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      Presentato a Cosenza il calendario storico dei Carabinieri 2025

       

       

      Presentato a Cosenza il calendario storico dei Carabinieri 2025

      31 ott 24 Presentato alla stampa anche a Cosenza, nella sede del comando provinciale, il Calendario Storico dell'Arma dei Carabinieri 2025. A presentarlo il ten. col. Dario Pini, presente il comandante Provinciale di Compagnia col. Andrea Mommo, che ha raccontato la traccia che ha seguito le pagine del calendario che si sviluppa attraverso le lettere di un comandante di stazione vedevo che scrive a suo figlio raccontando le sfide del quotidiano. Il militare racconta le varie eperienze affrontate durante il suo percorso a cornice delle belle tavole che riempono il calendario.

      La veste grafica dell’opera è stata curata dal maestro Marco Lodola, Lombardo d’origine formatosi a Firenze e Milano. La sua arte rappresenta l’italianità nel mondo, infatti, tra l’altro, le sue opere sono state esposte nelle più rinomate gallerie nonché presso il MAGA - Museo d'arte di Gallarate , presso il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna e presso il Museu Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam di San Paolo del Brasile. Una curiosità collegata al maestro Lodola e che l’artista, nel 2014, in collaborazione con il maestro Michele Volpicella, ha tenuta una mostra dal titolo “NEO FUTURISMO-NEO METAFISICA” presso Museo delle Arti e dei Mestieri di Cosenza.

      Lo scrittore che ha curato i racconti del calendario è invece il maestro Maurizio De Giovanni, scrittore di origine partenopea, vincitore di concorsi letterali e riconoscimenti tra i quali figurano: il premio Scerbanenco; il premio Fedeli; nel 2015 il comune di Cervinara gli conferisce la cittadinanza onoraria; Nel settembre 2021 l'Università degli Studi di Napoli Federico II gli ha conferito la Laurea honoris causa in filologia moderna; nel settembre 2021 gli è stato conferito il Nastro d'argento speciale per la scrittura; nel 2022 ha vinto il Premio letterario Basilicata per il romanzo L'equazione del cuore; nel 2023 ha vinto la 36ª edizione del Premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante sezione Autore dell'anno; nel 2023 gli è stato assegnato il Premio Carlo Missaglia per la sua attività sia di scrittore che di rappresentante della cultura partenopea e nell’anno in corso il premio GENIUS LOCI- Pulci Nella Mente.

      Il Calendario Storico dell’Arma dei Carabinieri, giunto alla 92^ edizione, apparve per la prima volta a Firenze nel 1928 e il crescente interesse verso tale forma di pubblicistica militare, che sviluppa ogni anno un tema attinente alla storia o all'attività dell'Istituzione, ha fatto del Calendario dell'Arma un documento sempre più richiesto negli uffici e nelle caserme, tanto da diventare oggetto di collezionismo. Un aspetto interessante di questa iniziativa editoriale è costituita dal fatto che, sul piano economico, una così alta tiratura non grava sul bilancio dello Stato, essendo le copie acquistate dal personale dell'Arma, che in tal modo ne coprono il costo.

      Gennaio
      UNA FAMIGLIA SILENZIOSA Il Maresciallo Comandante di Stazione e suo figlio facevano colazione, in silenzio. Il ragazzo aveva sedici anni, i capelli lunghi e una data sul polso. Líuomo sapeva a cosa si riferiva. Ricordava líospedale, il sangue, le lacrime. Cíera bisogno di tatuarsi quel numero? Uova, latte, biscotti, spremuta. Il ragazzo spazzolava a occhi bassi. Líuomo si limitÚ al caffË. Tra poco sar‡ un anno e ancora non parliamo. Lui e il ragazzo erano simili. Lei ne rideva, due muti. CíË silenzio e silenzio, le direbbe ora. Ci sono silenzi pieni di emozioni. Questo invece Ë un muro altissimo. Io non so di lui, lui di me. Il mio mestiere. Magari pensa che mi allontani, che mi renda insensibile. Il ragazzo finÏ di mangiare. Líuomo gli chiese della scuola, tutto bene pap‡. Sapeva dei voti buoni, non perdeva un colloquio. Ma il resto? Gli amici, le ragazze? Che sogni hai? Lo so che ti manca, ma siamo ancora una famiglia. La porta si chiuse, i passi sulle scale. Il maresciallo si alzÚ, prese giacca e cappello. Devo trovare il modo. Devo parlare con lui.

