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Economia e Finanza

 

De Rose scrive ai Ministri Marzano e Siniscalco: “In Calabria serve industrializzazione eoccupazione”

14/09 ''Fra le tante emergenze che investono la Calabria due sono quelle che piu' di ogni altra influenzano in maniera negativa lo sviluppo economico della regione: il basso tasso di industrializzazione ed il piu' alto tasso di disoccupazione''. E' quanto sostiene il presidente degli industriali di Cosenza, Umberto De Rose, in una lettera inviata al ministro dell'Economia e delle Finanze, Domenico Siniscalco, e delle Attivita' produttive, Antonio Marzano. ''Le politiche di intervento meglio studiate - ha aggiunto - si sono da qualche tempo concentrate sull' obiettivo di ridurre in maniera significativa questi pesanti deficit, anche nel rispetto degli impegni assunti dai Paesi dell' Unione europea nel documento di Lisbona. Nell' ultima relazione sugli interventi di sostegno stilata dal Ministero delle Attivita' produttive, emerge con assoluta evidenza che queste politiche stanno iniziando a produrre effetti positivi nel Mezzogiorno in genere, ma soprattutto in Calabria. Infatti, a fronte di agevolazioni per 409 milioni di euro, l' incremento occupazionale previsto e' di ben 13.658 unita', con un costo medio per ogni nuovo posto di lavoro di 29.946 euro''. ''Tutto questo - ha proseguito De Rose - rende giustizia alle imprese meridionali e calabresi rispetto alle recenti polemiche sull' utilizzo dei fondi di incentivazione per nuovi investimenti, soprattutto se si considera che in Lombardia il rapporto si sposta a ben 142.497 euro per addetto e che in Emilia Romagna vale 154.350. Di fronte a questi dati, pensare di modificare i meccanismi di agevolazione, secondo quanto emerge dalle anticipazioni rispetto alle volonta' del Governo, rappresenta una clamorosa disattenzione non solo verso il Sud del Paese ma per l' intero assetto economico complessivo. Quello che serve sono interventi ancora piu' mirati per consentire di raggiungere quei livelli di soglia critica in grado di poter innescare momenti di sviluppo autopropulsivo indispensabili per un efficace rilancio dell' economia italiana; con un Mezzogiorno che assume ogni giorno di piu' i connotati di risorsa strategica per il futuro del Paese anche e soprattutto nell' ottica di un indispensabile recupero di competitivita' del made i Italy''. Il presidente degli industriali di Cosenza evidenzia inoltre che ''confindustria e' da sempre impegnata su questi temi e l' azione propositiva della Presidenza ed in particolare del Consigliere mezzogiorno Artioli meritano priorita' assoluta nell' agenda del Governo, per non vanificare quanto di buono e' stato fatto e massimizzare quanto di positivo fin qui avviato''. ''Gli imprenditori - ha concluso De Rose - sono per definizione degli inguaribili ottimisti, sono certo che non deludera' le aspettative di quanti ogni giorno si impegnano in azienda per innovare, progredire e crescere non solo per se stessi ma per concorrere da protagonisti allo sviluppo economico e sociale del territorio''.

Naccarato : “Fondamentale il ruolo del sistema bancario nello sviluppo del mezzogiorno”

13/09 ''Non sara' certo sfuggito alla pubblica opinione l'interessante articolo dell'ex ministro dell'economia Giulio Tremonti, apparso sul Corriere della Sera di sabato 11 dal titolo ''Per creare sviluppo – La Banca che il Sud non ha'', intervento che, a mio parere, merita senz'altro di esser meditato ed approfondito. Esso mi ha molto incuriosito ma non sorpreso. Incuriosito perche' fa certamente effetto il fatto che un ''nordico'' come Tremonti rilanci la mai risolta questione meridionale, ponendo l'indice contro il cuore del problema e cioe' il ruolo del sistema bancario a favore del riscatto e del rilancio del Mezzogiorno, ovvero le tante troppe inconcludenti inefficienze che non hanno prodotto fin qui fattori di sviluppo significativi''. Questo è quanto dichiara Paolo Naccarato, Presidente della Commissione Riforme del Consiglio regionale della Calabria. ''Ma non mi ha sorpreso - continua Naccarato - perche' ho gia' avuto modo di dire che Giulio Tremonti, da alcuni mesi, so che va riflettendo sul sud, su cosa sia possibile fare concretamente, tanto che io stesso in una recente intervista ho avuto modo di azzardare che magari gli sta venendo voglia di impegnarsi politicamente nel Mezzogiorno, attraverso una specifica iniziativa. Tremonti farebbe bene, quindi, a proseguire su questa strada, che deve davvero unificare il Paese nel quadro del contesto europeo, con l'autorevolezza che naturalmente egli ha e la forza di ''Insospettabile'', rispetto a tutele o difese di clientele o politiche assistenzialistiche varie, che sono alla base di tante cattive abitudini che hanno pesato e pesano come macigni sulle possibilita' di riscatto della nostra Regione''. ''Tremonti, che e' un ''genio'' come lo ha definito di recente il Presidente Berlusconi - dice Naccarato - deve tuttavia confermare di avere la duttilita' necessaria del politico, che sa comporre i legittimi interessi del Mezzogiorno all'interno di quelli nazionali ed europei in una sintesi che abbia appunto riguardo particolarissimo per le aree piu' deboli. Mi fa molto piacere che egli sembra cosi' voler ripartire dalla questione meridionale e dalla sua straordinaria attualita', per segnare la sua rentre'e sulla scena politica nazionale, dopo le dimissioni da Ministro dell'economia. E' un banco di prova certo scomodo ed impegnativo ma che, se Tremonti vorra' confermare esser prioritario nella sua agenda politica, costringera' tutti a misurarsi in maniera piu' incisiva su come affrontare l'annosa questione, garantendo evidentemente a tale priorita' un impegno continuativo e non occasionale. Del resto tutto cio' sarebbe gia' di per se' una vera opportunita' in piu', non solo per lo stimolo autorevole che ne deriverebbe al sistema bancario, ma anche per la potenziale possibilita' di spostare risorse ed investitori, verso la Calabria in particolare, ma piu' in generale verso il Mezzogiorno che, quale macro-regione del sud, potrebbe avviarsi ad essere la nostra Baviera, se ci fosse un effettivo impulso in termini di crescita economica. A quel punto forse lo stesso Sud non avrebbe alcuna difficolta' addirittura a riconoscere in lui una leadership di straordinaria efficacia. Da questo punto di vista sarebbe quindi una vera novita' introdurre nel progetto di riforma costituzionale sulla devolution la facolta' alle Regioni di unificarsi in macro-regioni: sarebbe gia' solo questo una vera rivoluzione federalista! E Tremonti potrebbe senz'altro farsi portatore di questa idea nei prossimi giorni durante il dibattito alla Camera dei Deputati. ''Tutte queste cose ho detto anche a lui personalmente - sostiene Naccarato - avendolo chiamato per complimentarmi della sua iniziativa giornalistica, per spingerlo a proseguire e per dirgli che sarei ben lieto se presto potesse venire in Calabria a spiegare personalmente cosa ha in mente, avviando con le piu' significative articolazioni della societa' civile calabrese un confronto di merito che potrebbe esser foriero di tanti fatti positivi''.

Finanziati 46 milioni di euro per l’evoluzione di 20 stazioni ferroviarie calabresi

11/09 E' di 46 milioni di euro il finanziamento complessivo previsto in Calabria da Rfi, la societa' dell' infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato, per il Programma evolutivo per la gestione di aree di stazioni ubicate nel Sud Italia, progetto Pegasus, che interessera' un network di 20 scali passeggeri calabresi. Gli scali sono quelli di Amantea, Bagnara Calabra, Castiglione Cosentino, Cosenza, Crotone, Gioia Tauro, Lametia Terme Centrale, Locri, Melito Porto Salvo, Nicastro, Paola, Praja, Reggio Calabria Lido, Roccella Jonica, Rosarno, Scalea, Sibari, Soverato, Tropea, e Vibo Pizzo e sono frequentati da circa 7,5 milioni di viaggiatori all' anno. Attualmente, secondo quanto riferito in un comunicato, sono in corso le attivita' per valutare le priorita' di interventi di riqualificazione dei fabbricati e delle aree destinate ai clienti e di ampliamento degli spazi destinati alle attivita' commerciali e di servizio. Per il network calabrese gli interventi richiederanno un investimento di circa 46 milioni di euro: 26 per la manutenzione straordinaria, il recupero architettonico e funzionale dei complessi immobiliari, 20 per l' abbattimento delle barriere architettoniche, l' adeguamento dei marciapiedi, la security e l' informazione al pubblico. L' obiettivo di Rfi, e' scritto nella nota, e' quello di ''offrire alla clientela stazioni moderne e funzionali, effettuare il recupero architettonico e funzionale dei complessi immobiliari e riqualificare, insieme con le Amministrazioni comunali, le aree circostanti ai terminali viaggiatori; cio' per trasformare le stazioni in 'nuove piazze', cioe' luoghi di sosta, ritrovo e intrattenimento per una clientela costituita non solo da viaggiatori''. L' impegno di Rfi in Calabria riguarda anche un programma di potenziamento infrastrutturale e tecnologico con progetti, oggi in diversi stadi di avanzamento, ''destinati ad aumentare e migliorare la capacita' e la funzionalita' della rete nella regione''. L' obiettivo e' eliminare le interferenze e evitare che il trasporto merci finisca per aggravare la situazione di saturazione delle principali linee, che vengono cosi' liberate a vantaggio del trasporto regionale e passeggeri. Tra i principali progetti di investimento in corso di realizzazione e in fase di avvio da parte di Rfi figurano le opere ferroviarie connesse alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Secondo quanto riferito nella nota, e' in corso la progettazione esecutiva della variante di tracciato (circa 1 km) a Cannitello, sulla linea Battipaglia-Reggio Calabria, propedeutica alla realizzazione delle opere per il ponte. La posizione prevista per la ''torre Est'' del Ponte, infatti, interferisce con la linea esistente. La variante e' stata recentemente approvata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. E' in corso la realizzazione del raddoppio, prevalentemente in affiancamento, fra Reggio Calabria Centrale e Melito Porto Salvo. L' intervento prevede l' elettrificazione dell' intero tratto e il completamento del raddoppio da Pellaro a Melito Porto Salvo. Il progetto comprende, inoltre, l' adeguamento delle tecnologie ai piu' moderni standard di sicurezza e la soppressione di passaggi a livello. Per quanto riguarda il potenziamento della linea Lamezia-Catanzaro Lido, nel febbraio 2004 si e' conclusa la Conferenza di Servizi per la realizzazione di un tratto di linea, a semplice binario in variante, fra Settingiano e Catanzaro Lido, la nuova fermata di Settingiano e la nuova stazione di Catanzaro, in localita' Germaneto. L' affidamento dei lavori e' previsto nel novembre 2004, l' apertura dei cantieri a giugno 2005. Rfi, secondo quanto riferito nel comunicato, ha in fase di esecuzione il potenziamento, in territorio calabrese, della linea Paola-Cosenza-Sibari-Metaponto, in particolare con la sostituzione delle travate metalliche e il rinnovo degli apparati di sicurezza di Sibari. Infine, sulla Catanzaro Lido-Roccella Ionica-Melito Porto Salvo, gli interventi in corso consentiranno la velocizzazione degli itinerari di stazione. L'ultimazione dei lavori e' prevista entro l' anno.

