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      Cosenza in C, il dolore di un tifoso che vive lontano dalla sua città

       

       

      Cosenza in C, il dolore di un tifoso che vive lontano dalla sua città

      05 mag 25 Riceviano e pubblichiamo una lettera di un tifoso che vive lontano dalla sua Cosenza e che, con le sua parole profonde, ci ha toccato il cuore. Una testimonianza di chi ha perso qualcosa che va oltre ogni passione, ogni affetto. La lettera la facciamo nostra e ve la proponiamo per intero. Grazie Alessandro. Torneremo più forti di prima. Nonostante tutto, nonostante non conosciamo quale futuro ci aspetti ti assicuro che faremo di tutto, per quanto nelle nostre limitate possibilità, affinchè tutto cambi davvero. Forza Lupi.

      "Vivo lontano dalla Calabria da tempo. Ma ogni volta che il Cosenza Calcio scende in campo, qualcosa dentro di me si accende. Non è solo tifo. È un richiamo. È la mia terra che mi parla, anche da lontano. Mi basta uno sguardo al Marulla le curve, il prato, il cielo aperto sopra lo stadio, le nuvole lente che scorrono come pensieri antichi. E per un attimo sono di nuovo a casa, senza esserci davvero. Ma stavolta è diverso. Stavolta quel campo non consola, ferisce. Questa retrocessione non è solo una caduta sportiva è uno strappo. Un dolore muto, che non sai spiegare, ma che ti toglie il fiato. Perché da lontano, quando tutto ciò che ti resta della tua terra sono i simboli, perderne uno è come perdere l’equilibrio. È come se fosse caduto qualcosa di sacro, qualcosa che ci teneva uniti, fieri, vivi. Abbiamo perso molto più di una partita. Abbiamo visto crollare un presidio d’identità, un punto fermo in un mondo che ci ha costretti ad andar via. E ora ci resta questo silenzio amaro, che pesa più di qualunque parola. Ma le radici, quelle no. Quelle non si spezzano. Vivono nella roccia, nella polvere, nei nomi che portiamo addosso anche senza pronunciarli. Non c'è sconfitta che possa portarle via. Ripartiremo da un’altra categoria. Con meno luci, meno riflettori. Ma con la speranza, ostinata e antica, di tornare a lottare dove sentiamo di appartenere. Perché le radici non retrocedono. E chi ha una terra vera sotto i piedi, prima o poi, torna in alto. Con rispetto, un figlio lontano".

      Alvini

      Il Ficcanaso della retrocessione (VIDEO)

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