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    La Consulta approva taglio tribunali ma boccia quello delle Province

     

     

    La Consulta approva taglio tribunali ma boccia quello delle Province

    03 lug 13 La riforma della "geografia giudiziaria" che prevede il taglio di 31 tribunali e 220 sedi distaccate passa al vaglio della Corte Costituzionale. La Consulta, infatti, con una decisione adottata a tempo di record ha bocciato le questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcuni uffici giudiziari contro la loro soppressione, salvando solo il tribunale di Urbino. Niente da fare, invece, per quelli di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona. La Corte ha infatti dichiarato "non fondate" le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 14 settembre 2011 (l'ultima manovra del governo Berlusconi), che contiene la "Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari", così come le questioni di incostituzionalità dei decreti legislativi 155 e 156 del 7 settembre 2012, i due provvedimenti del governo Monti che dispongono i tagli, prevedendo una "nuova organizzazione" dei tribunali, delgi ufficici dei pm e dei giudici di pace. "Inammissibile", invece, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, che tra l'altro contestava la soppressione degli uffici giudiziari di San Vito al Tagliamento, Tolmezzo, Cividale del Friuli e Palmanova. La Consulta ha dunque di fatto 'promosso' la riforma voluta dall'ex Guardasigilli Paola Severino e portata avanti dall'attuale Governo, con il ministro Annamaria Cancellieri intenzionata ad attuarla entro settembre. Un via libera significativo e non affatto scontato, considerata l'opposizione di numerose comunità e di diverse parti politiche. Ieri, nel corso della discussione pubblica, erano state illustrate le varie questioni, "a cominciare - ha spiegato il relatore, il giudice costituzionale Giancarlo Coraggio - dalla dichiarazione di incostituzionalità dalla legge delega, inserita nell'iter di conversione di un decreto legge. E questo contrasterebbe, a detta dei rimettenti, con due principi affermati dalla Corte: sarebbe 'intrusa' e si tratterebbe di una riforma approvata a dispetto del procedimento ordinario", perché priva dei requisiti di necessità e urgenza. Inoltre "il legislatore delegato non avrebbe rispettato puntualmente i criteri di delega fissati". Vengono contestate poi una serie di violazioni di "parametri costituzionali", dall'aver dato "prevalenza al risparmio e all'efficienza a dispetto del principio di solidarietà", i tagli "inciderebbero sui diritti dei lavoratori", e viene tra l'altro contestato il "diverso trattamento riservato ai dipendenti dei tribunali soppressi". Tutte questioni che la Corte costituzionale ha però ritenuto "non fondate" o "inammissibili", con la sola eccezione del decreto n. 155 nella parte che prevede la soppressione del tribunale di Urbino. In particolare, si legge in una nota della Consulta, "la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, e del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, come sollevate dai Tribunali di Pinerolo, di Alba, di Sala Consilina, di Montepulciano e di Sulmona con le ordinanze di rimessione esaminate all'udienza pubblica del 2 luglio 2013 ed alla camera di consiglio del 3 luglio 2013". La Corte ha poi "dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Friuli Venezia-Giulia con il ricorso n. 179 del 2012". Infine, ha "dichiarato l'illegittimità costituzionale del decreto legislativo n. 155 del 2012, limitatamente alla disposta soppressione del Tribunale di Urbino (reg. ord. n. 66 del 2013)".

    Bocciato il taglio delle Province. La riforma delle Province contenuta nel decreto Salva Italia e il loro riordino, che ne prevede la riduzione in base ai criteri di estensione e popolazione, non sono materie da disciplinare con decreto legge: lo ha deciso la Consulta, accogliendo le questioni di legittimità costituzionale sollevate da diverse regioni. Esulta l'Unione delle Province italiane: la sentenza della Consulta, dice il presidente dell'Upi Antonio Saitta, "ristabilisce il valore della Costituzione: non si fanno le riforme istituzionali per decreto". E secondo il ministro Gaetano Quagliariello "l'odierna sentenza rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull'intero Titolo V, in particolare per semplificare e razionalizzare l'assetto degli enti territoriali. E' il tempo di rendersi conto che mancate riforme e scorciatoie hanno un costo anche economico che in un momento di così grave crisi il Paese non può più sopportare". A poche ore dall'udienza pubblica di ieri, la Consulta ha dunque dichiarato l'illegittimità costituzionale di una serie di commi dell'art. 23 del cosiddetto decreto Salva Italia (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201), che secondo i ricorrenti avrebbe di fatto 'svuotato' le competenze delle Province, e gli articoli 17 e 18 del decreto legge n. 95 del 2012, sul riordino delle Province in base ai due criteri dei 350 mila abitanti e dei 2.500 chilometri di estensione. Secondo i giudici costituzionali, "il decreto legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio". Nei loro ricorsi contro il Salva-Italia molte Regioni hanno evidenziato come la normativa violerebbe vari articoli della Costituzione, attuando una riforma complessiva attraverso un dl il cui obiettivo è salvaguardare le finanze pubbliche (senza peraltro produrre, affermano, risparmi di spesa). La Provincia disegnata dal decreto, aggiungono i ricorrenti, non esercita più l'attività di gestione amministrativa, né le funzioni amministrative previste dall'articolo 118 della Costituzione. Inoltre, non è più un ente "esponenziale della popolazione provinciale", visto che sia il Consiglio sia il Presidente sono emanazione degli organi elettivi dei Comuni. Il decreto 95 del 2012 è nuovamente intervenuto sulle funzioni, restituendo quelle di coordinamento e pianificazione territoriale, sul traffico e le scuole, ma rimangono dei punti critici come l'elezione degli organi elettivi, che secondo le Regioni "inciderebbero sulla rappresentanza democratica". "La sentenza della Consulta - dice il presidente dell'Upi Saitta - conferma che le riforme delle istituzioni costitutive della Repubblica non possono essere fatte per decreto legge. Nessuna motivazione economica era giustificata e quindi la decretazione d'urgenza non poteva essere la strada legittima". Dunque, prosegue il presidente dell'Unione delle province, "per riformare il Paese si deve agire con il pieno concerto di tutte le istituzioni, rispettando il dettato costituzionale. Non si può pensare di utilizzare motivazioni economiche, del tutto inconsistenti, per mettere mani su pezzi del sistema istituzionale del Paese".

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