Balzo dell’eco-tassa. In dodici anni è aumentata del 42%

07/09 Anche quest'anno corre al rialzo l'eco-tassa applicato dalle Amministrazioni provinciali come addizionale alla tassa rifiuti. A registrarlo e' la Confedilizia la quale, dai risultati di un' indagine condotta dal proprio Ufficio studi, sottolinea che l'aliquota media per l' anno 2004 ''e' stata del 4,37%, appena sotto il tetto massimo consentito dalla legge del 5%'' e che il tributo ambientale in 12 anni dalla sua introduzione, ha conosciuto un incremento del 42%, passando dal 3,08% medio del '93 al 4,37% di quest'anno. Fra tutte le amministrazioni provinciali italiane, una sola, quella di Brescia - segnala ancora Confedilizia - ha diminuito l' aliquota (dal 2 all'1,5%). Dall' analisi dei dati elaborati dalla Confederazione della proprieta' edilizia, si evidenzia che l' area geografica con l' aliquota media piu' elevata e' quella del Centro (4,51%), seguita dal Nord (4,46%) e dal Sud ed Isole (4,18%) ove, peraltro, si e' registrato un aumento rispetto all' anno precedente (4,15%). Una novita' del tutto inedita, nella modalita' di definizione del tributo, e' stata introdotta dalla Provincia di Varese, che ha modulato l'aliquota nel senso di stabilire aliquote minori per quei Comuni che hanno diminuito la produzione di rifiuti e maggiori per chi l'ha aumentata.
Per il resto, solo la Provincia di Mantova ha modulato il tributo in parola applicando un'aliquota ridotta - rispetto a quella applicata in via ordinaria del 5% - ai Comuni che svolgono la raccolta differenziata dei rifiuti. Ma l'aliquota massima del 5% e' stata applicata in oltre due terzi delle Province, 71 su 102, e precisamente a Torino, Alessandria, Biella, Cuneo, Novara, Verbania, Vercelli, Milano, Bergamo, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Varese, Venezia, Belluno, Padova, Rovigo, Verona, Vicenza, Trieste, Gorizia, Udine, Genova, Imperia, La Spezia, Savona, Bologna, Ferrara, Forli', Modena, Parma, Reggio Emilia, Rimini, Grosseto, Massa Carrara, Pistoia, Siena, Perugia, Terni, Ancona, Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro, Roma, Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo, L'Aquila, Pescara, Teramo, Campobasso, Napoli, Benevento, Caserta, Salerno, Brindisi, Lecce, Potenza, Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo Valentia, Palermo, Caltanissetta, Catania, Messina, Cagliari e Sassari. Il quadro completo provincia per provincia, dell'andamento dell'eco-tassa e' consultabile sul sito Internet della Confedilizia. (www.confedilizia.it).

Banca Carime triplica gli utili nel primo semestre

07/09 Utili piu' che triplicati per Banca Carime (gruppo Bpu) nel primo semestre a 34,9 milioni da 10,5 milioni un anno prima. Il margine da intermediazione risulta in crescita del 9,7% a 228,8 milioni. Il margine di interesse e' migliorato del 3,5% a 129,3 milioni e il margine da servizi del 18,9% a 99,5 milioni. La raccolta globale si e' attestata a 13,6 miliardi, pressoche' invariata rispetto al 2003, con un aumento della raccolta diretta del 2,4% a 7,1 miliardi e una lieve flessione dell'indiretta a 6,5 miliardi (ma con un incremento del 38,6% della componente assicurativa a 0,7 miliardi). Gli impieghi sono saliti del 3% a 2,9 miliardi.

Il Lazio leader nelle sofferenze bancarie con 9 mld di euro su 52

28/08 E' il Lazio la regione italiana in cui le sofferenze bancarie sono piu' pesanti: 9,49 miliardi di euro, a marzo scorso, su un totale nazionale di 52,7 miliardi. Il dato e' riportato nel Quadro di Sintesi del Bollettino Statistico della Banca d'Italia, in cui l'istituto di via Nazionale traccia una mappa regionale delle sofferenze lorde degli istituti, cioe' quelle che rientrano sotto la voce 'sofferenze ed effetti propri insoluti e al protesto'. Alle spalle del Lazio si colloca la Lombardia, le cui banche nello scorso mese di marzo denunciavano sofferenze lorde per 7,89 miliardi di euro, mentre in altre 3 regioni il sistema bancario superava quota 4 miliardi di euro: Emilia Romagna (4,89 miliardi), Sicilia (4,38 miliardi) e Puglia (4,04 miliardi). Una corsa, quella delle sofferenze bancarie lorde, che appare inarrestabile, se si tiene conto che a livello nazionale si e' passati dai 51,96 miliardi di euro di febbraio ai 52,7 di marzo e che su base annua (cioe' rispetto a marzo 2003, quando alla 'voce' corrispondevano 47,13 miliardi), si e' registrato un incremento di oltre il 10%. Ecco di seguito una tabella che illustra le sofferenze bancarie lorde per regione, a tutto marzo 2004 (in miliardi di euro).

- Piemonte 2,618
- Valle d'Aosta 0,093
- Liguria 1,096
- Lombardia 7,899
- TOTALE NORD OVEST 11,707

- Trentino Alto Adige 0,427
- Veneto 2,535
- Friuli Venezia Giulia 0,607
- Emilia Romagna 4,891
- TOTALE NORD EST 8,460

- Marche 1,090
- Toscana 2,347
- Umbria 0,765
- Lazio 9,493
- TOTALE CENTRO 13,695

- Campania 3,458
- Abruzzo 1,049
- Molise 0,311
- Puglia 4,046
- Basilicata 0,805
- Calabria 1,884
- TOTALE SUD 11,552


- Sicilia 4,384
- Sardegna 1,783
- TOTALE ISOLE 6,167

- ESTERO 1,123

TOTALE ITALIA 52,705

A Luglio cala il prezzo medio della borsa elettrica

20/08 A luglio nella borsa elettrica italiana sono stati scambiati oltre 8,8 milioni di kWh (+20,3% rispetto a giugno) per un controvalore di 634 milioni di euro. Nello stesso periodo nel sistema Italia gli scambi di energia sono stati pati a circa 28,3 milioni di kWh (+12,2%). Pertanto la liquidita' di borsa e' risultata pari al 30,1% del totale in aumento per il secondo mese consecutibo (maggio 27,5%, giugno 28,1%). Lo rileva nel rapporto mensile il Gestore del Mercato Eelettrico (Gme). Il prezzo medio di acquisto dell'energia e' stato pari a 66,69 euro/MWh, con una lieve flessione di 1,15 euro/MWh rispetto a giugno (meno 1,7%). Il prezzo di acquisto orario ha registrato il valore piu' elevato dall'avvio del sistenma delle offerte alle ore 15 do giovedi' 22 luglio, con 189,19 euro/MWh. Nelle diverse fasce orarie, il prezzo di acwuisto ha assunto i seguenti valori medi espressi sempre un euro/MWh: 109,8 (+2,7%) in F1, 70,09 (-9,9%) in F2, 49,78 (+25,3%) in F3 e 40,46 (+0,1%) in F4. Il prezzo dello scambio in luglio ha assunto i seguenti valori espressi in euro/MWh: 110,41 in F1, 71,93 in F2, 51,17 in F3 e 46,94 in F4. A luglio i prezzi all'ingrosso dell'energia stabiliti per via amministrativa sono stati 119,64 in F1, 69,84 in F2, 54,52 in F3 e 36,45 in F4. Il prezzo zonale medio di vendita e' oscillato da un minimo di 59,77 euro/MWh del Nord e un massimo di 95,58 euro/MWh della Calabria. Il Nord anche a luglio si conferma la zona con il prezzo piu' basso. Tutte le zone hanno registrato una riduzione, seppur lieve, del prezzo di vendita rispetto a giugno; unica eccezione la Sardegna dove il prezzo medio e'aumentato del 43%.

In atto dalla Regione una imponente azione di distribuzione infrastrutturale sul territorio

19/08 ''Difficile ma non impossibile amministrare la cosa pubblica; ma soprattutto da evitare sono le 'generalizzazioni' e le 'confuse' definizioni sui ruoli, almeno quanto le errate proposizioni dei termini e delle cifre estrapolate senza un criterio che tenga conto dei diversi livelli di responsabilita' regionale e territoriale''. E' quanto si afferma in una nota del Dipartimento Bilancio della Regione. ''In Calabria - prosegue la nota, diffusa dal portavoce della presidenza della Giunta regionale - e' in corso una imponente azione di distribuzione infrastrutturale sul territorio, a fronte dell' abbandono totale cui la regione era stata relegata per troppi decenni. Oltre cinque miliardi di euro nel Por 2000/2006 e circa due miliardi di euro per le aree sotto utilizzate sono destinati alla Calabria: la Regione contribuisce, secondo i regolamenti comunitari, a questa azione di sviluppo, assicurando il 15% delle risorse previste dal Programma operativo regionale dell' Unione europea. Ci sono opere infrastrutturali che riguardano in particolare il ciclo delle acque e i trasporti fondamentali allo sviluppo che, come ad esempio per la strada statale 106 ionica, entro fine anno vedranno avviati i lavori dopo secoli di inutili attese e false promesse. Ci sono dati inconfutabili assegnati da istituti nazionali di piena affidabilita' come l' Istat, la Banca d' Italia e l' Unioncamere, che vedono la Calabria in netto recupero sul passato nei parametri dell' occupazione, del numero e della vitalita' delle imprese, delle esportazioni e in settori vitali quali l'agricoltura, il turismo e la cura dell'ambiente. Ci sono risorse e conseguenti azioni destinate allo sviluppo e al recupero urbano nelle diverse province calabresi, alla cultura e alla ripresa delle nostre tradizioni. Ci sono risorse che confusamente vengono fatte ricadere sulle spese correnti della Regione senza considerare che si e' avviata, finalmente, una razionale attribuzione delle responsabilita', affrontando talvolta in maniera definitiva problemi di rilevanza sociale, lasciati precedentemente dietro le spalle, come per i lavoratori forestali, un esercito inizialmente di 12 mila unita' a rischio, tutti stabilizzati, o per gli Lsu e Lpu, che possono ora guardare al futuro con affidabili impegni e maggiori speranze. Alcune spese attribuite alla Giunta regionale riguardano, poi, l'applicazione di provvedimenti comunitari, nazionali e regionali, rivolti a garanzia della affidabilita' degli interventi e del miglior utilizzo dei fondi trasferiti, proprio a dimostrazione della vitalita' dei programmi regionali. A tal riguardo si precisa che la qualifica di 'consulenti' non puo' quindi essere estesa ai componenti delle commissioni previste da leggi nazionali e regionali''. ''L' ultima annotazione - conclude la nota diffusa dal portavoce - riguarda il numero dei consulenti della presidenza della Giunta che, fissati da norme in vigore gia' in precedenza, in numero di otto, sono stati solo in parte, massimo 5, ricoperti su nomina del presidente Chiaravalloti''.

