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      Blitz dei CC di Crotone alla cosca Arena, 17 arresti

       

       

      Blitz dei CC di Crotone alla cosca Arena, 17 arresti

      25 mar 25 I carabinieri del Ros, con l'ausilio di quelli del Comando provinciale di Crotone e dello Squadrone eliportato 'Cacciatori', hanno eseguito nelle aree di Crotone, Milano, Verona, Bolzano, Napoli, Perugia e Caltanissetta, un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro nei confronti di 17 persone. Gli indagati sono accusati di associazione di tipo 'ndranghetistico, e altri reati, tra i quali estorsione, usura e reati in materia di armi, tutti con l'aggravante mafiosa. La misura cautelare è stata emessa su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, a conclusione di una attività di coordinamento svolto tramite la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, con le Procure Distrettuali di Trento e di Venezia. Contestualmente agli arresti è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo d'urgenza emesso dalla Dda di Trento nei confronti di 9 soggetti e delle società a loro riconducibili, nel procedimento collegato con quello catanzarese. L'operazione è stata denominata Blizzard - Folgore.

      Colpita cosca Arena

      Un locale di 'ndrangheta "storico" quello che è stato colpito questa mattina dall'operazione denomina Blizzard-Folgore, "un locale - ha spiegato il procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio incontrando i giornalisti - sopravvissuto a due cruente guerre di 'ndrangheta, già perseguito quando ancora non esisteva il reato di associazione mafiosa. Dopo la faida dei primi anni 2000 è stata stipulata una tregua che ancora regge". Nell'ordinanza della gip Arianna Roccia viene specificato che il locale si identifica con la cosca Arena la quale rappresenta, oggi, il risultato di una coesione, sviluppatasi negli anni, tra esponenti delle famiglie Arena (rami cicala e chitarra), Pullano, Gentile, Lentini e Tipaldi, a loro volta federatesi, anche mediante matrimoni e comparaggi, con le famiglie isolitane Nicoscia, Capicchiano, Manfredi e Corda. L'inchiesta è stata condotta col supporto della Procura di Trento e ha dimostrato - ha detto il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Capomolla - "la capacità del locale di Isola Capo Rizzuto di infiltrare il tessuto economico di Isola e di altre regioni, Trentino, Veneto e Lombardia, in cui si erano insediati i referenti delle cosche crotonesi". Il procuratore di Trento, Sandro Raimondi, ha spiegato come "la 'ndrangheta ormai è un fenomeno nazionale, fa finanza e riesce e reimpiegare profitti". Il colonnello del Ros Massimiliano D'Angelantonio, ha riferito come, nel corso di una serie di conversazioni intercettate, gli indagati "fanno riferimento a rituali di affiliazione e a seguire le regole della 'ndrangheta unitaria". I carabinieri hanno anche trovato, interrato in un campo, insieme ad alcune armi antiche (compreso un fucile risalente alla Seconda Guerra mondiale) "un foglio manoscritto con una formula rituale riconducibile al 1976". Allo stesso tempo la consorteria era protagonista di "iniziative imprenditoriali con complessi meccanismi di frode". Le conversazioni intercettate fanno riferimento a "una struttura di 'ndrangheta in Lombardia denominata, appunto, 'Lombardia'". Il comandante provinciale dei carabinieri di Crotone Raffaele Giovinazzo, ha rimarcato l'importanza di perseguire "le linee di sviluppo economico della 'ndrangheta che si manifestano in regioni ricche in cui è facile confondersi con l'economia lecita". La provincia criminale di Crotone è "pienamente operativa e armata", ha detto Giovinazzo. Gli investigatori hanno rinvenuto "improvvisati poligoni di tiro a Isola, vicino al mare, per testare la mira degli affiliati con le pistole. Ma sono state rivenute anche armi da guerra". Il capo centro della Dia di Padova, Cosimo Mancini, ha spiegato come la consorteria usasse "società fittizie intestate a teste di legno che vantavano crediti fasulli nei confronti dell'Agenzia delle Entrate o dell'Inps, con grave danno per le casse dello Stato". In un caso una società "è stata ceduta senza passare dalle vie legali ma semplicemente vendendo per 30mila euro una chiavetta usb contenente i dati del prestanome e libri contabili del tutto artefatti".

