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      Operazione dei CC contro cosca Labate, quattro arresti dei ROS

       

       

      Operazione dei CC contro cosca Labate, quattro arresti dei ROS

      13 mag 25 Quattro persone, accusate a vario titolo di associazione a delinquere di tipo mafioso, sono state arrestate dai carabinieri del Ros che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e dell'aggiunto Walter Ignazitto. L'inchiesta della Dda ha riguardato la cosca Labate, egemone nel territorio di Gebbione, nella periferia sud della città dello Stretto. Al blitz, scattato all'alba, hanno partecipato, nella fase esecutiva, anche i militari del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria e dello Squadrone eliportato Cacciatori "Calabria". Nei confronti di tre indagati, il Gip ha disposto la misura cautelare in carcere mentre il quarto è finito agli arresti domiciliari.

      L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, è scattata nei confronti dei 4 indagati ritenuti di far parte della cosca “Labate”, articolazione ‘ndranghetista egemone nella del quartiere Gebbione di Reggio Calabria, indagati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso. Si tratta di Michele Labate 69 anni (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere), Francesco Salvatore Labate 59 anni (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere), Paolo Labate 40 anni (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere) e Antonino Laganà 46 anni (destinatario della misura degli arresti domiciliari presso il proprio domicilio). I provvedimenti scaturiscono da un’articolata indagine del ROS, avviata nel 2019, che ha consentito di documentare:

      - gli assetti della cosca, riattualizzandoli, nel periodo successivo gli arresti eseguiti nella precedente indagine “HELIANTUS”, rispetto al quale il presente procedimento si è posto quale logica prosecuzione, mettendo in luce come il sodalizio abbia mantenuto inalterata la peculiare pervasività sul tessuto economico della zona di influenza, consentendo di individuarne - quanto meno in termini di gravità indiziaria e ferma la presunzione di innocenza valevole sino al passaggio in giudicato dell’eventuale sentenza di condanna - il vertice nei germani Michele e Francesco Salvatore Labate, in virtù dello stato di restrizione dei fratelli maggiorenti Antonino e Pietro, ritenuto da sempre capo carismatico del sodalizio;

      - il pervasivo controllo del territorio esercitato da LABATE Michele il quale, per ridurre i rischi di esposizione alle indagini delle forze di polizia, ha organizzato una ben congeniata rete di comunicazioni attraverso incontri riservati presso luoghi ritenuti sicuri, utilizzando fidati fiancheggiatori per “schermare” gli appuntamenti;

      - la pressione esercitata dagli indagati sugli operatori economici del territorio di riferimento che subivano sistematiche azioni vessatorie, volte all’imposizione di prodotti alimentari e al pagamento di proventi estorsivi. In tale quadro, LABATE Paolo cl.85 - anche per conto del padre Michele, durante il periodo di carcerazione - manteneva rapporti con gli imprenditori legati alla cosca da occulte sinergie, agevolando e coordinando l’infiltrazione in lucrosi settori di espansione economica tra cui quello della grande distribuzione alimentare;

      - la disponibilità da parte dei fratelli Michele Labate e Francesco Labate Salvatore di fidati collaboratori, tra cui è emerso Antonino Laganà, soggetto deputato a veicolare messaggi ed ambasciate, riscuotere proventi estorsivi, eseguire azioni ritorsive e mantenere rapporti con i rappresentanti della comunità Rom al fine di consentire alla cosca il controllo sulla microcriminalità operante sul territorio.

      Il procedimento penale si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari e, pertanto, tutti i soggetti coinvolti devono considerarsi presunti innocenti fino a sentenza definitiva.

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