Al Fisco sfuggono oltre tre miliardi d’euro di imponibile che evadono l’Iva

19/08 Si aggira intorno ai 3 miliardi di euro l'imponibile che sfugge all'Iva, l'imposta sul valore aggiunto. Auto, telefonini, computer ma anche carne: sono questi i settori piu' colpiti dalle frodi fiscali. E per questo l'Agenzia delle Entrate in questo 2004 sta puntando su una intensificazione dei controlli, con l'apertura di 20 filoni di indagine e la messa in campo di blitz simultanei nelle varie regioni. A fotografare la situazione dell'evasione nell'Iva e' uno studio della Direzione Centrale Accertamento dell'Agenzia delle Entrate che ha messo sotto la lente, in particolare, gli scambi commerciali in ambito comunitario. Il fenomeno dell'evasione Iva si rivela non solo un problema sotto il profilo fiscale ma anche per la concorrenza commerciale in quanto gli operatori che non fanno pagare l'Iva ai clienti, nei fatti riescono a praticare sconti sulla merce fino al 20%, pari proprio all'imposta evasa.
Nel settore auto si calcola un evasione di imponibile di 1.5 milioni di euro.. Difatti il settore maggiormente interessato dalle frodi scoperte dall'Agenzia e' quello del commercio delle automobili, dove opera un vero e proprio ''mercato parallelo'', per importi che si aggirano intorno ai 1,5 mld di euro di imponibile evaso e un numero di operatori economici pari a circa 300. L'indagine dell'amministrazione fiscale e' partita da riscontri delle informazioni presenti presso la Motorizzazione civile relativamente alle ''nazionalizzazioni'' che ha consentito di scoprire il meccanismo di ''una delle piu' vaste frodi - secondo fonti dell'Agenzia - che ha interessato il nostro Paese''. Le regioni dove il fenomeno ha preso maggiormente piede sono Liguria e Veneto, dove gli 007 dell'Agenzia - che opera attraverso blitz regionali effettuati in simultanea e coordinati da Gruppo AntiFrode nazionale - hanno scoperto i passaggi posti in essere dagli operatori economici per aggirare l'esborso dell'Iva (prestanome, vendite simulate con operatori comunitari, false lettere d'intento, ecc).
Notevolmente interessati sono anche i settori del commercio dei telefonini, del materiale informatico e quello della carne; ma non mancano societa' ''fantasma'' costituite ad hoc per creare ad arte falsi costi o vendite simulate di immobili o di beni strumentali preordinati all'abbattimento del reddito e alla costituzione di crediti di imposta da portare in compensazione o da chiedere a rimborso. In particolare nell'ambito delle indagini nel settore del materiale elettronico e computer, e' venuto alla luce in Toscana un sistema di frode relativo a materiale elettronico acquistato per un importo totale di 100 milioni di euro da fornitori comunitari ed extra Ue (per il tramite di depositi doganali) senza aver assolto al versamento dell'Iva.
Molti rimoborsi sono risultati falsi.. In Emilia Romagna e Puglia l'Agenzia ha messo in campo di interventi simultanei anche nell'azione di contrasto del fenomeno delle frodi nel settore dei rimborsi Iva. Partendo dalla Calabria, poi, e' stato pianificato un intervento coordinato che ha interessato diverse regioni, per il controllo di 19 societa' collegate tra loro, i cui soci e rappresentanti legali svolgono esclusivamente la funzione di prestanome, fornendo fatture per operazioni inesistenti (cessioni di immobili e di altri beni strumentali per milioni di euro) al fine di far ottenere illeciti rimborsi Iva. Esito del blitz - secondo lo studio dell'Agenzia - e' stato il riscontro dell'inesistenza delle societa' e lo smantellamento del ''castello di carte'' messo in piedi per supportare la falsita' dei rimborsi Iva. La struttura di intelligence dell'Agenzia ha individuato poi in Lombardia un sistema basato sulla creazione di una rete di societa' ''fantasma'' (le cosiddette cartiere) specializzate nella emissione di fatture false ad operatori economici che svolgono attivita' in svariati settori economici, le cui contabilita' sono detenute presso alcuni studi commerciali gia' individuati. In una prima fase sono stati portati a termine circa 60 interventi, che hanno interessato 7 regioni. E' stata raggiunta la prova della fornitura di fatture false a 300 societa' reali ed operative con attivita' disparate, nei cui confronti si sta procedendo.

In Calabria il minore debito residuo regionale italiano. Appena 29 euro procapite

18/08 L'indebitamento regionale, al 30 giugno scorso, ammontava a 14.556 euro e 46 centesimi per abitante. Il dato emerge dalle tabelle depositate dal ministro dell'Economia, Domenico Siniscalco, al Senato, relative all'andamento del debito "con particolare riferimento alla componente non statale". Risulta maggiore il debito residuo pro capite per i residenti dell'Umbria con 4.637,51 euro, seguiti da quelli delle Marche con 1.644,69 euro. Il dato risente, tuttavia, dei mutui ed emissioni a totale carico statale accesi nelle due regioni in seguito agli eventi sismici e che tuttora gravano sugli abitanti. All'opposto il minore debito residuo e' quello dei residenti in Calabria con appena 29,19 euro. Se si guarda al debito residuo totale, che e' pari in termini assoluti a 30 miliardi 842 milioni di euro, la quota maggiore va in carico alla Lombardia con 4 miliardi 209 milioni, seguita con 3 miliardi 868 milioni dall'Umbria e 2 miliardi 631 milioni dalla Sicilia.

Giochi e scommesse: imprese in aumento. Napoli leader incontrastata

16/08 Alla fortuna nessun italiano volta le spalle: tra il 2000 e il 2003 si è registrata, infatti, una crescita record del 32% delle imprese dedicate al gioco d'azzardo, che, secondo un'indagine condotta dalla Camera di Commercio di Milano sui risultati del registro delle imprese sul quarto trimestre 2000-2003, si attestano al momento a 1648 unità. Tra ricevitorie del lotto e totocalcio, sale bingo, sale corse, agenzie ippiche e per le scommesse su competizioni sportive fino a quelle sui cani levrieri, la sola Napoli - in testa a tutte le province - conta 122 imprese (l'8% sul totale nazionale). Dopo Napoli, Milano (108 imprese, il 7% nazionale), Roma (75, 5%), Bari (60, 4%), Firenze (50, 3%) e Torino (48, 3%).Ma, a livello regionale, è invece la Lombardia protagonista del settore, con un totale di 257 attività, e poi Campania e Toscana. Un dato indicativo di questa crescita boom è però quello relativo alle aree geografiche che erano rimaste indietro: Pordenone, nel triennio in considerazione, ha raggiunto una crescita addirittura pari al 267%, Mantova il +121%, Grosseto e Reggio Calabria +117%, Brescia +90%, Caserta +80%, Potenza +78%, Verona +78% e Napoli +74%; a livello regionale prevale l'aumento delle imprese al sud, con il +64% della Calabria, il +50% della Campania e poi il Molise, la Basilicata, la Valle d'Aosta e la Sicilia ad occupare i posti in classifica. Non pare azzardato dunque dire che la dea bendata si stia prendendo una bella rivincita su una società considerata sempre più pragmatica.

Galati “L’isolamento uccide l’economia; serve una banca per le PMI”

10/08 ''L' isolamento uccide l' economia. Il confronto tra i sistemi economici e' diventato indispensabile''. A sostenerlo e' il sottosegretario alle Attivita' produttive, Giuseppe Galati che avanza la proposta di una ''Banca della Piccola impresa sorretta dagli istituti di credito, dallo Stato, dagli enti locali, dagli operatori economici''. I Cofidi, ''per la loro struttura, non hanno piu' la dimensione adatta per far fronte alla richiesta di liquidita'. E' necessaria - ha proseguito - una vera e propria MedioBanca per le Pmi che operi sui progetti piu' che sulle garanzie immobiliari''. ''Ho avuto modo nei giorni scorsi - ha aggiunto Galati - di rappresentare il Governo al seminario di Santiago del Cile sulle piccole e medie aziende. Una esperienza di livello avendo affrontato i problemi di un' area che, a prima vista, poteva sembrare distante per spazio e per cultura; una realta' a 15mila chilometri che si sostiene, al di la' dell' export delle materie prime, con un milione di micro, piccole e medie aziende''. ''Non v' e' dubbio - ha sostenuto Galati - che vi sia necessita' in Cile come in Italia di strutture economiche forti''. ''Il Cile, nell' area del Mercosur, il mercato integrato sudamericano, - ha proseguito - fa da punto di riferimento di una grande area che tende a utilizzare gli investimenti esteri di grandi dimensioni, soprattutto nei settori delle materie prime, rame, molibdeno, legno, pesca anche allo scopo di ribaltare sul sistema minore, Piccole e medie imprese, i fattori indotti di sviluppo. La spinta in avanti e gli investimenti esteri hanno innovato il sistema se e' vero che l' informatizzazione, anche con la banda larga, copre l' intero Paese. La differenza dall' Italia e' che la nostra materia prima e' costituita dalla creativita', dalla ricerca, dallo sviluppo degli interventi precompetitivi. Non e' un caso se le piccole e medie imprese italiane si muovono, non sempre a sufficienza, su brevetti e marchi innovativi piu' che sulle lavorazioni indotte e ripetitive. Luxottica, Benetton, Geox, calzature del Brenta, sistema tessile Miroglio, ma anche Finmeccanica e Fiat, con Ferrari, Macerati, Alfa, Lamborghini e il sistema del lusso fanno parte di questo contesto a cui fa riferimento Luca di Montezemolo quando indica nel Made in Italy uno dei pochi strumenti di concorrenza produttiva nonostante il tentativo di contraffazione delle produzioni''. ''La crescita del numero delle nuove imprese - ha proseguito Galati - e' notevole. La crescita, tuttavia, e' difficile. Se la piccola e media azienda nasce forte quando e' capitalizzata, avendo a sostegno risorse proprie e bancarie, nasce debole quando la capitalizzazione e' costituita dai redditi familiari e da un difficile se non impossibile rapporto bancario. Non c'e' fido per una azienda con un fatturato di 300 mila euro a causa di un assegno di 1000 euro contestato per un ritardo dalla stessa banca di incamerarlo in due giorni invece che in quindici durante i quali la banca incassa gli interessi. E questo, ha ragione il Corriere della Sera, e' una vergogna a cui l' Abi non ha dato risposta. Quando la banca si trasformera', per i piccoli, in strumento di sviluppo? Non e' un caso che le imprese forti hanno condizioni migliori rispetto a quelle piu' deboli''. Per Galati dunque ''bisogna pensare, in Italia e in Cile, ad una Banca della Piccola impresa sorretta dagli istituti di credito, dallo Stato, dagli enti locali, dagli operatori economici. I Cofidi, per la loro struttura, non hanno piu' la dimensione adatta per far fronte alla richiesta di liquidita'. E' necessaria - ha proseguito - una vera e propria MedioBanca per le Pmi che operi sui progetti piu' che sulle garanzie immobiliari. Il secondo problema e' la ridotta dimensione delle Pmi e la loro difficolta' a raggiungere dimensioni superiori. Ho proposto la creazione di un apposito Istituto per il dimensionamento delle Pmi, singolo o associate, che, con il sostegno di una Medio Banca delle Pmi, esamini, valuti, sorregga lo sforzo degli imprenditori piu' attenti. Non c' e' dubbio che le due proposte sono legate al sistema debole dell' economia, il Sud in questo caso. Ma non solo. E' che solo con strumenti specifici - ha concluso Galati - che e' possibile recuperare sviluppo, in Italia e in Cile''.

Riforma delle aliquote ha minore effetto sul 90% dei redditi. Sud sempre più penalizzato.

