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    Pugliano(GD) : “Zona libero scambio del Mediterraneo, quale futuro a Gioa Tauro?”

     

     

    Pugliano(GD) : “Zona libero scambio del Mediterraneo, quale futuro a Gioa Tauro?”

    15 gen 11 “Gioia Tauro è l’unico porto italiano capace di accogliere le cosiddette supernavi ed è purtroppo, l’unico porto dalle capacità immense che è rimasto senza una nave e senza container per ben 30 ore con 1200 addetti alle attività portuali costretti a fermarsi. L’unica grande compagnia rimasta è la MSC, che sta cercando d’instaurare un monopolio imponendo le proprie richieste e minacciando di fatto l’abbandono. La possibile perdita dell’MSC mette a rischio la vita di un possibile gigante degli scambi commerciali come Gioia Tauro, visto che le altre compagnie hanno già dirottato i lori interessi sui porti di Tangeri e Port Said. Tutto questo sembra accadere senza la dovuta attenzione della politica e delle autorità istituzionali”. Così Vincenzo Pugliano Responsabile Mezzogiorno GD Calabria in una dichiarazione. “Da questo episodio –spiega Pugliano- si può ben intendere quali sono le strategie politiche del governo nazionale per la Calabria e per il Sud, e si può comprendere l’inadeguatezza dei governi regionali, che si sono susseguiti dal 1995 che non hanno saputo né programmare interventi celeri ed adeguati per la zona portuale, né hanno saputo imporre un impegno deciso da parte del governo su un porto che potrebbe rappresentare il principale canale di scambi commerciali per il mercato Europeo. Un Governo che ha già dato segnali sconcertanti nei confronti del sud, in occasione dell’utilizzo scorretto dei fondi Fas, dell’ultima relazione programmatica del CIPE, e di quel federalismo che mette in ginocchio le autonomie locali. Tuttavia non si può assolutamente nascondere l’incapacità di questo governo regionale che se pur amico del Governo Berlusconi, non riesce ad ottenere l’attenzione necessaria ed urgente che richiede la gravità della situazione. Eppure il Presidente Scopelliti è stato molto attento durante l’approvazione del bilancio regionale, che prevede il sostanziale aumento dei tributi, ad inserire norme con profilo anticostituzionale volte ad eliminare le incompatibilità tra le cariche istituzionali, ma non ha la stessa attenzione verso un infrastruttura in stallo che mette a rischio migliaia di posti di lavoro, che produce il 50% del PIL privato calabrese e che rappresenta una delle poche strutture regionali che può essere volano di sviluppo e di crescita. Un’infrastruttura che paga l’estrema differenza fra l’alta tecnologia e l’organizzazione del porto, e un’inadeguatezza del territorio circostante che vede un’insufficiente rete ferroviaria ed autostradale che crea non poche difficoltà alle attività del porto e al trasporto delle merci. Ma il porto paga anche una gestione poco eccellente da parte dell’autorità portuale e la presenza della criminalità organizzata che orbita intorno alle attività del porto. Problemi che incidono notevolmente sull’offerta e la sicurezza del bacino portuale. Il porto che è stato definito il primo terminal per il transhipment del Mediterraneo oggi vive questa drammatica situazione. Ed è assurdo il mancato intervento repentino da parte del governo regionale e nazionale in prossimità dell’entrata in vigore dell’accordo di Barcellona che prevede l’area di libero scambio nel Mediterraneo. Un’opportunità unica per Gioa Tauro e per l’Italia dalla quale verrà esclusa con questo atteggiamento indifferente. Ed è assurdo visto le potenzialità di Gioa Tauro, con la sua posizione strategica nel Mediterraneo per la cooperazione economica con i paesi del Nord-Africa e il Medio-Oriente, e per competere sulle grandi rotte marittime intercontinentali verso il Nord America ed Asia. Se l’Italia vuole strappare quote all’enorme traffico marittimo futuro e alle connesse attività di servizio ai porti Africani e a quelli di Rotterdam ed Anversa, la risposta si chiama Gioia Tauro. Ma bisogna cambiare rotta in Calabria e al Sud. Si deve investire le risorse in pochi ma grandi progetti di infrastrutturazione, qualificare la rete dei servizi ed investire in una nuova classe dirigente, manageriale e politica visto che quest’ultima in oltre un decennio non ha prodotto risultati di sviluppo. I dati parlano chiaro, i fondi comunitari che sono stati destinati al Sud per il 2007/2013, ben 90 miliardi di euro, sono le analoghe risorse di quanto negli ultimi dieci anni si è speso senza che il loro impiego abbia prodotto effetti soddisfacenti in termini di riduzione del divario rispetto al resto del Paese. Anzi il Sud ha smesso di crescere e ha aumentato il proprio gap rispetto al Centro-Nord. Il Sud d’Italia cresce meno, proporzionalmente alla risorse impiegate delle altre regioni ad obiettivo Convergenza dell’Unione. In Calabria c’è una inquietante asimmetria tra i costi medi dei servizi pubblici e la loro qualità, tra i costi degli apparati amministrativi e la loro efficienza, tra l’impiego di risorse pubbliche e l’avanzamento nel processo di modernizzazione. La pratica della distribuzione a pioggia di enormi risorse dei fondi strutturali ha dato pessima prova di sé. Intorno all’intervento pubblico sono cresciuti e si sono consolidati potentati locali, corruzione e la peggiore burocrazia. Oggi le Istituzioni nazionali, leghistizzate, evidenziano non solo una clamorosa caduta di interesse nell’affrontare il problema del Mezzogiorno, ma anche nell’investire sul ruolo di un porto che rappresenta una delle più grandi riserve di sviluppo dell’economia italiana.

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