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    Calabrese condannato a 30 anni per omicidio pensionato a Roma

     

     

    Calabrese condannato a 30 anni per omicidio pensionato a Roma

    20 apr 11 Il Gup di Roma ha condannato a 30 anni di reclusione con il rito abbreviato Vincenzo Sestito, ventinovenne di origine calabrese, per l'omicidio con un colpo di pistola alla nuca di Mario Benassi, il pensionato bolognese di 64 anni suo amico ucciso nella notte tra il 20 e il 21 novembre 2009 a Roma per strada, in largo Corrado Ricci, a pochi passi dal Colosseo. Un omicidio di cui è rimasto oscuro il movente e che provocò shock tra romani e turisti che nella notte si trovarono davanti a un assassinio a freddo, in una delle strade più trafficate del centro storico. Sestito, anche lui residente a Bologna, è stato condannato per omicidio premeditato e detenzione di arma da fuoco, reati da ergastolo. La sentenza ha previsto anche un risarcimento da stabilire in un separato giudizio civile per il figlio della vittima, assistito come parte civile dall'avv.Settimio Biondi, e una provvisionale di 100.000 euro. La difesa dell'omicida aveva sostenuto, anche sulla base di una consulenza difensiva, che fosse incapace di intendere e di volere al momento dell'assassinio. Ma l'esperto nominato dal giudice ha stabilito che le stranezze manifestate da Sestito erano frutto di simulazione. Secondo la difesa Sestito aveva patologie mentali e credeva che qualcuno lo volesse uccidere, un qualcuno che poi aveva individuato in Benassi. Sestito andò da Benassi, con cui aveva un rapporto di amicizia, e gli chiese se poteva accompagnarlo a Roma con la sua auto. Cosa che Benassi, seppure malvolentieri, fece. Una volta nella capitale fece fermare Benassi nella zona del Colosseo. Poi scese dall'auto prendendo un borsone nel portabagagli e fermò un taxi: poi si diresse verso il posto di guida e freddò il conducente. A quel punto salì sul taxi e chiese al conducente di accompagnarlo alla caserma dei carabinieri più vicina L'amicizia tra vittima e assassino era nata quando Benassi gestiva un bar in via Bellaria, alla periferia del capoluogo emiliano, ceduto poi qualche anno fa, e di cui il calabrese era stato un cliente.

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