10/08 Il progetto di riduzione delle tasse, che secondo la delega fiscale vede a regime due sole aliquote al 23 e al 33% con soglia 100.000 euro, rischia di creare squilibri tra i contribuenti favorendo una maggiore concentrazione dei redditi e una minore concentrazione del carico fiscale. A fare i calcoli nelle tasche degli italiani e' il Secit, il servizio dei super-ispettori fiscali del ministero dell'Economia. E' uno studio ricco di dettagli tecnici e simulazioni a stimare che ''la distribuzione del reddito con la riforma 2003 (il cosiddetto primo modulo) e' piu' equidistribuita di quella a regime''. A conti fatti, dunque, la riforma Irpef, se fosse a regime nel 2005, avrebbe - secondo l'analisi degli esperti fiscali - ''un minor effetto perequativo dell'imposta sui redditi''. Lo studio evidenzia anche che e' possibile stimare che nel 2005 la stragrande maggioranza dei contribuenti (il 90%) avra' un reddito imponibile sotto i 33.000 euro, mentre a superare la soglia dei 100.000 euro saranno solo poco piu' di 330.000 contribuenti, lo 0,8% del totale. E ancora: dalle proiezioni risulta che a livello regionale, sempre nel 2005, il reddito medio imponibile piu' alto sara' quello dei lombardi; fanalino di coda invece la Calabria. Lo studio di 29 pagine appena sfornato dal Secit - ''Un modello di microsimulazione delle imposte sulle persone fisiche'' - utilizza precise e complesse formule matematiche per arrivare alla conclusione che il primo modulo della riforma dell'Irpef, messo in campo lo scorso anno, e' piu' equilibrato sul fronte della distribuzione del reddito nel Paese, rispetto all'ipotesi contenuta nella delega fiscale approvata dal Parlamento lo scorso anno (aliquote del 23% fino a 100.000 euro e 33% oltre, trasformazione delle detrazioni per tipo di lavoro, familiari e per oneri in deduzioni decrescenti). Per valutare l'effetto redistributivo della riforma i superispettori utilizzano l' indice Reynolds-Smolensky che ''misura la frazione del reddito netto totale trasferito dai redditi alti ai redditi bassi'' dalla progressivita' dell'imposta. E il risultato, traducendo dalle formule scientifiche, e' che il piano originale di riforma fiscale finirebbe a regime per favorire i redditi piu' alti. Con le proiezioni al 2005 - si legge nello studio del Secit - ''l'indice di redistribuzione mostra significativamente come per effetto del secondo modulo della riforma Irpef si abbia una riduzione dell'indice di Reynolds-Smolensky dell'ordine del 10%, mentre l'indice globale di progressivita' rimane sostanzialmente invariato''. Lo studio ha l'obiettivo di fornire un contributo scientifico al dibattito politico secondo il principio - come spiega lo stesso Secit - del ''conoscere per decidere''. ''Se ai fini dell'iter parlamentare e' necessario e sufficiente - si legge nello studio corredare i progetti di riforma con le quantificazioni di bilancio, e' decisamente preferito, nella fase di definizione delle riforme, associare alle valutazioni di gettito e spesa quelle in termini di impatti differenziali per categorie sociali, demografiche, economiche e territoriali''. Sotto questo profilo il Secit e' arrivato a fare simulazioni al 2005 per classi di reddito e per regioni, dalle quali emerge qualche sorpresa. La fetta piu' consistente dei contribuenti (l'11,2%) si collochera' nella fascia di reddito tra i 1.000 e i 3.000 euro. Il bilancio annuale della quasi totalita' dei contribuenti italiani si ferma comunque a 44.000 euro (sotto questa soglia e' il 95% dei contribuenti) mentre il reddito medio viene indicato nelle tabelle attorno ai 16.214 euro. ''Il che aiuta a comprendere e a volte a correggere - chiosano i superispettori che hanno elaborato la ricerca - le espressioni frequentemente usate di redditi medio alti, ceti medi, ecc''. Le medie statistiche indicano cosi' che la categoria dei pensionati guadagna in media 12.834 euro, i lavoratori dipendenti (e i co.co.co) 18.847, i lavoratori autonomi 23.836 mentre i possessori di altri redditi si attestano in media sui 10.323 euro. A guidare la classifica regionale, per reddito imponibile con la riforma fiscale ipotizzata nella delega, e' la Lombardia: 19.294 il reddito medio. A seguire ci sono il Lazio (18.122 euro) e l'Emilia Romagna (17.449). In coda alla classifica sono le regioni del Sud (Calabria, Basilicata, Molise, Sicilia, Puglia) con un reddito medio imponibile tra gli 11.000 e i 13.00 euro.

Con le agevolazioni Calabresi con più posti di lavoro ma con reddito minore.

08/08 Calabria meglio di Lombardia. Nella creazione di posti di lavoro grazie alle agevolazioni statali la regione meridionale ha dimostrato maggiori capacita' rispetto alla regione punta di diamante dell'economia italiana, riuscendo con meno stanziamenti a far nascere il quadruplo dei posti nati in Lombardia. Evidente la differenza di retribuzione che continua a penalizzare la Calabria rispetto a tutte la altre regioni. Nel 2003 le imprese calabresi hanno infatti ricevuto 409 milioni di agevolazioni mettendo a segno un incremento occupazionale di oltre 13.600 unita'. Le aziende lombarde hanno invece potuto godere di 520 milioni di euro ma l'aumento dell'occupazione generato dalle agevolazioni e' stato molto piu' contenuto: 3.652 unita'. I dati sono contenuti nella relazione sugli interventi di sostegno alle attivita' economiche e produttive del ministero delle Attivita' produttive. Complessivamente (dai finanziamenti della 488, a quelli dei contratti di programma o a favore dell'imprenditoria femminile e giovanile) lo scorso anno sono stati erogate agevolazioni per poco meno di 5.800 milioni di euro con la creazione di circa 98.000 nuovi posti di lavoro. Ben oltre la meta' delle risorse (3.100 milioni, il 62,3%) e' stato destinato al Mezzogiorno (dove e' stato creato il 72,8% dei posti, circa 71.000), mentre al Centro-Nord sono stati corrisposti 1.890 milioni e create 26.600 nuove posizioni lavorative. Tra le regioni la maggiore beneficiaria e' stata la Campania, con 847 milioni di euro di stanziamenti erogati. Napoli e gli altri capoluoghi conservano lo stesso primato anche nella creazione di posti di lavoro: 18.161, in assoluto il numero piu' alto tra tutte le regioni. Mettendo tuttavia a confronto gli importi di agevolazione ricevuti con i relativi incrementi occupazionali, non sempre al maggiore ammontare corrisponde anche un maggior numero di nuove posizioni lavorative. Il caso di Calabria e Lombardia e' il piu' evidente, ma anche la Puglia sembra piu' pigra delle altre regioni. Il tacco dello stivale si e' infatti visto erogare nel 2003 664 milioni di euro destinati alle imprese, l'importo piu' consistente dopo la Campania. Ma i posti di lavoro nati dagli investimenti generati dalle agevolazioni sono stati 12.629, un numero inferiore cioe' a quello della stessa Calabria che ha ricevuto circa 60 milioni in meno. Guardando infine alle regioni in cui le agevolazioni sono state inferiori spicca il paragone tra Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta. Le risorse erogate sono state nella prima pari a 6,1 milioni di euro e nella seconda a 1 milione. In entrambe sono state pero' create 11 posizioni lavorative. Ecco in una tabella il confronto tra le agevolazioni erogate lo scorso anno e l'incremento occupazionale nelle varie regioni italiane:

 

Agevolazioni (in mln euro)

Nuovi posti di lavoro

Piemonte

245,6

2.320

Valle d'Aosta

1

11

Lombardia

520,4

3.652

Trentino A.A.

6,1

11

Veneto

173,3

2.989

Friuli V.G.

64,7

488

Liguria

103,7

2.309

Emilia-Romagna

259

1.678

Toscana

226,8

4.486

Umbria

46,7

1.879

Marche

68,6

2.207

Lazio

174,9

4.569

CENTRO-NORD

1.890,80

26.599

Abruzzo

106,1

3.110

Molise

24,3

1.024

Campania

847,7

18.161

Puglia

664,1

12.629

Basilicata

159,6

2.699

Calabria

409

13.658

Sicilia

607,8

13.859

Sardegna

284,3

6.043

MEZZOGIORNO

3.102,90

71.183

Ag. non classif.

805,6

-

TOTALE

5.799,30

97.782

Finanziato il PIT 12 della Sila crotonese

06/08 Il Progetto Integrato Territoriale Pit 12 della Sila Crotonese e' stato finanziato per 12,5 milioni di euro. Lo si e' appreso da una nota del presidente del comitato di gestione, Pietro Secreti. I finanziamenti saranno utilizzati per infrastrutture pubbliche, servizi, regimi di aiuti Fers e Formazione Fse. ''Il progetto integrato territoriale del Pit 12 - ha detto Secreti - e' un complesso di azioni intercettoriali, strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario''. Per i sindaci dei nove comuni interessati al Pit il finanziamento e' ''una vittoria annunciata gia' qualche tempo fa quando non ci credeva piu' nessuno e davano i Pit calabresi gia' per morti''. A settembre sara' sottoscritto l' accordo di Programma tra il Comitato di Gestione Pit 12 e la Giunta Regionale Calabrese che dara' l'avvio alle operazioni con i bandi delle infrastrutture pubbliche e di tutte le altre azioni finanziate. ''La Filiera del Benessere e quella del Legno - ha aggiunto Secreti - sono gli obiettivi prioritari del nostro Pit che metteranno in moto un processo di sviluppo endogeno per creare nuova occupazione nella Sila Crotonese. Per dare piena attuazione alle strategie di sviluppo provinciale, tuttavia, l'orizzonte di tali esperienze non puo' limitarsi alla contingenza del periodo di programmazione, ma piuttosto avere l'ambizione di traguardare la scadenza del 2006, nel senso di aumentare la capacita' di governo delle istituzioni locali e ridurre i fattori di dipendenza dai livelli sovralocali, in modo stabile e via definitiva''. ''Dopo questo traguardo - ha detto Secreti nella Conferenza dei Sindaci - ci sono da concretizzare due interventi a supporto dell'intera operazione Pit: il primo e' la costituzione dell'Ufficio di Collegamento Provinciale dei 3 Pit della Provincia di Crotone; il secondo e' il varo dell'Agenzia di Sviluppo Integrato del Turismo, entrambi serviranno a catalizzare risorse aggiuntive incrementando l'economia locale''.

