hanno spiegato i carabinieri, vi era un calabrese: Michelangelo Fedele, 60 anni, giunto a Donoratico, nel comune di Castagneto Carducci, negli anni '80 per un soggiorno obbligato dopo essere stato legato al clan dei Piromalli affiliato alla 'Ndrangheta. Secondo la ricostruzione gli inquirenti, Fedele gestiva direttamente l' usura e le altre attivita' illecite servendosi di veri e propri luogotenenti che operavano in Val di Cecina e Val di Cornia. Tra le persone finite in carcere vi sono italiani e stranieri, soprattutto albanesi, ai quali era affidata la gestione del traffico e dello spaccio di stupefacenti.

Il Pm Pennisi lancia l’allarme: “Quasi un economia parallela”

''L' usura in questa provincia rappresenta una parte consistente del sistema economico parallelo a quello legale. E' questo il dato piu' preoccupante che emerge dalle nostre indagini''. E' cosi' che il pm livornese Roberto Pennisi commenta l' operazione dei carabinieri che stamani ha smantellato un' organizzazione criminale ramificata nella provincia livornese e ha portato in carcere 58 persone, mentre per altre tre e' scattato l' obbligo di dimora e quattro sono ancora latitanti. Gli inquirenti hanno contestato agli indagati decine di reati, mentre per molti di loro l' accusa e' di associazione a delinquere dedita all' usura, alle rapine, ai furti, alla ricettazione, al riciclaggio di denaro, alla detenzione e traffico di armi, allo spaccio di droga e al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e dell' immigrazione clandestina. A capo dell' organizzazione, secondo gli inquirenti, c' era un calabrese di 60 anni: Michelangelo Fedele, legato al clan dei Piromalli affiliato alla 'ndrangehta. Era lui a gestire direttamente l' usura e le altre attivita' illecite, costruendo una vera e propria struttura piramidale dell' organizzazione e affidandosi a luogotenenti fidati in Val di Cecina e in Val di Cornia. Tra gli arrestati vi sono italiani e albanesi, ai quali veniva di fatto lasciato il mercato degli stupefacenti. Il tasso di interesse applicato ai prestiti usurai oscillava tra il 10 e il 40 per cento mensile. ''Ma il dato piu' preoccupante - ha aggiunto Pennisi, che ha coordinato le indagini insieme al collega Antonio Giaconi - e' rappresentato dalla larga diffusione di questa pratica e dalla scarsa propensione delle vittime a parlare''. Ma perche' secondo gli investigatori il territorio livornese e' stato cosi' diffusamente contaminato dalla pratica dell' usura? ''Certamente perche' anche la nostra provincia risente della crisi economica generale - ha concluso il magistrato - ma anche perche' i cittadini incontrano enormi difficolta' per accedere ai finanziamenti del sistema bancario''. L' operazione di stamani, condotta da oltre 300 carabinieri livornesi, col supporto anche di reparti provenienti dai battaglioni mobili di Firenze e Roma, ha permesso di recuperare una vasta documentazione che attesta la ramificazione dell' organizzazione criminale: perquisizioni sono state eseguite nelle province di Livorno, Pisa, Massa, Prato, Grosseto, Roma, Agrigento, Udine, Varese e Torino. Enorme anche la mole di indizi raccolti dagli inquirenti tanto che il Gip, Rinaldo Merani, ha firmato un' ordinanza di custodia cautelare in carcere di 741 pagine e contestando, a vario titolo, ben 121 reati.

 

 

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