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Il clan non gli pagava stipendio e lui uccise persona per sbaglio, un arresto dei CC a Cosenza
Il clan non gli pagava stipendio e lui uccise persona per sbaglio, un arresto dei CC a Cosenza 10 dic 15 Il clan non gli pagò lo stipendio quando era in carcere e lui si fa giustizia da solo uccidendo innocente (nella foto) per sbaglio. Così i Carabinieri del comando provinciale di Cosenza, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, su richiesta della procura della repubblica cosentina dal g.i.p. del locale tribunale, a carico di Domenico Mignolo, 28enne cosentino, pluricensito penalmente, contiguo alla potente cosca di ‘ndrangheta “Rango-zingari”, accusato di aver ucciso, nel giorno della domenica delle Palme (29 marzo scorso), il 26enne cosentino Antonio Taranto, attinto da un colpo di revolver cal. 38/357 magnum che il Mignolo avrebbe sparato dal balcone della propria abitazione. Le indagini, condotte dal reparto operativo dei carabinieri di cosenza, e coordinate sin dal primo momento dalla procura della repubblica di cosenza (Antonio Bruno Tridico e dalla d.ssa Donatella Donato, con la direzione del Procuratore della Repubblica, Dario Granieri, e del Procuratore Aggiunto, Marisa Manzini), hanno portato alla luce il reale movente del gesto, legato al fatto che il mignolo fosse particolarmente adirato per non aver ricevuto “lo stipendio” dal proprio clan nel periodo in cui era stato detenuto. A nulla sono valsi i tentativi dei familiari di indurlo alla calma. Mignolo, infatti, noto per il suo carattere irascibile, mentre era affacciato al balcone della propria abitazione, alla vista di quello che riteneva responsabile del mancato pagamento, non ha esitato ad esplodere almeno due colpi di pistola, fortunatamente inceppatasi, colpendo nel mucchio la persona sbagliata. --- Guarda il video La conferenza con il Procuratore Granieri Intercettazioni, dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, attività compiuta dalla polizia giudiziaria nell'immediatezza dei fatti e consulenza balistica: sono queste le fonti di prova che hanno portato alla richiesta di custodia cautelare, eseguita stamane dai carabinieri, nei confronti di Domenico Mignolo accusato di avere ucciso, lo scorso 29 marzo, Antonio Taranto, di 26 anni. I particolari dell'indagine che, a distanza di oltre otto mesi dall'omicidio, ha portato all'arresto di Mignolo sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa nella sede del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza. "Sappiamo - ha detto il procuratore aggiunto di Cosenza, Marisa Manzini - che tutto origina da una lite avvenuta in discoteca, lite degenerata sino all'omicidio avvenuto in altro luogo. In questa fase possiamo formulare solo ipotesi, ma sicuramente Domenico Mignolo aveva avuto dei dissapori con Taranto e con un'altra persona presente ai fatti. Di certo c'era la volontà di uccidere quel soggetto o quei soggetti con cui era entrato in contrasto. Siamo in fase di indagine e tutto l'aspetto del movente dovrà essere sviluppato". La lite tra il gruppo di Mignolo e quello di Taranto, secondo la ricostruzione degli inquirenti, iniziata in un locale, sarebbe continuata in via Popilia dove poi è degenerata. Mignolo sarebbe rientrato nella propria abitazione e affacciatosi dal balcone avrebbe sparato nel gruppo, colpendo Taranto. L'arma del delitto, probabilmente un revolver calibro 38, non è stato ritrovata.
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