      L FILO CHE CI UNISCE Se stai leggendo, vuol dire che hai trovato questa lettera. E vuol dire che anche tu, come me, vai ogni tanto quando nessuno ti vede a sfogliare líalbum delle foto di quando eravamo in tre, ed eravamo felici. Lího messa qui, tra le pagine con le veline, sorridendo al pensiero di lei che metteva le immagini stampate, cosÏ anacronistiche a pensarci adesso, in ordine rigorosamente cronologico, noi due fidanzati in gita, il matrimonio, tu che arrivi a completare la nostra esistenza. Se vorrai farmi sapere che hai trovato questo foglietto e che líhai letto, ti prego prendilo. Io capirÚ, non trovandolo, e ti scriverÚ ancora. Strano, cosÏ. Abbiamo le nostre occasioni per parlare, la colazione, la cena, quel poí di televisione la sera. Ma lo sai come lo so io, certe cose se non vengono naturali Ë meglio evitare. Non so cosíË, imbarazzo, incapacit‡; forse solo questo carattere chiuso che purtroppo condividiamo, e che ci impedisce di parlare come dovremmo. Ma siccome di cose da dirti ne ho, e tante, faccio questo tentativo. Se vorrai tenere queste parole, e aiutarmi cosÏ a tenere vivo il filo che ci unisce e che ci unir‡ per sempre, allora non dovrai parlarmene se non ti va. Prendi solo questa lettera, e cosÏ capirÚ che posso scriverne uníaltra, e uníaltra ancora: raccontandoti qualcosa di chi Ë tuo padre, di come vive e del mestiere che fa. Magari scoprirai che siamo meno lontani di come sembriamo. Che le cose che faccio riguardano anche ragazzi come te, e che i nostri mondi non sono separati, anzi che sono esattamente lo stesso pianeta, e che dobbiamo solo capire in che verso gira. A presto, figlio mio. Ti voglio bene.

      Febbraio
      IL BRANCO Magari lo hai visto cento volte, ma non te lo ricordi. Quelli come lui sono cosÏ, sotto gli occhi di tutti eppure invisibili. Dorme in diversi punti della citt‡, al riparo della pioggia e del vento; conosce le rientranze dei portoni, i portici, le entrate di servizio dei centri commerciali. E di giorno fa il giro di quelli che gli danno qualcosa da mangiare e soprattutto da bere, commessi e commercianti gli vogliono bene, ha una risata sgangherata e contagiosa che mette di buonumore. Ieri hanno provato a dargli fuoco. Non ci sono riusciti, non del tutto: ha ustioni di primo e secondo grado sul settanta per cento del corpo, i dottori dicono che potrebbe anche farcela ma ora come ora gli sembra difficile. Non ha mai fatto niente di male a nessuno. A nessuno. Pensavano di farla franca, ma cíera una telecamera di sorveglianza di un appartamento privato, una signora anziana che ha subito un tentativo di furto qualche anno fa. Non si vede dalla strada, e ha ripreso tutto. Cinque ragazzi, pi giovani di te, leggerai i nomi quando la storia verr‡ fuori, magari li conosci anche se spero di no. La cosa che mi agghiaccia Ë che presi singolarmente sono assolutamente normali, anzi, apparentemente perfetti. Studenti coscienziosi e di buon profitto, condotta esemplare, seguiti dai genitori, le miglio ri scuole. Niente degrado, niente abbandono sociale, niente malavita. Nessun cattivo esempio. Poi perÚ insieme diventano una specie di bestia mostruosa; stiamo approfondendo e sta venendo fuori di tutto, non Ë la prima volta che fanno qualcosa del genere, se la prendono con immigrati, con ragazze che incontrano da sole, con auto in sosta e vetrine. Il branco, insomma. Quello vero, anche se gli animali sono assai migliori. Cerca di ricordarlo: con gli altri si puÚ diventare qualcosa di assai diverso da se stessi. Qualcosa di terribile. Ti voglio bene.

