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    Pignataro “A Mirafiori in gioco la dignita’ dei lavoratori”

     

     

    Pignataro (Sel) “A Mirafiori in gioco la dignita’ dei lavoratori”

    13 gen 11 “Le lacrime dei lavoratori della Fiat Mirafiori, comparse su molti quotidiani, sono il segno più evidente della drammaticità della situazione che sono costretti a vivere, delle contraddizioni che ha fatto scoppiare una politica che vuole cancellare la dignità del lavoro, la vuole annullare dentro un ricatto assurdo che impone la scelta tra lavoro e diritti”. Lo afferma in una dichiarazione l’on. Fernando Pignataro di Sinistra Ecologia Libertà della Calabria “Da stasera e per due giorni – aggiunge Pignataro- si terrà un referendum, non già per garantire ai lavoratori di partecipare alle scelte dell’azienda (come è riconosciuto dalla Costituzione italiana), ma per assentire alle scelte unilaterali imposte dalla direzione aziendale con una violenza inusitata e con il ricatto dell’approvazione quale condizione per la permanenza nel nostro Paese. Siamo giunti all’apice di un attacco ai diritti che punta alla distruzione di un secolo di conquiste del movimento operaio e la risposta finora è stata debole, comunque non adeguata alla portata dell’attacco stesso. Eppure credo sia chiaro a tutti che la posta in gioco non riguardi solo quegli oltre 5000 lavoratori, quell’azienda e la città di Torino. Ma disegna un futuro di precarizzazione selvaggia, di individualizzazione dei rapporti di lavoro, di smantellamento della legislazione e delle tutele individuali e collettive dei lavoratori, di crescente difficoltà (previste nel collegato sul lavoro approvato dalle Camere nell’ottobre scorso)per le lavoratrici e i lavoratori a ricorrere alla giustizia ordinaria per avere una garanzia dei propri diritti. L’intervento del Presidente del Consiglio di ieri dimostra, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che il disegno è univoco, di una destra politica ed economica che sotto il segno della “modernità” vuole far passare un imbarbarimento dei rapporti sociali, la trasformazione del sindacato da contrattuale a mero erogatore di servizi e che compartecipa alla gestione degli ammortizzatori sociali attraverso gli Enti bilaterali, il passaggio da un sistema universalistico (forse una delle più grandi conquiste a favore dei lavoratori e dei cittadini) al ritorno a quello mutualistico, favorendo così il privato anche nella gestione del welfare. Ho sentito in questi giorni obiezioni, anche a “sinistra”, sulla estraneità del Mezzogiorno alle vicende della Fiat, alla lontananza di terre senza lavoro, deindustrializzate o nelle quali è fallito il processo di industrializzazione, che vivono anzi, con la crisi, processi di depauperamento degli apparati produttivi. E’ una storia vecchia. Discorsi del genere li ho sentiti fare anche in passato, quando anche da “sinistra” si sono alzate voci entusiastiche sulla “Marcia dei quarantamila”. A nessuno sfugge, oggi, quando quella sconfitta abbia pesato sulla tenuta della centralità del lavoro, sulla difesa delle conquiste, sul peso del movimento operaio sulle scelte sociali ed economiche del nostro Paese. Quella vicenda ha cambiato la direzione di marcia e se nessuno ha osato, fino all’avvento del berlusconismo, attaccare frontalmente i diritti indisponibili dei lavoratori, lo Statuto e il Contratto nazionale, il sistema delle relazioni industriali, la libertà di esercitare il conflitto sociale in una democrazia matura, il dibattito consentiva disponibilità, si sono aperti squarci, si sono create le condizioni per dare alibi ad una destra interventista in materia di rapporti di lavoro e libertà sindacali. Ora, contestualmente, sono messi in discussione sia il contratto nazionale che la legislazione del lavoro. E questo mix è destinato a peggiorare le condizioni di vita e di lavoro in tutto il Paese. Anche nel Mezzogiorno dove una cornice di regole condivise nel contratto nazionale (pur se non applicate nella loro interezza o, derogate con accordi taciti o palesi) e la possibilità di “farsi giustizia” della negazione dei diritti e del non rispetto delle regole salariali e normative con il ricorso ai giudici del lavoro, hanno fatto sicuramente avanzare la “classe operaia e bracciantile” e imposto regole nei luoghi più restii alla democrazia nei luoghi di lavoro. Se vi sembra poco. Per rilanciare la centralità del lavoro, riportare ad interesse politico i diritti dei lavoratori, per una modernità che coniughi fortemente il lavoro ai diritti universali, per l’uguaglianza e la libertà, è necessaria non una risposta tecnica o politichese, ma una reazione adeguata, intanto di tutta la sinistra. Per questo è importante partecipare allo Sciopero generale indetto dalla Fiom per il 28 Gennaio, per questo l’appuntamento successivo non può che essere lo Sciopero generale di tutte le categorie che dovrà proclamare la Cgil. Questa partecipazione è condizione imprescindibile per rinsaldare il rapporto tra la sinistra italiana e il suo referente sociale più importante, il suo insediamento naturale e costitutivo: le lavoratrici e i lavoratori, quelli di oggi e quelli di domani.

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