      Proiezioni della cosca Arena al nord

      Il locale di 'ndrangheta di Isola Capo Rizzuto aveva rivolto le sue proiezioni economico-criminali nel Nord Italia con referenti in Lombardia, Veneto e Trentino. E' quanto emerge, secondo l'accusa, dall'operazione Blizzard - Folgore condotta dai carabinieri del Ros con il coordinamento della Dda di Catanzaro che stamani ha portato all'arresto di 17 persone. La consorteria, da quanto emerso era retta secondo le tradizionali regole di 'ndrangheta, con l'utilizzo di imprese legate al sodalizio quale strumento per favorire l'organizzazione e gli associati detenuti, il mantenimento dei contatti finalizzati alla trasmissione delle direttive operative da parte di uno degli esponenti di vertice mediante i colloqui carcerari e l'uso di strumenti di comunicazione introdotti all'interno della casa circondariale in cui era detenuto. L'indagine, diretta dalla Dda di Catanzaro si è sviluppata a seguito del coordinamento con la Dda di Trento, approfondendo gli elementi emersi nei confronti di un imprenditore originario di Isola Capo Rizzuto (Crotone) e del suo più stretto entourage relazionale, perché apparentemente al centro di un complesso e ramificato circuito riguardante illeciti fiscali, attraverso false fatturazioni per operazioni inesistenti. L'elaborazione dei diversi esiti investigativi acquisti anche dalle Dda di Trento e di Venezia, svolto con il coordinamento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, e le indagini dirette dalla Dda catanzarese hanno portato a ricostruire i legami associativo-mafiosi dell'imprenditore ipotizzando l'appartenenza al locale di 'ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. Dalle indagini sono emersi anche casi di estorsioni e usura, oltre alla disponibilità della cosca di armi da guerra e comuni, alcune sequestrate durante le indagini. Oltre agli arrestati, 13 persone sono indagate in stato di libertà.

      Inchiesta partita da Bolzano

      L'inchiesta contra la 'ndrangheta è partita dall'Alto Adige, dove era residente una famiglia di imprenditori calabresi che poi si è però spostata da Egna per tornare nella regione d'origine. Gli investigatori, si apprende, nell'ambito di accertamenti nella lotta contro la criminalità organizzata, avevano puntato il faro sull'imprenditore, che vantava commissioni di un certo rilievo anche con l'imprenditoria locale. E' così venuto alla luce un rilevante disvalore tra il patrimonio dichiarato e il tenore di vita. A questo punto è partita un'inchiesta approfondita con il Ros di Catanzaro, la Procura distrettuale di Trento, la Procura di Catanzaro sotto il coordinamento della Procura antimafia nazionale. Le indagini sono state estese anche all'estero. Si stanno infatti eseguendo in queste ore sequestri di patrimoni, conti correnti e macchine in Svizzera. Nel procedimento la Procura della Repubblica di Trento ha approfondito le attività del 44enne imprenditore originario di Isola Capo Rizzuto colpito dal provvedimento cautelare emesso dal Gip di Catanzaro che si era trasferitosi per un periodo nella provincia di Bolzano. L'uomo, si legge in una nota delle Procure di Catanzaro e Trento "ha fatto da collante per gli interessi della cosca di Isola Capo Rizzuto, avviando una serie di progetti imprenditoriali di natura criminale, basati prevalentemente sulla commissione di reati di natura economico/finanziaria". Le attività investigative, condotte dai militari del Ros in collaborazione con il Centro operativo della Dia di Padova, hanno consentito di "accertare come, mediante strumenti di schermatura societaria, siano state gestite occultamente, attraverso prestanomi societari e figure professionali a ciò deputate, diverse società che hanno permesso di drenare denaro dell'economia reale verso le casse dell'organizzazione criminale di stampo 'ndranghestistico". "Nello specifico - fanno sapere le due Direzioni distrettuali antimafia - gli indagati dotavano le loro società di crediti fiscali artatamente creati con lo scopo di trarne profitto dalla vendita diretta o dal loro utilizzo nel sistema delle compensazioni d'imposta. Le realtà economiche venivano concepite prevalentemente per essere assorbite in tutto o in parte da imprese con debiti erariali a cui si sottraevano mediante le indebite compensazioni dei crediti fittizi". Il sistema impiegato era quello di "fusione per incorporazione", ovvero per il tramite delle cosiddette "società serbatoio" che, puntualmente dotate di ingenti volumi di crediti d'imposta inesistenti, consentivano all'organizzazione di aggiudicarsi contratti di appalto a prezzi nettamente inferiori rispetto ai parametri di mercato. "Nel medesimo contesto, sono in corso attività per l'esecuzione di una misura precautelare emessa, nell'ambito di altro procedimento collegato, dalla Procura distrettuale di Venezia - conclude la nota - Il procedimento per le fattispecie di reato ipotizzate è attualmente nella fase delle indagini preliminari".