      Marzo
      PRIGIONIERI DI UNA STANZA Stamattina ti ho sorpreso, lo so. Lího visto dalla tua faccia. Stavi preparando la borsa per il calcetto, essendo giovedÏ, e io ti ho stretto la spalla, una specie di ruvida carezza. Ti sei voltato e mi hai guardato con curiosit‡. Mi hai chiesto: tutto bene, pap‡? E io sÏ, certo. Ma non ti ho convinto, lo so. Quindi ti spiego qui, come sai mi Ë pi facile. Ieri mi sono accorto che il collega Gargiulo era abbastanza gi di corda. Ci conosciamo bene, lo sai, siamo dello stesso corso e siamo anche amici. » un carabiniere bravo e coscienzioso, un uomo affidabile e una brava persona. Ho aspettato una pausa e gli ho chiesto cosa avesse che non va. Mi ha raccontato tutto. Inizialmente era un poí in imbarazzo, poi si Ë aperto e sembrava un fiume in piena. Forse ricorderai che ha tre figli, due pi grandi di te e uno piccolo, dodici anni, che ha sempre chiamato sorridendo ìlíincidente di percorsoî, al quale Ë legatissimo forse proprio perchÈ Ë arrivato quando non se lo aspettava pi, Beí, questo ragazzo di fatto non esce pi dalla sua stanza. La moglie e lui, Gargiulo, ci hanno provato in tutti i modi, con le buone, con le cattive, rivolgendosi a un medico, poi a un assistente sociale, infine a uno psicologo. Hanno chiamato gli amici (quelli di prima, perchÈ ovviamente adesso il ragazzo non frequenta pi nessuno), gli insegnanti, perfino líistruttore di quando giocava a tennis. Niente da fare. Líunica cosa che hanno ottenuto Ë il nome di questa sindrome, Hikikomori, che in giapponese (dove il fenomeno Ë pi diffuso) significa ìchiudersi dentroî. Hanno provato a togliergli il computer, attraverso il quale Ë collegato ventiquattríore al giorno, ma lui smette di nutrirsi. » diventato una larva. Sta sui social, come se fosse quello il mondo reale. Alla fine del racconto, Gargiulo piangeva. E allora quando ho visto che ti preparavi per il calcetto, pieno di vita, di amici e di voglia di aria aperta, sono stato semplicemente felice. Ti voglio bene.

      Aprile
      LA SCELTA GIUSTA Hai sentito dellíincidente dellíaltra notte, anzi, per essere precisi dellíaltra mattina perchÈ erano le tre. Uníauto uscita di strada, apparentemente senza motivo, un uomo alla guida, un panettiere che andava al lavoro. Si pensava a un malore, un colpo di sonno, qualcosa del genere perchÈ non cíerano ostacoli e líauto era in perfette condizioni. Lui, lo saprai, Ë in coma farmacologico allíospedale, speriamo se la cavi, moglie e tre bambini, sarebbe una tragedia. Ero tra quelli del primo sopralluogo, cíera qualche curioso a guardare, in quel punto niente telecamere. Mi sono accorto di una ragazza, bionda, sostenuta da un ragazzo coi capelli a treccine. Aveva gli occhi sgranati. Quando lího cercata per chiedere se avesse visto qualcosa, non cíera pi. » venuta stamattina in caserma. Era ancora col ragazzo con le treccine, ma lui stava un passo indietro. Mi ha detto che voleva rilasciare una dichiarazione, io le ho chiesto che tipo di dichiarazione, lei ha detto: sullíincidente di ieri notte. Mi ha raccontato che aveva litigato col suo ragazzo, che era quello con le treccine. Che aveva bevuto un poí, non molto, ma che principalmente era triste per il litigio, si erano lasciati, mi ha spiegato, e stava piangendo. Forse per le lacrime, forse per la tristezza, forse per la birra ha attraversato di corsa senza aspettare il verde. E ha sentito i freni e il botto. Il ragazzo allora ha detto che le Ë corso dietro, ma che non ha fatto in tempo. E che adesso nessuno dei due riusciva a togliersi dagli occhi líambulanza che portava via il panettiere. Le regole a volte sembrano una gabbia, lo so. Una limitazione intollerabile delle libert‡ anche minime, come attraversare la strada. Adesso perÚ qualcuno dovrebbe spiegarlo alla moglie e ai tre bambini del panettiere. Ti voglio bene.