In crescita l’utile della Banca Popolare di Crotone nel primo semestre

29/07 E' di 2,9 milioni di euro (+25,26%) l' utile della Banca Popolare di Crotone relativo ai primi sei mesi dell' anno (dedotto dall' accantonamento al Fondo per rischi bancari generali di 2,6 milioni di euro e le imposte pari a 1,4 milioni di euro). I dati relativi alla gestione del primo semestre del 2004 sono stati approvati dal consiglio di amministrazione dell'istituto di credito. ''I dati - e' scritto in una nota - ritraggono una Banca in crescita che mostra la capacita' di produrre flussi reddituali e volumi migliori rispetto all' anno 2003, in cui essi avevano gia' avuto un notevole progresso''. Oltre all' incremento del margine di interesse del 21,15% si sono avuti anche risultati positivi nel comparto dei servizi, che ha determinato una crescita del margine di intermediazione del 17,48%. Il contenimento dei costi ha determinato inoltre un risultato di gestione di 13,89 milioni di euro (+31,78%). Dal punto di vista patrimoniale la raccolta complessiva da clientela si attesta in 1.303 milioni di euro, con un progresso rispetto al 30.6.2003 di 89,4 milioni di euro (+7,37%). Nel dettaglio, la raccolta diretta ammonta a 979 milioni di euro (+6,59%); la raccolta indiretta, amministrata e gestita, si attesta a 323 milioni di euro (+9,78%). Per quanto riguarda i crediti verso la clientela al netto dei fondi rettificativi, essi ammontano a 711 milioni di euro con un aumento rispetto al 30.6.2003 di 92 milioni di euro (+14,86%). Al 30 giugno di quest'anno il patrimonio netto aziendale ammonta a 114,1 milioni di euro (in crescita rispetto al 30.6.2003 del 42,21%). L' istituto opera con 407 addetti (+3,83%). I conti correnti sono 52.677 unita' (+6,83%).

Accordo tra L’IPI e gli industriali di Bari, Cosenza e Lecce per promuovere innovazione nel settore calzaturiero

29/07 L'Istituto per la Promozione Industriale (IPI), agenzia del ministero delle attivita' produttive specializzata nei programmi di sostegno al sistema produttivo, ha firmato un accordo con le Associazioni degli industriali di Bari, Lecce, Cosenza e l'Associazione dei calzaturifici della Riviera del Brenta. L'accordo e' finalizzato ad accrescere la competitivita' delle aziende appartenenti al distretto calzaturiero della Riviera del Brenta e ad alcuni significativi poli produttivi presenti nel Sud del Paese (Barletta, Trani, Molfetta, Cosenza), facilitando l'introduzione di nuove tecnologie per migliorare i prodotti e i processi produttivi. Nel quadro dell'accordo saranno realizzati interventi volti, da una parte, a far emergere la domanda di innovazione a livello distrettuale tramite audit tecnologici su campioni di imprese e focus group per mettere a confronto esperienze ed esigenze degli imprenditori e, dall'altra, favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di soluzioni tecnologiche messe a disposizione da centri di servizio calzaturieri, Universita' e Centri di ricerca pubblica e privata. "Elemento di forza del progetto - afferma Giampiero Menegazzo, direttore degli industriali calzaturieri della Riviera del Brenta - e' la possibilita' di creare sinergie tra realta' industriali sviluppatesi attraverso modelli differenziati e complementari. Nella nostra area, per esempio, a fronte di un'elevata creativita', flessibilita' nella produzione e forte affermazione dei marchi sul mercato, si rilevano maggiori costi di produzione e scarsita' di tecnici qualificati, fattori che invece si trovano nei poli calzaturieri del Sud Italia". "L'iniziativa - sottolinea Umberto Bozzo, direttore degli Industriali di Bari - si inquadra in un programma di piu' ampio respiro denominato Nord-Sud Calzature, finalizzato a mettere in rete alcuni significativi poli produttivi calzaturieri per consentire alle imprese di accrescere le economie di scala condividendo competenze, servizi specialistici e fattori strategici quali le relazioni commerciali, le facilities ed, ovviamente, l'innovazione tecnologica". "Il progetto - sostiene Luigi Corbo' - direttore generale dell'Ipi - rientra pienamente negli obiettivi della rete Riditt, la Rete Italiana per la Diffusione dell'Innovazione e il Trasferimento Tecnologico alle imprese (www.riditt.it). Riditt, promossa dal ministero e gestita dall'Ipi, mira a sviluppare i processi di networking tra realta' produttive distribuite sull'intero territorio nazionale e, soprattutto, fra queste e le strutture di ricerca ed innovazione piu' qualificate. Questo specifico progetto settoriale - aggiunge - consentira' di testare concretamente in che misura l'offerta di servizi reperibili attraverso Riditt incontra la domanda di innovazione tecnologica delle imprese calzaturiere cheemergera' attraverso le indagini condotte sul campo nei poli produttivi coinvolti"

Rapporto di Bankitalia sul lavoro irregolare: maglia nera alla Calabria

25/07 Sempre piu' lavoro sommerso in Italia, soprattutto nell'agricoltura e nell'edilizia, con le attivita' in nero che crescono ad un ritmo dell'1,8% l'anno. A lanciare l'allarme e' Bankitalia, che sottolinea come le politiche per incentivare l'emersione varate dall'attuale Governo hanno finora prodotto ''modesti risultati''. Il fenomeno del sommerso riguarda non solo il Mezzogiorno - dove appare sempre piu' radicato e legato prevalentemente alla scarsa occupazione e alla scarsa offerta di lavoro regolare - ma anche altre aree della penisola dove, per esempio, sempre piu' diffuso e' il cosiddetto 'doppio lavoro'. Cosi', se il primato spetta alla Calabria, con un tasso di irregolarita' complessivo del 29,1% - il piu' elevato tra le regioni italiane - il lavoro irregolare e' cresciuto anche in regioni come il Lazio, con un tasso di crescita annuo del 2,2%. La fotografia e' quella scattata dalle sedi regionali della Banca d'Italia, che ogni anno analizzano l'evoluzione delle dinamiche economiche sul proprio territorio. Una fotografia dalla quale emerge un altro aspetto: se da un lato gli ultimi anni hanno fatto registrare in molte regioni un boom di lavoratori extracomunitari regolari, dall'altro il lavoro nero ha sempre piu' come protagonisti cittadini stranieri.
- LOTTA AL SOMMERSO, CAMBIARE ROTTA. Gli studi di Bankitalia, dunque, mettono in luce come la piaga dell'economia sommersa nel nostro Paese non accenni a ritirarsi, nonostante siano aumentati i controlli da parte dell'Inps e del ministero del Lavoro e nonostante il varo di incentivi all'emersione diretta del lavoro sommerso (uno dei primi provvedimenti dell'attuale Governo). In Calabria, dove il numero di lavoratori irregolari e' aumentato del 4% dal '95 a oggi, nonostante sia raddoppiato il numero delle aziende ispezionate, a maggio del 2003 risultavano approvati solo 21 piani di emersione sulla base dell'ultima legge del 2002, per per un totale di 80 lavoratori; questo contro i 613 piani presentati in tutto il Sud, per oltre 3.000 lavoratori coinvolti. Maggior successo - secondo Bankitalia - hanno invece avuto i cosiddetti contratti di riallineamento retributivo, varati nella precedente legislatura, per riportare gradualmente le retribuzioni di chi emerge ai livelli minimi contrattuali. Anche in Sicilia, dove il tasso di irregolarita' negli ultimi otto anni e' passato dal 20,7% al 24%, con picchi del 42,2% nel settore agricolo e del 34% nelle costruzioni. A incidere sull'aumento del lavoro irregolare in una regione come il Lazio, invece, e' soprattutto il settore dei servizi privati; e, evidentemente, quello dei grandi cantieri.
- BOOM EXTRACOMUNITARI. Se una quota sempre piu' ampia di lavoro nero o sommerso riguarda cittadini stranieri, e' vero anche che negli ultimi anni il numero dei lavoratori extracomunitari regolari e' aumentato in quasi tutte le regioni italiane. Al nord nelle fabbriche, al sud nelle campagne, al centro nel settore del lavoro domestico. Le occupazioni sono nella grandissima maggioranza quelle a piu' bassa qualifica, dove e' diventato sempre piu' difficile, se non impossibile, reperire manodopera italiana. La Calabria, maglia nera sul fronte del lavoro nero, ha fatto registrare nel 2003 un numero di lavoratori immigrati assunti regolarmente triplicato in due anni. Ma in questo campo il record spetta alla Lombardia, dove la quota di lavoratori extracomunitari rappresenta il 23% del totale nazionale. Sempre dal 2001 al 2003, in Liguria le assunzioni di cittadini extracomunitari dichiarate all'Inail sono piu' che raddoppiate. Anche nel Nordest si registra un flusso di lavoratori extracomunitari sempre piu' intenso. In Veneto rappresentano il 7,2% della forza lavoro complessiva. In Friuli Venezia Giulia sono aumentati del 17,9% in un anno.

Azienda giapponese si insedierà a S. Marco Argentano grazie al contratto di localizzazione

20/07 Si insediera' in Calabria, esattamente a S. Marco Argentano la societa' giapponese Kagome e Matsuscita (marchio Panasonic): a rendere possibile l' insediamento di questa realta' produttiva sara' la firma recente del primo contratto di localizzazione, strumento attraverso il quale lo Stato finanzia, in parte, un progetto di provenienza estera. Lo si apprende da un comunicato del sottosegretario alle Attivita' produttive, Giuseppe Galati. L' investimento del contratto di localizzazione, relativo al progetto proposto da Vegitalia (con capitale giapponese), e' pari a poco piu' di 32 milioni di euro, di cui oltre 14 milioni di intervento statale e prevede l' occupazione di 217 unita' lavorative. Dopo un anno di lavoro svolto dal Ministero delle Attivita' produttive, con visite in Giappone del ministro Antonio Marzano e del sottosegretario Galati, e con la stretta collaborazione dell' ambasciatore Mario Bova, - e' scritto nel comunicato - si concretizza la prima iniziativa del genere. ''La difficile fase economica - ha affermato si legge nella nota del Ministero - non impedisce al Governo di intervenire a favore del Mezzogiorno. Le iniziative vanno avanti secondo i programmi stabiliti. La fir ma del decreto relativo al primo contratto di localizzazione costituisce un punto fermo dell' azione del Governo''. Quello relativo a S. Marco Argentano, e' detto ancora nella nota, e' primo contratto di localizzazione che si realizza nel Paese e la scelta della Calabria quale territorio ideale punta a creare un vero e proprio distretto industriale a carattere integrativo, in un settore innovativo per il territorio. Secondo quanto riferito, inoltre, sono stati gia' avviati gli incontri con la Regione Calabria e il Ministero dell' economia per la stipula dell' Accordo di programma quadro allo scopo di favorire l' insediamento. ''Ritengo - ha sostenuto ancora Galati - che pur in un dibattito che deve centrare ancora in nuovi problemi del Mezzogiorno, l' azione del Governo prosegue dando risposte concrete ai bisogni della gente. L' attacco delle opposizioni continuera' anche sulla proposta concreta, ma la risposta nella maggioranza non puo' che essere quella programmatica con iniziative produttive e occupazione''.

Giacomo Mancini: “ I tagli ai fondi della legge 488 penalizzano il Mezzogiorno”

''Gravi danni all'economia del Mezzogiorno saranno provocati se saranno confermati i tagli dei fondi a favore della legge 488 che agevola le imprese ubicate in aree depresse del Paese''. E' quanto sostiene il parlamentare Giacomo Mancini in una interrogazione rivolta al Ministro per l'Economia, Domenico Siniscalco. ''La legge 488 - sostiene Mancini in una nota - e' giunta al diciassettesimo bando di attuazione ed ha agevolato dal 1996 circa 31.000 progetti di investimento, di cui il 67 per cento al sud, concedendo agevolazioni per circa 17.000 milioni di euro a fronte di 57.000 milioni di euro di investimenti, con un impatto occupazionale previsto di oltre 437.000 nuovi posti di lavoro, di cui 328.000 al sud''. ''Con l'attuazione di tale legge agevolativa - prosegue Mancini nell'interrogazione - si e' determinato un concreto incremento degli ordini da parte delle imprese beneficiarie delle agevolazioni a favore delle industrie italiane produttrici di macchine ed impianti in una fase di stagnazione dell'economia. Il numero di domande presentate da parte delle imprese e' in costante crescita, a dimostrazione del notevole interesse da parte del mondo imprenditoriale nei confronti di una legge che, pur presentanto degli elementi di criticita', si e' dimostrata, nel suo complesso, un valido supporto allo sviluppo delle aree depresse del Paese''. ''Attraverso il taglio dei fondi - conclude Mancini - sara' attuata una inversione di rotta relativamente ai risultati finora raggiunti in termini di sviluppo delle attivita' produttive, di creazioni di nuovi posti di lavoro e di rilancio dell'economia generale del Paese ed in particolare del Mezzogiorno''.