      Beni per un valore di circa 50 milioni sono stati sequestrati nell'ambito dell'operazione condotta dai carabinieri del Ros "Blizzard - Folgore" e coordinata dalla Dda di Catanzaro, che stamani ha portato all'arresto di 17 persone con l'accusa di associazione a delinquere di tipo 'ndranghetista. Il provvedimento di sequestro preventivo d'urgenza è stato emesso dalla Dda di Trento nei confronti di 9 soggetti, e delle società a loro riconducibili, ed è in corso di esecuzione nelle aree di Bolzano, Bologna, Crotone, Milano, Roma, Foggia, Salerno, L'Aquila ed in Svizzera. In tale procedimento la Procura di Trento - che ha operato in coordinamento con la Dda di Catanzaro - ha approfondito la figura dell'imprenditore 44enne originario di Isola Capo Rizzuto (Crotone) - arrestato su provvedimento del Gip di Catanzaro - trasferitosi per un periodo nella provincia di Bolzano, che, secondo l'accusa, avrebbe fatto da "collante" per gli interessi della cosca di Isola Capo Rizzuto, avviando una serie di progetti imprenditoriali di natura criminale, basati prevalentemente sulla commissione di reati di natura economico/finanziaria. Le indagini del Ros con il supporto - per gli accertamenti economico/finanziari - del Centro operativo della Dia di Padova, avrebbero permesso di accertare come, grazie a strumenti di schermatura societaria, siano state gestite occultamente, attraverso prestanomi societari e figure professionali a ciò deputate, diverse società che hanno permesso di drenare denaro dell'economia reale verso le casse della cosca. In particolare, gli indagati, per l'accusa, dotavano le loro società di crediti fiscali creati artatamente con lo scopo di trarne profitto dalla vendita diretta o dal loro utilizzo nel sistema delle compensazioni d'imposta. Le realtà economiche venivano concepite prevalentemente per essere assorbite in tutto o in parte da imprese con debiti erariali a cui si sottraevano mediante le indebite compensazioni dei crediti fittizi. Le operazioni utilizzate per ottenere questo risultato erano principalmente la fusione per incorporazione grazie alle cosiddette "società serbatoio" che, dotate di ingenti volumi di crediti d'imposta inesistenti, consentivano all'organizzazione di aggiudicarsi contratti di appalto a prezzi nettamente inferiori rispetto ai parametri di mercato. Nello stesso ambito è in corso l'esecuzione di una misura precautelare emessa, nell'ambito di un altro procedimento collegato, dalla Dda di Venezia.

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