      Maggio
      PAROLE COME COLTELLI Ieri Ë venuta in caserma la signora Maria, sai, la salumiera dove andiamo a fare la spesa. Se ne stava in silenzio nella sala díaspetto, con la borsa stretta nelle mani e lo sguardo nel vuoto. Il carabiniere di servizio alla caserma le aveva chiesto un paio di volte che cosa volesse, ma lei aveva risposto che doveva dirmi una cosa. Personale. Lího fatta entrare nel mio ufficio, ma non diceva niente. Era pallida. Poi ha preso un telefonino dalla borsa, lo ha sbloccato e me lo ha passato. Non era suo, ma del figlio, lo conosci, quel ragazzino che Ë sempre nel negozio a fare i compiti. Molto educato, tranquillo. Tu non hai idea di quello che gli scrivono i compagni di classe. Lo sai, Ë un ragazzo molto sovrappeso, la madre mi ha detto che ha un carattere chiuso, che non reagisce, ma si chiude in camera e piange. Piange sempre. I ragazzi riescono a essere cattivi, sai? Molto. In quei messaggi, man mano che scorrevo, ho trovato cose terribili. Violenza, disgusto, perfino rabbia, come se essere grassi fosse una colpa, come se fosse un delitto. PerchÈ non muori, gli dicevano. PerchÈ non ti ammazzi, sei brutto, fai schifo, sei inutile. Maschi e femmine, a detta della madre tutti compagni di classe. Mi ha detto che non voleva denunciare nessuno, che non voleva fare ancora di pi terra bruciata attorno al ragazzo; ma che neanche se la sentiva pi di stare ferma a guardare, perchÈ, mi ha chiesto, come mi sentirei se lui facesse qualcosa di terribile e io non avessi fatto niente? Lího tranquillizzata. AndrÚ a titolo personale dal dirigente scolastico, farÚ presente la questione, lui magari trover‡ un modo; magari gli cambier‡ classe, o parler‡ coi genitori. PerÚ credimi, questo mondo a volte fa paura. I ragazzi, almeno voi, dovreste essere migliori. No? Ti voglio bene.

      Giugno
      RISPETTO, SEGNO DíAMORE Non parliamo mai di tua madre. Troppo dolore, secondo me; sia per me che per te. Eppure mi sembra che sia un argomento che dovremmo toccare, anche solo in questa strana corrispondenza che stiamo tenendo, senza poi discuterne, senza poi accennare. Io ti scrivo, tu mi leggi: e magari qualcosa rimane nellíaria, tra te e me. Sicuramente nella nostra aria cíË tua madre, che saprebbe come parlarti e come parlare a me, ne sono certo. Io perÚ vorrei parlarti di lei in quanto donna, non in quanto tua madre: perchÈ credo che ce lo dimentichiamo tutti troppo spesso, che le madri e le mogli e le amiche e le sorelle sono prima di tutto donne, e come tali dovrebbero essere trattate. Io per tua madre, puoi immaginare, ho provato e provo tutto líamore del mondo e lo proverÚ per sempre. Ma prima di tutto, e posso dirlo con immenso orgoglio, lího sempre rispettata. Non ho mai fatto o detto qualcosa che non volesse. Non le ho mai imposto la mia volont‡, e mai lei lo ha fatto a me. Non cíË stata una sola volta che non abbia ammesso discussioni, che non líabbia ascoltata, che abbia fatto di testa mia su quello che riguardava anche lei. Non cíË stata scelta in cui non líabbia coinvolta. Non cíË stato un momento in cui io líabbia considerata accessoria o secondaria. Mai. Soprattutto: non lího mai considerata mia. E su questo ti prego di riflettere. Líamore, sai, non Ë propriet‡. Non Ë neanche possesso. Non dire ìsei miaî, neanche se lo senti forte, neanche se pensi che lei voglia sentirselo dire. » la peggiore delle cose, il pi basso degli insulti. Ho visto succedere cose atroci, in nome di quel senso di malintesa propriet‡. » una donna, non uníauto o un paio di scarpe. Non ci puÚ essere amore, senza rispetto. E non cíË rispetto senza riconoscimento di libert‡. Io oggi posso dire di averla amata, tua madre, solo perchÈ lího sempre rispettata. Ti voglio bene.

