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      Salvini in Calabria: la ndrangheta è un cancro

       

       

      Salvini in Calabria: la ndrangheta è un cancro

      10 lug 18 "La 'ndrangheta è una merda, un cancro. E' cominciata una guerra senza quartiere contro la criminalità organizzata non solo in Calabria ma in tutta Italia. Io però sono testone e continuerò a combatterla fino a che non avremo portato via anche le mutande a questa gente". Non ha dubbi il ministro dell'Interno Matteo Salvini, giunto a Palmi per ricevere le chiavi di uno stabile confiscato alla cosca Gallico e che a breve ospiterà il Commissariato di Ps. Acclamato dalla folla che lo attende dietro le transenne e da applausi e cori d'incitazione, il leader della Lega - eletto proprio in Calabria e che proprio a Rosarno ha ottenuto un 13% di consensi alle ultime elezioni - mette subito i puntini sulle "i". Nell'edificio che reca i sigilli dell'agenzia dei beni confiscati, infatti, vive Lucia Morgante, di 92 anni, condannata all'ergastolo per omicidio e la cui pena è stata differita per motivi di salute. La donna è madre del boss Domenico Gallico, anche lui condannato all'ergastolo e detenuto in Sardegna, al quale è stato concesso un permesso per visitare la donna nonostante il parere contrario della Dda reggina. "Questa di Palmi - attacca il ministro - è una delle tante situazioni paradossali che intendiamo scardinare. Il posto giusto per gli ergastolani è la galera. E' incredibile che lo Stato spenda migliaia di euro per permettere a delinquenti ergastolani di venire a incontrare la loro madre altrettanto delinquente ed ergastolana". Incalzato dai cronisti sulle inchieste dell'Espresso che ipotizzano legami tra esponenti calabresi della Lega e la 'ndrangheta, Salvini prima risponde con una battuta: "le inchieste dell'Espresso hanno l'attendibilità di Topolino ed io leggo con più passione Topolino"; poi si fa serio: "dove c'è puzza di mafia noi non ci siamo". Toni e concetti che il ministro dell'Interno utilizza anche a San Ferdinando dopo la visita alle tendopoli dove vivono centinaia di migranti africani impiegati per i lavori nei campi. Fa un giro con alcuni di loro tra le baracche del vecchio sito e le tende del nuovo, concedendosi anche a dei selfie. "Qui non si può vivere" dice chiaramente. "Nel mio Paese, nel 2018 - sottolinea - non si sta nelle baracche. Chi ha diritto a rimanere in Italia ci deve stare con tutti i diritti e i doveri degli altri cittadini. Siccome, però, ci sono cinque milioni di italiani in povertà vengono prima loro per casa e lavoro. E non ci sono vie privilegiate se stai in una baraccopoli di San Ferdinando".

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