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      Il sindaco Occhiuto replica al Fatto Quotidiano sul centro storico di Cosenza

       

       

      Il sindaco Occhiuto replica al Fatto Quotidiano sul centro storico di Cosenza

      06 lug 21 Il Sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ha replicato a Tomaso Montanari e al suo intervento su “Il Fatto Quotidiano” a proposito del centro storico della città dei Bruzi. “Dopo decenni di abbandono totale del centro storico di Cosenza, provocato da politiche urbanistiche opinabili che hanno determinato un vero e proprio esodo verso la città nuova e i suoi nuovi insediamenti abitativi e che hanno di conseguenza favorito lo spopolamento e il degrado della parte antica della città, l'Amministrazione comunale da me guidata -afferma il primo cittadino nella sua replica- ha avviato un processo di inversione di rotta, mettendo in atto “politiche attive” di segno contrario, con investimenti che si sono tradotti in significative operazioni di messa in sicurezza e di recupero. Attingendo a tutte le risorse disponibili, statali ed europee, si è proceduto alla messa in sicurezza e al restauro di tutti gli immobili di proprietà comunale, persino dei ponti storici. Cosa mai avvenuta in passato. A Cosenza è stato restaurato il Castello Normanno-Svevo, il Complesso monumentale di San Domenico, il Complesso monumentale di S. Agostino, molti edifici di proprietà comunale, e sono stati riqualificati gli spazi pubblici e i fiumi con tecniche di ingegneria naturalistica, così come si è riqualificato il parco fluviale sul Crati con la realizzazione dei BoCS art, nostro fiore all'occhiello e per il quale Cosenza ha ricevuto il premio SMAU come città innovativa nella produzione culturale. Sui temi che afferiscono alla tutela dei centri storici e alle azioni da porre in essere per il loro recupero, sollevati oggi dall'intervento di Tomaso Montanari su “Il Fatto Quotidiano”, esistono da sempre diverse linee di opinione: alcune più oltranziste, che teorizzano la conservazione di tutto ad ogni costo o la demolizione totale, e altre che accedono alla teoria della conservazione includendo la possibilità di demolizioni allo scopo di preservare i complessi architettonici, culturali e paesaggistici che costituiscono un insieme, un unicum. Anche il centro storico di Cosenza rappresenta un unicum dal punto di vista paesaggistico e del patrimonio culturale, ma per recuperarlo non è sufficiente la “tutela passiva”, ma è necessario mantenere e riportare la vita, perché altrimenti, tra non molto, non ci sarà bisogno né di tutela attiva né di quella passiva. Le demolizioni hanno sempre fatto parte del processo di costruzione della città, a condizione che ovviamente non ne compromettano l’identità e la storia e con esse la cultura. Ci vuole capacità di discernimento mettendo da parte atteggiamenti orientati all'immobilismo e alla intoccabilità, immaginando un processo di recupero che possa contemplare anche le demolizioni di quegli edifici, costruiti con materiali poveri e di risulta, ridotti a ruderi privi di pregio artistico e a rischio crollo e che, insistendo sulle vie di fuga, le ostruiscono, rappresentando un serio pericolo per l'incolumità dei cittadini. Io sono per una via di mezzo, che al solito è quella più sensata, quella che in questi casi lega l'identità alla cultura e alla storia, con l’obiettivo di riportare la vita (e la sicurezza) nella città antica, ricorrendo, ove necessario, a demolizioni senza disdegnare neanche interventi di qualità, attraverso opere di architettura contemporanea, quando si hanno le idee chiare e si adottano le cautele e le attenzioni del caso. Le demolizioni, dunque, devono essere funzionali al recupero e alla sicurezza dei luoghi. E' questa un'esigenza primaria che le rende a volte necessarie, quando è in gioco la sicurezza degli abitanti, purché realizzate con criterio e tese a riportare la vita in quel contesto. Io sto dalla parte di chi si schiera per il recupero del centro storico nel suo complesso, convinto che siano necessarie forme di tutela capaci di incidere sul tessuto connettivo, anche a costo di dar corso a demolizioni puntuali per mettere in sicurezza i luoghi e prevedere le vie di fuga. Se il centro storico deve recuperare vivibilità e, come naturale conseguenza, nuovo interesse nei proprietari per i loro edifici, bisogna uscire dall'ottica del borgo “imbalsamato” (che non avrebbe neanche futuro, in un territorio ad elevata sismicità) e porsi in continuità con la sua vera storia, che è una storia dinamica, evolutiva, al passo con le esigenze della comunità che deve viverci. E la prima esigenza è la sicurezza. Il centro storico di Cosenza è decaduto soprattutto per le scelte legate all'urbanistica, molte delle quali sbagliate e che sono state mosse unicamente da una logica di speculazione e di espansione della città verso altre direttrici. Tutto questo ha determinato uno scarso interesse dei proprietari degli edifici privati al recupero degli immobili. Noi in questi anni abbiamo messo in atto una strategia finalizzata a far sì che i proprietari potessero investire sugli immobili di loro proprietà prevedendo pure, attraverso ordinanze sindacali di messa in sicurezza, di espropriare gli edifici privati degradati e a rischio crollo. Con