      Luglio
      INTIMITA' VIOLATA Sei molto riservato e io non posso certo lamentarmene, perchÈ hai preso da me. A volte vorrei chiederti del tuo rapporto col sesso, se qualcosa ti fa soffrire, se hai qualche paura. Le cose sono cosÏ cambiate dai miei tempi, sbirciavamo certi giornali esposti nelle edicole, fingevamo di essere pi grandi per entrare al cinema a vedere certi filmetti che adesso sembrano cosÏ innocenti. Ti sorprenderebbe sapere quanti ragazzi vengono in caserma o ci chiamano perchÈ sono in difficolt‡. Molto spesso sono donne, pi fragili in un mondo fatto dagli uomini per gli uomini. Cerchiamo di parlare, di arrivare a capire certe dinamiche soprattutto per vedere dove e come possiamo intervenire; la legge a volte puÚ diventare un labirinto, un recinto che non consente di difendere chi ne ha bisogno. La settimana scorsa Ë venuta una ragazza, pi o meno della tua et‡. Líaccompagnava il fratello, maggiorenne. Mi hanno spiegato che si trattava di qualcosa di molto riservato, che i genitori se líavessero saputo sarebbero morti di dolore e che per questo non volevano sporgere denuncia. Líex fidanzato di lei continuava a mandare foto della loro intimit‡, minacciando di divulgarle se non fosse tornata con lui. Lei, tra le lacrime, mi ha detto che la sola idea la faceva stare male, ma che il pensiero di suo padre davanti a quelle foto la faceva stare anche peggio. Ho fatto qualcosa che non dobbiamo e non possiamo fare: sono andato io, in borghese, a parlare con questo ragazzo. Gli ho detto con chiarezza quello che sarebbe successo in caso di denuncia, e che la denuncia sarebbe scattata al primo invio di una qualsiasi delle foto a qualcuno che non fosse la ragazza. Spero abbia capito. Non posso fare di pi, purtroppo. Spero anche che tu non abbia mai di questi problemi, e anche che non abbia mai sentimenti di vendetta. La vendetta Ë qualcosa di vigliacco. E mio figlio non Ë un vigliacco, e non lo sar‡ mai. Spero. Ti voglio bene.

      Agosto
      DIPENDENTI DA NULLA Ogni volta che si parla di libert‡, si finisce con parlare di droga. Io, se devo dirti la verit‡, non sono mai riuscito a farmi uníidea. Immagino che, leggendo, sarai sorpreso. Starai spalancando gli occhi come hai sempre fatto, anche da piccolino, quando qualcosa ti meraviglia. Non te ne accorgi, ma lo fai ancora. Ma come, dirai: col mestiere che fai non hai uníopinione precisa e netta su questo argomento? Io nelle libert‡ ci credo, devi sapere. Anzi, interpreto il mio lavoro proprio come una difesa delle libert‡ di tutti, che vengono lese dallíesagerazione dellíesercizio delle autonomie personali. Per cui un fondamento di correttezza in chi dice che ognuno dovrebbe essere appunto libero di prendere quello che vuole, se non reca pericolo al prossimo, io lo vedo. Ma devo dire che nella mia vita professionale ho visto tanto, troppo altro. Ho visto famiglie rovinate per sempre, risparmi faticosamente accumulati dissolversi in pochi giorni. Ho visto ragazzi ammalarsi e perfino morire, lontano dalle madri e dai padri, che disperati li cercavano dovunque senza trovarli. Ho visto professionisti affermati e validi perdere ogni capacit‡, e persone alla guida di auto uccidere innocenti per la perdita del controllo. PerÚ non Ë questo che mi fa paura; non Ë questo che mi porta a dire che sÏ, cancellerei la droga dalla faccia della terra, che líeliminerei dalla vita sotterranea delle citt‡. Quello che mi fa paura Ë la perdita totale della volont‡. Líincapacit‡ di decidere, di autodeterminarsi. Si diventa vigliacchi, bugiardi, codardi, ingannevoli. Si va via, in un inferno profondo, e non si torna pi. Lího visto tante volte, sai. Lího visto tutte le volte. Questo mi d‡ i brividi. Per questo prego Dio che tu resti lontano da ogni dipendenza. O che almeno me ne parli, perchÈ un padre serve anche a questo. Ti voglio bene.