A San Marco Argentano siglato il primo contratto di localizzazione in Calabria

16/07 E' stato sottoscritto stamane il decreto di approvazione del progetto, della societa' Vegitalia Spa, per la realizzazione di un programma di investimenti nel settore degli alimenti precotti e surgelati. L'iniziativa, che rientra nell'ambito del progetto pilota di localizzazione, sara' realizzata nel territorio del comune di San Marco Argentano, nel cosentino. ''E' il primo contratto di localizzazione - e' scritto in una nota del Ministero delle Attivita' Produttive - che si realizza in Calabria, scelta quale territorio ideale per creare un vero e proprio distretto industriale a carattere integrativo, in un settore innovativo per il territorio''. L' iniziativa approvata per un investimento complessivo di oltre 32 milioni di euro, potra' avvalersi di una contribuzione pubblica pari ad oltre 14 milioni di euro ed avra' una notevole ricaduta occupazionale di 217 unita' lavorative. Sono stati avviati gli incontro con la Regione Calabria e il Ministero dell' Economia per la stipula dell' Accordo di Programma Quadro, volto a favorire l' insediamento e lo sviluppo dell' iniziativa nel territorio.

Progetto europeo per i Fondi rurali per circa 14 miliardi di euro.

15/07 Lo sviluppo rurale non sara' piu' il ''parente povero'' della politica agricola europea: dal 2007 fino al 2013 potra' contare ''su 13,7 miliardi di euro l'anno e il suo finanziamento si fara' con un solo fondo, un solo programma e un solo controllo''. In questi termini il commissario europeo per l'agricoltura Franz Fischler ha annunciato, oggi a Bruxelles, quelli che ha definito ''programmi di nuova generazione per lo sviluppo rurale: ossia meglio mirati, piu' ambiziosi e piu' semplici''. L'operazione e' importante in quanto punta a rendere piu' accessibile il ricorso ai finanziamenti per lo sviluppo di quasi il 90% delle aree che rientrano nel mondo rurale e dove vive la meta' della popolazione europea. E' infatti tramite lo sviluppo rurale che l'Europa contribuisce a finanziare programmi di salvaguardia del territorio e dell'ambiente, a favorire l'introduzione dei giovani in agricoltura, a creare attivita' alternative, a realizzare produzioni di qualita', a rafforzare la sicurezza alimentare, a proteggere siti rurali storici. Il nuovo Fondo sostituisce gli attuali strumenti di finanziamento per lo sviluppo rurale: ossia il Fondo di politica regionale per le aree in ritardo economico (obiettivo uno), in Italia il Mezzogiorno; il Fondo agricolo di garanzia per le aree fuori l'obiettivo uno (il centro-nord in Italia) e per le misure di accompagnamento; l'iniziativa comunitaria Leader. Al riguardo Fischler ha tenuto a sottolineare che ''le regioni del Mezzogiorno, come Calabria e Puglia, che beneficiano dell'attuale obiettivo 1 dei fondi strutturali non dovranno temere una riduzione dei fondi per effetto della concentrazione dei finanziamenti''. La nuova proposta premia anche l'iniziativa comunitaria 'Leader' per lo sviluppo rurale la cui dotazione minima verrebbe quasi raddoppiata passando dal 4% al 7% dei fondi. Per i piu' meritevoli ci sara' anche - ha detto Fischler - un fondo di riserva del 3% che sara' attribuito nel 2012-2013. Di seguito i tre grandi obiettivi.
- MIGLIORAMENTO COMPETITIVITA' - L'obiettivo punta a sostenere il miglioramento e lo sviluppo di infrastrutture in agricoltura e silvicoltura. Vengono sostenuti gli agricoltori che partecipano a programmi di miglioramento della qualita' degli alimenti e i giovani agricoltori che vogliono iniziare l'attivita'. A questo obiettivo deve andare almeno il 15% del finanziamento nazionale. L'Ue interviene finanziando il 50% degli interventi (il 75% nelle zone del futuro obiettivo di convergenza per le aree in ritardo economico, il sud in Italia).
- AMBIENTE E GESTIONE DELLE TERRE - L'Europa chiede di andare in aiuto agli agricoltori nelle aree di montagna e di sostenere il programma Natura 2000, oltre a misure di tipo agroambientale (che restano obbligatorie) e indennita' per il benessere degli animali. A questo obiettivo deve essere consacrato un minimo del 25% del finanziamento nazionale. Il tasso di cofinanziamento da parte dell'Ue e' del 55% (80% nelle aree del futuro obiettivo convergenza).
- MIGLIORAMENTO QUALITA' VITA E DIVERSIFICAZIONE - Si vuole aiutare chi desidera diversificare l'attivita' verso lavori non agricoli, ma anche aiutare la creazione di microimprese, promuovere il turismo e il rinnovo dei centri rurali. A questo obiettivo bisogna consacrare il 15% del finanziamento nazionale. Il tasso di cofinanziamento dell'Ue e' del 50% (75% nelle aree del futuro obiettivo convergenza).

Presentato il DPEF 2004 in commissione regionale “Sviluppo Economico”

14/07 E’ stato presentato oggi, in seconda Commissione “Sviluppo Economico” presieduta da Francesco Talarico, il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) per l’anno 2004. Illustrando le linee guida del documento, il direttore generale del Dipartimento “Bilancio e Programmazione finanziaria”, Renzo Turatto ha spiegato che il DPEF conferma le indicazioni dei programmi di sviluppo in atto, riformulati alla luce delle indicazioni di risultato fin qui realizzate. Nel DPEF – ha ribadito Turatto - si è tenuto conto degli indirizzi generali del Por e degli altri fondi di sviluppo. In sostanza - ha detto il direttore generale del Dipartimento Bilancio – la Giunta conferma, per il futuro, l’impostazione di base prescelta. Il DPEF segue la struttura del Programma Operativo regionale; esso è suddiviso in tre parti: “La tendenza dell’economia regionale”; “Il contesto del nuovo bilancio regionale”; “Le politiche regionali di sviluppo”. In queste ultime, si individuano le politiche di valorizzazione delle risorse territoriali; le politiche di sviluppo dei servizi a rete; le politiche per l’impresa e il capitale umano.
Nel corso dell’incontro si sono registrati diversi contributi, fra gli altri quello del consigliere Occhiuto (Udc) e dei consiglieri di minoranza Guagliardi (Rifondazione Comunista), Borrello (Ap-Udeur), Michelangelo Tripodi (Comunisti Italiani), Giuseppe Mistorni (Ppi), Franco Amendola (Ds), Luigi Incarnato (Sdi).
Muovendo dal rilievo della mancata approvazione nei termini (luglio 2003) del DPEF 2004, i consiglieri di opposizione hanno chiesto che “venga redatto un nuovo documento per il 2005 integrativo e sostitutivo di quello presentato stamani, in quanto il Documento di programmazione economico-finanziaria ha la precipua funzione di stabilire le scelte programmatiche e di indirizzo della politica regionale. Ad avviso dei consiglieri di minoranza la discussione sul DPEF (per il 2004) risulta oggi abbondantemente superata poiché il documento di programmazione economico-finanziario si pone come antecedente logico e cronologico rispetto all’approvazione del bilancio (2004) che è stato già approvato”.
Nel corso dei lavori, la seconda Commissione ha poi licenziato le due proposte di provvedimento amministrativo della Giunta regionale, relative all’adozione del marchio identificativo del sistema calabrese di B&B e quella di approvazione dello schema di Regolamento regionale.
La Commissione è stata infine aggiornata al 21 luglio, con un fitto programma di audizioni, per l’integrazione del DPEF al fine di renderlo completo e aggiornato alla data odierna e proseguirne così l’esame.
Questa la dichiarazione del presidente Francesco Talarico: “Il DPEF, che oggi abbiamo discusso, rappresenta una novità per la nostra Regione e serve approvarlo con rapidità proprio per dare una base di programmazione alla nostra Calabria. Seguiamo, di fatto, l’impostazione del bilancio dello Stato che prevede l’approvazione preliminare del documento. Ciò serve per fare il punto delle politiche di sviluppo nei diversi settori per capire lo stato attuale e per immaginare come la Regione può, con le ingenti risorse finanziarie a disposizione, far decollare i vari comparti della propria economia. La mia volontà è di approvarlo in tempi rapidi e contestualmente sollecitare la Giunta, per il varo del DPEF 2005. E’ un punto di partenza qualificante di questo Consiglio regionale e ritengo che tutti i consiglieri, al di là dell’appartenenza politica, avranno la sensibilità necessaria per dare un contributo per far sì che il due agosto (data fissata per il Consiglio), questa Regione abbia il suo DPEF. Voglio infine esprimere piena soddisfazione per l’approvazione del regolamento del B&B e del marchio identificativo che finalmente conclude un iter amministrativo di una legge ben accolta dalla comunità calabrese”.

Aumentano gli acquisti a rate in Calabria.

13/07 Sensibilissimo aumento dei prestiti personali in regione, ma segno positivo anche nei finanziamenti destinati all'arredamento e alla casa oltre che all'automobile. E' la fotografia del credito al consumo in Calabria nei primi tre mesi di quest'anno scattata da Bipielle Ducato, societa' di credito al consumo del gruppo Banca Popolare di Lodi che ha analizzato la propria banca dati interna. Bipielle Ducato, che in regione ha sei filiali (Castrovillari, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria) rileva che tra il primo trimestre 2003 e il primo trimestre 2004 i propri prestiti personali in regione sono aumentati dell'81%. Tale risultato prosegue la crescita gia' esibita nel corso del 2003 e consente a Bipielle Ducato di assorbire circa il 30% dei prestiti personali complessivamente concessi in regione. Sempre in base alla propria banca dati, Bipielle Ducato rileva come in cima alla lista degli acquisti a rate, i calabresi scelgano l'auto (sia nuova che usata); seguono nell'ordine le spese per l'arredamento e la casa, per l'elettronica e l'acquisto di motori e ciclomotori. Nei primi tre mesi di quest'anno tutti questi segmenti risultano in sensibile aumento per la societa', con percentuali variabili dal 14 al 28%. ''La possibilita' di fare acquisti a rate - afferma Rodolfo Cavallo, vicedirettore generale Bipielle Ducato - non solo consente di gravare meno sul bilancio familiare dilazionando e pianificando meglio le uscite, ma offre anche l'opportunita' di comprare beni, a cui viceversa si sarebbe costretti a rinunciare. Il ricorso al credito al consumo e' stato recentemente favorito dall'abbassamento dei tassi legati alla flessione del costo del denaro e alla concorrenza tra gli operatori del settore che hanno introdotto piu' competitivita' dal lato dell'offerta, portando vantaggi di costo per i clienti finali''.
Rispetto al 2002 l'incremento dei volumi finanziati e' stato del 12,4%, secondo i dati Assofin analizzati da Bipielle Ducato. A livello nazionale la crescita del mercato del credito al consumo si e' attestata al 16,8% con oltre 33 miliardi di euro di finanziamenti concessi; la Calabria rappresenta il 3,3% del mercato nazionale ed e' l'undicesima regione per volume di finanziamenti concessi, pari a poco piu' di 1 miliardo di euro. Si colloca pero' all'ottavo posto nel mercato dei prestiti personali diretti (151 milioni di euro) che costituiscono il 15% del totale finanziato in regione: solo Sicilia (21%) e Puglia (16%) hanno valori piu' consistenti. Sono invece ancora poco diffuse le carte di credito revolving: la Calabria rappresenta appena il 2% del mercato nazionale e in regione passano attraverso carte revolving appena il 5,4% degli acquisti rimborsati a rate (e' il 31% in Toscana e il 20% in Lombardia). In media nel 2003 ogni calabrese ('18 anni) per un acquisito con carta di credito rateale ha speso 33,49 contro 272,49 dei toscani ('18 anni). Come nel resto d'Italia, anche in Calabria il credito al consumo in larga parte e' rivolto all'acquisto rateale di auto nuove e usate: viene destinato a tale tipologia di bene il 54% del totale dei finanziamenti totali concessi.