il Cis (il contratto istituzionale di sviluppo) poi avremmo potuto rendere nuovamente appetibile la residenza nel Centro storico e facilitare l’apporto di nuove funzioni, sperimentando modelli innovativi abitativi e sociali a favore di un mix integrato di destinatari (studenti, giovani coppie, turisti), ma ciò non è avvenuto per l’ostruzionismo dei soliti noti. Il CIS, invece, così come adesso strutturato, non porterà nessun vantaggio per la sicurezza del centro storico poiché interverrà sui soliti edifici pubblici già oggetto di intervento nel passato. Sempre le stesse opere finanziate da decenni e decenni e che non sono state mai completate, o per l'inerzia degli altri Enti o perché i cantieri, una volta avviati, si bloccavano strada facendo. Sapendo che i fondi pubblici non potevano essere spesi su immobili di proprietà privata, si era anche aggirato l’ostacolo, prevedendo, attraverso la nostra proposta originaria del CIS, le risorse per recuperare gli edifici privati degradati che sarebbero stati prima espropriati (a costi contenuti, in forza del mancato adempimento da parte dei proprietari alle ordinanze sindacali di messa in sicurezza). Certamente il processo di recupero che abbiamo messo in campo in questi ultimi dieci anni è lungo, né poteva essere immediato. Come ci sono voluti anni ed anni di “politiche attive” nel senso dell’abbandono e del degrado, in virtù delle quali il centro storico è venuto svuotandosi, così non è possibile immaginare che si ripopoli e vi torni la vita, se non attraverso un iter che non è né breve, né immediato e che necessita di “politiche urbanistiche attive” (in controtendenza a quelle operate nel passato) cui noi abbiamo dato impulso sin dall'atto del nostro insediamento alla guida della città. Noi abbiamo fatto, con riferimento agli edifici pubblici, tutto quanto era nelle nostre possibilità; crollano gli edifici privati sui quali non è possibile intervenire con risorse pubbliche. In definitiva, noi pensiamo alle demolizioni solo nei casi in cui è necessario, tant'è che questa opportunità viene anche indicata nelle recenti norme dei decreti semplificazione dove prevale l'orientamento secondo il quale vengono favoriti i processi di rigenerazione urbana (che prevedono anche la demolizione e ricostruzione), quei processi che da noi sono stati portati avanti con decisione già da prima. Basti pensare alla rigenerazione urbana del quartiere Gergeri dove è stato realizzato il Ponte di Calatrava che nell'articolo de “Il Fatto Quotidiano” viene definito “imbarazzante”, probabilmente senza avere competenze specifiche per valutare un'opera di architettura contemporanea e ignorandone completamente la funzione sociale che ha contribuito a far uscire dalla marginalizzazione quello stesso quartiere dove un tempo esisteva una baraccopoli. Su questa stessa area è sorto il Planetario, un'altra importante opera di architettura contemporanea, tra quelle più avanzate in Italia e nel mondo. Ma anche in questo caso le opinioni possono essere divergenti, come avviene nel caso di chi si ostina a definire “orrenda” una piazza che prima era un ricettacolo di lamiere (di automobili) e che ora è stata restituita ai cittadini e ai pedoni, riportando la vita nel centro urbano contemporaneo come elemento più importante della città. D’altra parte, sempre è avvenuto che l’architettura contemporanea sia stata criticata e osteggiata. E' accaduto, ad esempio, per la Piramide del Louvre a Parigi e per il Beaubourg di Renzo Piano. Eppure, le realizzazioni della nostra Amministrazione comunale hanno consentito a Cosenza, negli ultimi dieci anni, di risalire la china in tutte le graduatorie nazionali, dal rapporto sull'ecosistema urbano di Legambiente, fino al rapporto sulle città intermedie presentato nel 2020 al Presidente della Repubblica Mattarella, e secondo il quale la città è cresciuta per numero di imprese facendo registrare un aumento dell'8,3% contro una media dello 0,2 % a livello nazionale. Per tacere del più recente premio “Urbes Award” assegnato alla città di Cosenza, per la realizzazione del Parco del Benessere, dalla autorevole rivista URBES, testata specialistica che si occupa di urbanizzazione, benessere e salute nelle città. Ai tanti interventi realizzati abbiamo fatto seguire, inoltre, un'attenta politica di marketing territoriale che, anche grazie alla valorizzazione della storia di Alarico, ha suscitato l'interesse della stampa nazionale e di quella internazionale, dal Times al Telegraph, alla Tv americana “Travel Channel” che ha dedicato all'argomento e alla città di Cosenza un eccezionale reportage. Disponevamo di un importante strumento di valorizzazione a costo zero e lo abbiamo utilizzato. Le storie non si nascondono, si raccontano. E la storia che parla di un tesoro è una storia che può creare i presupposti per rendere più attrattiva la città. Tanti e autorevoli studiosi, dalla direttrice del museo archeologico di Roma Marina Mattei a -molto prima di lei- Edoardo Galli, l'archeologo più importante del '900, hanno parlato della storia e del tesoro di Alarico, non solo affermando che si tratta di una storia con un suo fondamento, ma che potrebbe essere una grande opportunità per attrarre turisti e visitatori a Cosenza da ogni dove".

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