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La siccità svuota gli invasi idrici del Sud, in un anno calati fino al 45%
La siccità svuota gli invasi idrici del Sud, in un anno calati fino al 45% 24 set 24 Nell' ultimo anno idrologico, cioè da maggio del 2023 a maggio del 2024, la capacità idrica degli invasi principali del distretto Appennino Meridionale ha subìto una contrazione compresa tra il 17% e il 45% a seconda delle zone. I dati vengono diffusi in occasione del Festival dell'Acqua di Utilitalia, incentrato sui temi del servizio idrico, che prende il via oggi a Firenze. In Sicilia, il volume di acqua è crollato del 40%. La siccità che nel 2022 aveva colpito il Nord Italia - con un calo del 24% delle precipitazioni, a livello nazionale, rispetto alla media 1991-2020 e una disponibilità idrica scesa del 50% rispetto alla media del lungo periodo 1951-2022 - negli ultimi mesi ha interessato in particolar modo il Sud, dove le infrastrutture sono più vulnerabili, la percentuale media di perdite di rete è più alta e la frammentazione gestionale più marcata. Dal 2012 al 2022, rileva Utilitalia, gli investimenti nel settore sono aumentati del 227%, a 4 miliardi annui e i 63 euro per abitante, dato che dovrebbe salire quest'anno fino a 70 euro contro però la media europea di 82 euro annui per abitante, che sale fino a 100 euro nei Paesi più virtuosi. In Italia dove non operano soggetti industriali nelle gestioni in economia, che interessano ancora 1.465 Comuni e 7,6 milioni di cittadini, di cui il 93% al Sud, si continuano a investire mediamente appena 11 euro l'anno. Secondo le stime di Utilitalia, di fronte alle nuove sfide poste dai cambiamenti climatici gli investimenti dovrebbero crescere ancora rispetto ai 4 miliardi annui attuali, per colmare il fabbisogno complessivo di settore stimato in circa 6 miliardi di euro l'anno. E oltre a quanto reso disponibile dal Pnrr, secondo Utilitalia, sarebbero necessari altri 900 milioni all'anno. "Una volta terminati i fondi del PNRR - spiega Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia - sarà necessario un ulteriore sforzo da parte del Governo attraverso uno stanziamento strutturale in manovra di almeno 1 miliardo di euro l'anno per i prossimi 10 anni, perché tutte le opere necessarie alla messa in sicurezza del sistema idrico nazionale non possono essere unicamente a carico delle tariffe. Secondo il presidente di Utilitalia, servono "investimenti incentrati su serbatoi, invasi, riutilizzo delle acque reflue, interconnessioni tra acquedotti e riduzione delle dispersioni. Sul fronte delle perdite di rete, sulle quali stiamo recuperando il lascito di tanti decenni di investimenti insufficienti, gli investimenti programmati si attestano al 27%, guidando le priorità nella pianificazione di settore rispetto a tutti gli altri indicatori monitorati da Arera. Ma ora, per uscire dalla logica emergenziale e rispondere alle sfide poste dal cambiamento climatico, serve un ulteriore cambio di passo". Utilitalia propone una riforma del comparto idrico in quattro punti che punta alla riduzione della frammentazione, all'introduzione di parametri di verifica gestionale, al consolidamento industriale del settore e ad un approccio integrato tra i diversi usi dell'acqua. "Attraverso queste misure - continua Brandolini - siamo convinti di poter raggiungere 'l'obiettivo 100', arrivando a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione rispetto ai circa 1.800 attuali e a un livello di investimenti di 100 euro l'anno per abitante, in linea con le migliori esperienze europee". In definitiva "bisogna realizzare un piano straordinario di interventi volti ad assicurare la tutela della risorsa e a garantire l'approvvigionamento anche in periodi di stress climatici sempre più frequenti".
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