      Settembre
      LA CIVILTA' DEI PICCOLI GESTI Oggi pomeriggio ho fatto un giro; ho mangiato in fretta il panino, poi ho visto dalla finestra della caserma che cíera un bel sole e ho pensato di andare a prendere un poí díaria. Sono andato vicino al fiume, appena fuori citt‡. Ci andavo con tua madre, qualche volta, senza una ragione precisa se non il fatto che Ë proprio un bel posto, erba e ombra di alberi, cicale e qualche calabrone, il rumore dellíacqua. Mi sono messo seduto, coperto dalla siepe. A pensare, a ricordare, ad annusare le foglie, non lo so. Dopo un poí ho sentito che sono arrivati dei ragazzi, di l‡ dalla siepe; erano in quattro, cíerano due ragazze, con i motorini. Scherzavano, ridevano; a voce un poí alta, ma non mi disturbavano. Dovevo andare via presto per tornare al lavoro, díaltronde. Ho sentito che mangiavano e bevevano, le bottiglie, il rumore delle posate. Un picnic, come lo chiamavamo noi allíepoca. Mi sono accorto che sorridevo, perchÈ ricordavo la faccia di tua madre quando diceva che non voleva mangiare per non ingrassare, e poi io aprivo il cartoccio delle fritture e lei le divorava sentendosi in colpa. Me ne sono stato lÏ ad ascoltare. Poi hanno finito e sono andati via, ridendo. Mi aveva fatto piacere condividere un poí di quel sole e di aria buona con dei ragazzi. Poi perÚ, quando mi sono alzato e ho guardato di l‡ dalla siepe, ho visto uno sfacelo. Avevano lasciato tutto lÏ, cartacce, bottiglie vuote di vetro e plastica, contenitori di alluminio. Cíerano perfino gli avanzi di cibo, e gi‡ stavano arrivando le formiche. Naturalmente ho raccolto tutto, ma mi dispiaceva cosÏ tanto: come fosse stato il salotto di casa mia, sporcato senza alcuna cura da estranei. Ti prego, fai come se la citt‡ fosse casa tua. » un pensiero semplice, facile da fare: ma ti aiuta a vivere meglio, e a far vivere meglio gli altri. Ti voglio bene.

      Ottobre
      LA RAGIONE PARLA A VOCE BASSA Ho notato che ieri sera eri particolarmente interessato al telegiornale. Mi ha fatto molto piacere, stupidamente quelli della mia et‡ pensano che i ragazzi siano superficiali, che seguano solo le notizie che riguardano sport e spettacolo, cantanti e calciatori. Invece siete attenti anche alla politica, a quello che succede allíestero, allíeconomia. E alla cronaca. Ho riflettuto parecchio su questo. In effetti, Ë come se voi giovani ci guardiate, e che inevitabilmente ci giudichiate. Siete nel mondo, e il mondo Ë anche come lo abbiamo fatto noi, come lo abbiamo sbagliato, immaginandolo in un modo e realizzandolo in un altro. E mi sono preoccupato, sai perchÈ? Per il telegiornale. E per la montagna di commenti, di notizie e di approfondimenti che vi investono ogni giorno. Mi sono chiesto come faccia un ragazzo a decidere il vero e il falso, il giusto e il manipolato. Ti ho immaginato solo e perso in una giungla di schermate e di frasi brevi, urlate e con tanti punti esclamativi. Non so come aiutarti, su questo. Ma mi fido di una cosa, che so che hai e che devi sempre mantenere: la capacit‡ di pensare con la tua testa. Io cerco di fare cosÏ, scelgo qualcuno di autorevole, testate giornalistiche antiche e consolidate, e parto da lÏ. Mi faccio uníidea mia di quello che Ë accaduto, e allíinterno di questíidea provo a cercare i pezzi di verit‡ che sono sparsi dovunque. Pi di tutto, tengo presente la diffamazione. Chi insulta, chi giudica senza sapere, chi aggredisce lo allontano, lo cancello. PerchÈ se cíË una cosa che ho imparato Ë che non Ë mai vero che la ragione Ë di chi urla pi forte. Anzi, credo proprio che chi ha ragione non abbia mai bisogno di urlare. Non credi? Ti voglio bene.