Progetto pilota di Unicredit a Rende sul credito localizzato

12/07 Unicredit Clarima Banca, la banca del gruppo Unicredit specializzata negli strumenti di pagamento e nel credito al consumo, promuove la prima rete di agenzie sul territorio specializzate nell'offerta di credito localizzata. Ne da' notizia un comunicato, secondo cui le citta' selezionate per il progetto pilota, che si svolgera' nel corso del secondo semestre dell'anno, sono Milano, Roma, Napoli, Bari, Cagliari, Catania, Palermo, Pisa e Rende (Cosenza). La rete verra' poi estesa nel 2005 in tutta Italia. L'istituto conta cosi' di sfruttare il successo registrato sul mercato del credito in consumo in Italia che ha visto una crescita del 16% nel 2003 e del 22% nel 2002. La presenza geografica delle prime agenzie di Unicredit Clarima Banca risulta, si legge nella nota, particolarmente concentrata nel centro-sud Italia perche' in tale area la propensione all'indebitamento e, soprattutto al microindebitamento, e' sensibilmente maggiore rispetto al resto d'Italia. L'avvio della rete fisica di agenzie comportera' indicativamente, entro la fine del 2004, l'assunzione di 60 dipendenti e oltre 70 consulenti.

Calbiani: “Banca Carime è aperta al territorio. Previsti incontri formativi con gli imprenditori”

08/07 “Stiamo organizzando per l'autunno una serie di incontri formativi a Bari, Lecce e Cosenza. Non le classiche conferenze, ma incontri di lavoro con 30-40 imprenditori, direttori finanziari, ragionieri. Quattro giornate di
lavoro insieme per realizzare un percorso comune formativo e informativo”. Lo afferma in un'intervista al quotidiano ''La Gazzetta del Mezzogiorno'' Marcello Calbiani, amministratore delegato Carime, l'unica banca italiana iscritta all'Assindustria. “Un itinerario faticoso ma indispensabile - ha detto ancora Calbiani -. Noi vogliamo fare un passo avanti nella consulenza per fare un discorso comune con i consulenti degli imprenditori. Bisogna tener conto che, alla fine - spiega l'amministratore delegato -, per l'imprenditore buono, onesto, che ha programmi seri, i soldi si trovano e, con i tassi che sono bassi per le imprese, non c'e' questa grossa differenza tra Nord e Sud. Anzi, direi - conclude - che oggi le buone aziende meridionali hanno condizioni piu' favorevoli rispetto a quelle buone settentrionali. In questo momento Carime puo' contare su una stabilità ordinativa di sistema e soprattutto un modello federale focalizzato per prodotti importanti e specifici in grado di ammortizzare le differenze ma anche di soddisfare le diverse esigenze dei territori, degli imprenditori, degli artigiani, dei commercianti”. ''Ma vogliamo anche - conclude l'amministratore delegato - essere vicini alla cultura come gia' dimostrato con l'azione di aiuto alle sovrintendenze di Matera, Cosenza e Salerno per il ripristino di monumenti e opere d'arte''.

Corso per giovani imprenditori organizzato dalla Coldiretti a Rende

06/07 “La formazione non sara' staccata dalla vita e aiutera' ciascuno a sentirsi protagonista nel processo di rigenerazione dell'agricoltura. E' importante che durante il percorso formativo ogni partecipante si responsabilizzi verso la propria crescita''. E' quanto sostiene in una nota il delegato regionale dei giovani della Coldiretti della Calabria, Andrea Piacentini, circa l'inizio del corso 'Vivaio dei Talenti'. L'attivita' formativa, rivolta a giovani imprenditori agricoli, iniziera' domani pomeriggio a Rende. Il Progetto ''Vivaio dei Talenti'' avra' una durata di due anni suddivisa in moduli formativi di teoria e pratica. Al corso parteciperanno diversi giovani con una eta' al di sotto dei 25 anni, della Coldiretti calabrese provenienti da tutte le province. ''Il progetto prevede - e' scritto in una nota - la costruzione di un piano di azione provinciale realizzato dai partecipanti al Vivaio dei Talenti di ciascuna provincia, che progetti il ruolo del Movimento giovanile nell'accompagnamento delle imprese per lo sviluppo del territorio secondo le metodologie di analisi e di progettazione proprie del Programma di Azione Territoriale, strumento di cui Coldiretti si e' dotata”.

Approvato il bilancio di esercizio di FIDImpresa

06/07 L'assemblea dei soci di Fidimpresa ha approvato il bilancio di esercizio 2003 che ha un avanzo di gestione, al netto delle imposte, pari ad oltre 18.000 euro. Il Consiglio di Fidimpresa ritiene opportuno rilanciare le proprie iniziative ''diversificando - e' scritto in una nota - tra attività di servizio ai soci ed attività di garanzia finalizzata a specifici soggetti. In tema di servizi Fidimpresa sta portando avanti la progettazione di un modello di Rating da sottoporre successivamente a validazione. Questa iniziativa, con il supporto tecnico dell'Università Bocconi Sda, prevede anche il coinvolgimento diretto del sistema bancario dalla Calabria. Quest'azione di garanzia, abbinata ad una eventuale agevolazione sugli interessi attraverso la Legge Regionale n.7/2001, potrebbe assumere un valore molto importante anche in considerazione degli ultimi dati forniti dalla Banca d'Italia che segnalano la Calabria come la regione nella quale l'incidenza del credito a breve termine su quello a medio lungo termine e' la più alta che nel resto del paese e come, soprattutto, essa non sia decresciuta caratterizzando le imprese calabresi come le imprese piu' sbilanciate nel credito a breve''. ''Indirizzare la garanzia - prosegue la nota - su progetti specifici cosi' come possono esserlo quelli riguardante la progettazione integrata. Su questo versante infatti, alla luce delle scelte che la Regione Calabria sta operando, tutte le possibilità di agevolazioni saranno trasferite sui 23 P.I.T. regionali ed i soggetti gestori delle agevolazioni, quelli gia' accreditati presso la Regione stessa, Mediocredito ed Artigiancassa. La cooperativa di garanzia ritiene che l'indirizzo indicato sia coerente con l'evoluzione del modo dei consorzi fidi scaturenti da un lato dalle regole introdotte dall'accordo di Basilea 2 e dalle normative statali dall'altro''. ''Alla luce del rinnovato entusiasmo - conclude la nota - e del forte convincimento della bontà dei programmi per come in maniera scarna precedentemente illustrati, Fidimpresa auspica, quindi, un pronto dialogo con l'intero sistema dei Confidi calabrese e una fattiva interazione con la Regione Calabria per l'immediata cantierizzazione delle proprie proposte progettuali''.

Assindustria Cosenza: "La manovra economica penalizza il Sud"

05/07 "Le anticipazioni sulla manovra economica del Governo stanno suscitando comprensibili preoccupazioni, soprattutto nelle imprese che operano nel Sud del Paese. " Questo è quanto sostiene la nota di Assindustria Cosenza che nel suo documento poi afferma: "La manovra rischia di essere particolarmente penalizzante per il Mezzogiorno: i tagli sia agli incentivi, sia alle risorse per gli investimenti pubblici, prima di tutto infrastrutturali, sono in contraddizione con le motivazioni stesse della manovra, considerato che occorre sostenere investimenti e produttività e che ciò richiede soprattutto di accrescere e rinnovare il capitale fisso italiano.La posizione di Confindustria è stata nei giorni scorsi fin troppo riduttivamente sintetizzata nello slogan “un euro in meno di agevolazioni, un euro in meno di Irap”. In realtà, tale semplificazione non mette nella giusta luce il punto di vista del sistema più rappresentativo delle imprese industriali del Paese. Per quanto riguarda gli incentivi, gli industriali hanno più volte ribadito che il sistema attualmente in vigore deve rimanere operativo fino a tutto il 2005, come si era convenuto con il Governo in occasione della Finanziaria del 2003. Naturalmente è sempre possibile discutere eventuali modifiche in grado di rendere gli strumenti più funzionali e mirati, ma esse vanno introdotte con gradualità per consentire alle imprese di tener conto nella programmazione degli investimenti dei cambiamenti del quadro normativo.Rimane il punto importante della riduzione dell’Irap. Eventuali riduzioni degli incentivi in conto capitale debbono essere compensate creando una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, attraverso l’introduzione di aliquote Irap differenziate a livello territoriale. Gli industriali cosentini non possono accettare i tagli proposti dal Governo e che si concretizzano in 1,25 miliardi di euro, il 6% dei fondi da erogare. Complessivamente il rischio è quello di vedersi azzerare i bandi della legge 488 per gli investimenti per un ammontare di 750 milioni di euro; altri 250 miioni di euro verrebbero tagliati ai patti territoriali e contratti di programma e 150 milioni di euro comprensibili preoccupazioni alla Legge Visco sul bonus-occupazione! La chiave di lettura della manovra del Governo induce, ancora una volta, a pensare che non esiste una politica per lo sviluppo del Sud."

PIL nazionale in rialzo grazie all’export. Il sud in aumento (+4%) ma la Calabria resta in coda, ultima nel PIL regionale con lo 0,7%.

