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      Amadou e l’evasione come novello Papillon

       

       

      Amadou e l’evasione come novello Papillon

      20 mag 19 Probabilmente la fuga l’ha studiata nei minimi particolari il novello Papillon cosentino. Il ventenne malese Amadou Coulibally, rinchiuso nel carcere di Cosenza da dieci giorni, è fuggito con un’azione degna di una trama da film. L’ora d’aria nel cortile, il momento di relax, il balzo felino sul tetto decrepito del deposito attrezzi e poi il balzo verso il muro di cinta dove uno dei finestroni era rotto. L’avrà visto e avrà studiato il suo piano di fuga come nei migliori romanzi. Il tutto davanti agli increduli spettatori dei condomini che affacciano sul cortile del carcere. Quella maglia gialla, poi, un vero faro, quasi un segno di riconoscimento, che balza agli occhi grazie anche alla sua pelle scura. Non ha avuto fortuna Amadou fuori dalle mura del carcere. Condannato per tentato omicidio, un ferimento avvenuto durante una rissa nel Centro d’Accoglienze nel salernitano, ospite in una terra non sua, in cerca di un futuro migliore, fuori dalla miseria di quella terra che vede nell’Italia un paradiso da conquistare. La pensava così anche Soumaila Sacko, il suo compaesano, sindacalista, ucciso a San Calogero nel 2018 dove difendeva i suoi compagni di avventura in una terra amara che fa dello sfruttamento dei più deboli una improbabile ricchezza. La raccolta delle arance gestita da un sistema, da sempre, sotto la lente di ingrandimento delle forze dell’ordine. Ma Amadou non voleva passare la sua esistenza in mezzo alle mura di un carcere. Così la fuga, durata appena 10 ore, in una città sconosciuta. Braccato e catturato con una spettacolarità incredibile. E lui con il volto fiero, appena preso, di chi c’ha provato e non si è pentito. Anzi. Probabilmente ci riproverà. I suoi vent’anni e la voglia di farsi una vita, quella voglia che l’ha spinto lontano dalla sua terra natale, la molla che lo anima. Non è una difesa a spada tratta di un delinquente qualunque. Se ha sbagliato è giusto che paghi. Questa sua energia, questa voglia di correre verso la libertà è l’emblema della ribellione ad un mondo che non dà le stesse opportunità a tutti. Dall’altra parte la tragedia di chi, adesso, è sotto inchiesta per non essere riuscito a trattenerlo in quel cortile del carcere. Le critiche al sistema nazionale di detenzione. Le falle di un apparato che mostra le sue debolezze attraverso un vetro rotto. Negligenze, ritardi, mancanza di fondi. In quel vetro rotto ci sta tutto. In quel buco c’è, però, chi ha visto l’occasione, il carpe diem, e non se l’è fatto scappare. Poi guardi il volto triste da bambino della foto segnaletica di Amadou e capisci che c’è qualcosa che non funziona.

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