      Novembre
      SICURI E QUINDI LIBERI Oggi sorridendo ascoltavo due colleghi giovani, di poco pi grandi di te, che si lamentavano di come la gente ci guarda. Loro fanno pattuglia, sai, controllo della circolazione stradale. Si mettono in certi punti dove cíË una piazzola e fermano le auto, controllano i documenti, rilevano infrazioni. Cose cosÏ. Dicevano che le persone hanno sostanzialmente disagio. Fastidio. Quelli in regola sentono di perdere tempo, un impedimento noioso. Quelli che hanno qualcosa che non va, patente scaduta, revisione dellíauto non fatta, addirittura sentono di subire uníingiustizia. Uno dei due ha detto allíaltro che aveva sentito una moglie dire al marito: ecco, se la prendono con la gente perbene, invece di cercare i delinquenti. Ecco, io ti voglio dire questo: non pensare mai che possa esistere libert‡ senza sicurezza. Non essere insofferente ai controlli, che sono fatti solo per fare in modo che gli altri, tutti gli altri, possano esercitare la libert‡ senza correre rischi. Anche semplicemente in un controllo ci puÚ essere la salvaguardia della tua, della nostra vita. Freni che non prendono bene, qualche diottria in meno, un messaggio da inviare urgentemente, una freccia che non lampeggia perchÈ la lampadina Ë bruciata sembrano sciocchezze, e invece possono essere la differenza tra la vita e la morte. Sapessi quante ne ho viste. Ho detto ai ragazzi di non preoccuparsi degli sguardi e delle parole di fastidio. PerchÈ loro, facendo semplicemente pattuglia allíangolo della provinciale, salvano la vita alla gente. Ho pensato di dirlo anche a te. Non dimenticare che per essere veramente libero, devi essere sicuro. Ti voglio bene.

      Dicembre
      LíANTIDOTO ALLA SOLITUDINE Avrai notato che queste mie strane lettere, questi messaggi che affido alla tua camera e che certamente leggi, anche se non ne parliamo, finiscono tutte con le stesse parole: ti voglio bene. Ovvio, penserai. Sono tuo padre, Ë naturale che ti voglia bene. E so che anche tu me ne vuoi, perchÈ tu e io siamo una famiglia e lo saremo sempre, nel ricordo dolcissimo di tua madre. Eppure se vedessi quello che quotidianamente vedo io, penseresti che cosÏ ovvio non Ë. E che quindi Ë meglio dirselo, a costo di diventare un poí stucchevoli. Il mondo, sai, Ë diventato un posto strano. Se mandi qualcuno a quel paese, meglio ancora se usi parole di rabbia o di violenza, sei uno forte e deciso, probabilmente sincero e quindi vieni apprezzato di pi. Se dici a qualcuno che gli vuoi bene, sei uno debole, fragile e magari ipocrita. Ragion per cui sono sempre meno le manifestazioni di affetto, e sempre pi quelle aggressive, che generano a lungo andare violenza fisica e odio. La colpa? Secondo me Ë della solitudine. Certo, non sono un sociologo o un filosofo; e tantomeno uno studioso di linguaggio e di comportamenti. Ma ho un osservatorio piuttosto privilegiato, che Ë il mio mestiere che mi porta a contatto con le peggiori manifestazioni anche allíinterno della famiglia, e ti garantisco che non cíË stata mai uníepoca storica in cui siamo stati tanto soli. Sembriamo connessi, perennemente in contatto: invece siamo chiusi in una solitudine terribile, pieni di angosce e di ansie, soprattutto di paure. » per questo che diventiamo reattivi, violenti e aggressivi. Se posso insegnarti qualcosa, figlio mio, ascolta quello che ti dice questo carabiniere che vede troppo mondo, ogni giorno: ricorda di dire sempre ìti voglio beneî. Meglio una volta in pi che una in meno. » la cosa pi bella del mondo, amare qualcuno. Non dimenticarlo. Ti voglio bene.

      PRESENTAZIONE Generale di Corpo d'Armata Teo Luzi Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri DIRETTORE RESPONSABILE Generale di Corpo d'Armata Mario Cinque Capo di Stato Maggiore del Comando Generale dell'Arma del Carabinier COORDINATORE Generale di Brigata Alberto Maestri Capo del V Reparto del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri

      REDAZIONE Colonnello Stefano Romano Tenente Colonnello Davide Crapa ART DIRECTOR Sergio Pappalettera TAVOLE Marco Lodola IMPAGINAZIONE Paolo Ravalli - Studioprodesign TESTI Maurizio de Giovanni

      EDITORE Ente Editoriale per l'Arma dei Carabinieri Piazza San Bernardo 109, 00187 Roma STAMPA Mediagraf SpA - Arti Grafiche La Moderna Sil CARTA "Lucerna" prodotta dalle Cartiere FAVINI in esclusiva per l'Arma dei Carabinieri

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