01/07 Migliora il quadro internazionale e l'economia delle regioni italiane riprende vigore. Nel 2004 la spinta della domanda estera (+4,4%) dovrebbe ribaltare infatti il risultato negativo del 2003 (quando il nostro export chiuse a 5%), spingendo il Pil verso quota +1,4%. Alla performance positiva dell'export, secondo le stime di Unioncamere, si dovrebbe aggiungere una decisa ripresa degli investimenti in macchinari (+3,6%, contro il -4,9% dello scorso anno), mentre piu' contenuto, anche se in netta ripresa, potrà essere l’impatto dei consumi delle famiglie (+1,8% rispetto all1% del 2003).
- Sintesi: Il Pil 2004, si legge in una nota, dovrebbe registrare il valore più elevato al Nord-Est (1,5%), seguito dal Nord-Ovest (1,4%, esattamente pari alla media del Paese) e da Centro e Mezzogiorno (che potranno chiudere entrambe a 1,3%). Alla crescita del prodotto interno lordo contribuira' in misura maggiore il settore dei servizi, con un incremento del +1,9%, a
fronte dell'1,2% dell'industria. A livello territoriale, l'export 2004 si annuncia in crescita equilibrata in tutte le aree del Paese, a cominciare dal Nord-Est (+4,5%), seguito da Nord-Ovest, Mezzogiorno e Centro, distanziati ciascuno da un decimo di punto. Piu' differenziata la ripresa degli investimenti fissi: le previsioni confermano leader il Nord-Est (+4,1%), incalzato da vicino dal Mezzogiorno (+4,0%); seguono Nord-Ovest (+3,7%) e Centro (+2,5%).
- Il prodotto interno lordo (PIL) nelle regioni: Saranno l'Emilia Romagna e il Trentino Alto Adige (entrambe a +1,8%) le regioni che nel 2004 potranno crescere di piu'. Subito
sopra la media nazionale si attestano Abruzzo, Liguria ed Umbria, tutte a +1,5%. Sotto l'1% si collocano solamente due regioni: Calabria (0,7%) e Molise (0,9%), meno dinamiche delle altre anche se in significativa ripresa rispetto allo stagnante 2003.
- Export: Deprezzamento del dollaro sull'euro, politiche monetarie e fiscali espansive, forte dinamica delle economie orientali sono alla base della spinta su consumi e investimenti a livello
mondiale e dei positivi effetti sul nostro Paese. Grazie al forte incremento della domanda proveniente dalla Cina, dagli altri paesi asiatici, dall'Est europeo e dagli Stati Uniti, le
esportazioni italiane potranno ricevere un forte impulso che si dovrebbe prolungare anche nel 2005 (4.5%). Le regioni che nel 2004 beneficeranno di piu' della domanda estera saranno la Liguria (+7,8%), la Puglia (+6,7%) e la Campania (5,5%). Tutte le regioni meridionali, a parte la Basilicata (-1,4%) e l’Abruzzo (+1%), dovrebbero registrare tassi di crescita delle esportazioni superiori alla media nazionale.
- Investimenti: La ripresa internazionale, secondo Unioncamere, sta contribuendo a creare i presupposti per un recupero dell'attivita' di investimento da parte delle imprese. Dopo la
caduta dello scorso anno (-4,9%), nel 2004 la spesa per investimenti in macchinari, impianti e mezzi di trasporto dovrebbe crescere ad un ritmo del 3.6%. A livello locale, la crescita maggiore di questa componente della domanda è prevista in Campania (5,8%), Molise (4,9%) e Veneto (4,8%). Lazio, Toscana e Sicilia fanno invece segnare gli incrementi più contenuti (rispettivamente 2,1, 2,6 e 2,7%).
- Consumi delle famiglie: Le prospettive per il 2004 sono di una crescita vivace (1,8%), piu' forte in Lombardia (2,2%), in Veneto e in Umbria (2,0%). In linea con la media nazionale si trovano l'Emilia Romagna (1,9%) e la Toscana (1,8%), mentre le performance piu' deludenti potrebbero interessare il Trentino Alto Adige (1,3%) e la Val d'Aosta (1,4%). Le regioni del Mezzogiorno presentano ancora qualche difficolta' in piu', mantenendosi al di sotto della
media nazionale, con Campania (1,5%) e Calabria (1,6%) attestate sui livelli piu' bassi.
- Occupazione: Anche nel 2004, per Unioncamere, il mercato del lavoro dovrebbe continuare a presentare un andamento soddisfacente. Per l'anno in corso si prevede, infatti, una crescita delle unita' di lavoro pari allo 0,8% (superiore a quella dello scorso anno, quando fu dello 0,5%). A livello regionale, gli incrementi maggiori dell'indicatore si prevedono in Molise (1,8%), Sicilia (1,6%) e Basilicata (1,5%). Le variazioni piu' contenute si registreranno, invece, in Piemonte e Lombardia (0,4%), ed Emilia Romagna (0,5%). Questa dinamica si potrà tradurre in un graduale
aumento del tasso di occupazione specifico (15-64 anni), che passa dal 56,0% del 2003 al 56,6% quest'anno. L'incremento occupazionale dovrebbe, inoltre, comportare una lieve discesa
del tasso di disoccupazione dall'8,7% nel 2003 all'8,5% quest'anno.

Nuove assunzioni al SanPaolo-Banco di Napoli

28/09 L'amministratore di SanPaolo Banco di Napoli, Bruno Picca, incontrando i sindacati, ha confermato l'assunzione, entro il 2004, di 75 nuovi dipendenti. 50 lavoreranno in Campania, 15 in Calabria e Lucania, 10 in Puglia. Picca ha anche annunciato che saranno trasformati a tempo indeterminato 10 contratti a termine per altrettanti lavoratori impegnati in Campania. L'a.d. di SanPaolo Banconapoli ha spiegato ai sindacati che il SanPaolo-Imi da parte sua, e' orientato a trasformare a tempo indeterminato i contratti di altri 50 dipendenti impegnati nelle strutture di Napoli. In totale, il piano delleassunzioni a tempo indeterminato dell'intero gruppo
assommerebbe a 135 unita'.

L’ass. Gallo lancia l’allarme: "Crisi finanziaria, tagli ai comuni fino al 68%"

26/06 “Il primo rapporto sulle finanze dei comuni calabresi, curato da Lega delle Autonomie conferma che la maggioranza dei comuni si trova in una situazione di crisi finanziaria, per il fatto che nell’ultimo decennio il sistema di finanziamento dei comuni ha subito uno stravolgimento epocale. La fiscalità locale è andata assumendo sempre maggiore importanza a fronte di un progressivo disimpegno dello Stato, per il raggiungimento degli obiettivi del Patto di stabilità. Secondo i dati contenuti nel rapporto, dal 1996 al 2002 i trasferimenti statali hanno subito un calo dal 68,20 al 56,1% e l’autonomia finanziaria è aumentata dal 31,8 % al 43,9%. I comuni calabresi, pertanto, soprattutto negli ultimi due anni, sono stati costretti a tagliare spese e ad aumentare le entrate, ma in alcuni casi non sono più in grado di fornire servizi essenziali. E’ bene sottolineare che le entrate del Comune di Cosenza sono destinate ormai quasi interamente a coprire le spese fisse dell’Amministrazione, tra cui quelle del personale interno ed esterno, che opera in gran parte in varie cooperative sociali. L’Amministrazione è riuscita a rispettare il patto di stabilità e a compensare i tagli dei trasferimenti dello Stato, soprattutto riducendo o eliminando varie spese ed aumentando la pressione fiscale, anche se si è cercato di salvaguardare l’occupazione e le fasce più deboli. Obiettivo questo che deve essere ulteriormente perseguito. Considerando la carenza di fondi ordinari, si è cercato, pertanto, di cogliere soprattutto opportunità di finanziamento esterne, per finanziare progetti di sviluppo e di inclusione sociale, ottenendo risultati verificabili da tutti. Sono da sottolineare, tra gli altri, il finanziamento di grandi programmi di investimento come il PSU e il PRU, la sponsorizzazione di grandi eventi culturali da parte di privati, che hanno dato alla città visibilità nazionale e possibilità di attrarre flussi turistici. Da sottolineare, inoltre, che il PSU non prevede solo opere pubbliche ma anche interventi per categorie deboli. In particolare per le persone con disabilità è previsto il potenziamento del servizio di assistenza domiciliare, del servizio taxi e la realizzazione di una piscina per la riabilitazione e lo sport per tutti, che costituisce il primo lotto del progetto del centro di ricerche biomediche. Ma ricordo anche l’avvio di rapporti con grandi gruppi industriali come la Fiat, per un progetto di ricerca sulla mobilità difficile, l’approvazione di progetti da parte del servizio civile nazionale per l’utilizzo di giovani volontari per attuare interventi finalizzati all’integrazione sociale delle persone con disabilità e alla realizzazione di itinerari verdi nel parco naturale costituito dalle colline a sud della città, il cui avvio mi auguro possa essere definitivamente autorizzato a breve. In questa difficile situazione in cui si trova la stragrande maggioranza degli enti locali italiani, mi permetto di osservare, pertanto, che mettere ulteriormente a rischio l’equilibrio finanziario del Comune di Cosenza costituirebbe un danno per l’intera collettività.”

Convegno di Banca Carime sulla riforma fiscale e sulla legge finanziaria martedì 30 a Cosenza

25/06 “Il Nuovo Quadro Legislativo - riforma fiscale e legge finanziaria, riforma societaria, nuova tassazione delle imprese, Ias, riforma del diritto societario”: questi gli argomenti che verranno approfonditi nel corso del convegno che si terra' martedi' pomeriggio a Cosenza presso la Sala convegni del Centro direzionale di Banca Carime. L' iniziativa, promossa dalla stessa Carime in collaborazione con l' Ordine dei dottori commercialisti ed il Collegio dei ragionieri commercialisti di Cosenza, rientra nell'ambito di un piano complessivo messo a punto dall'istituto di credito con l'
obiettivo di rinsaldare il rapporto con il territorio e costruire una linea collaborativa fra tutte le parti interessate
a proporsi come soggetti attivi e protagonisti della crescita del Mezzogiorno.

Secondo Bankitalia, economia calabrese in rallentamento. Bene turismo e trasporti, agricoltura e industria in calo

24/06 Occupazione in lieve progresso, in calo agricoltura e industria, bene il settore turistico e quello dei trasporti. Questi i principali sull'economia calabrese nell'anno 2003 secondo il consueto rapporto annuale della Banca d'Italia elaborato su dati Istat. Per Bankitalia, è proseguita la fase di rallentamento dell'economia iniziata nel 2002. Secondo le stime dei principali istituti di ricerca, citati dall'istituto d'emissione, la crescita del Pil, a prezzi costanti, oscilla tra tassi di crescita prossimi alla media nazionale (0,4 per cento) sino a variazioni negative. “Si e' cosi' interrotta - si legge nelle note di Bankitalia, illustrate dal direttore della filiale catanzarese, Cagnazzo, una fase di sviluppo – cui aveva contribuito anche la ripresa dei flussi di spesa pubblica, destinati allo sviluppo della regione - che tra il 1997 ed il 2001 aveva portato la crescita media annua del PIL regionale (2,3 per cento) lievemente al di sopra del dato nazionale (2,0 per cento)''. Nel 2003 il valore aggiunto a prezzi costanti e' calato in quasi tutti i principali comparti produttivi. Le riduzioni piu' intense si sono avute nell'agricoltura (-8,0 per cento) e nell'industria in senso stretto (-2,2 per cento), dove produzione e ordinativi sono rimasti su livelli inferiori rispetto al 2002. Le esportazioni a prezzi correnti sono, invece, aumentate, dopo la flessione dell'anno precedente, ma rimangono modeste in rapporto al PIL regionale. L'attività' del settore edilizio, dopo il brusco calo nel 2002, e' rimasta sostanzialmente invariata. Il comparto dell'edilizia privata ha risentito del calo della domanda di ristrutturazione di abitazioni e degli investimenti delle imprese. E' invece cresciuto - sottolinea Bankitalia – il valore delle opere pubbliche, avviate nell'anno. I flussi di cassa in uscita per investimenti diretti delle Amministrazioni locali sono aumentati del 6,2 per cento a 550 milioni di euro circa. Il valore delle vendite degli esercizi commerciali e' cresciuto dell'1,7 per cento, dopo la flessione del 2002. Il numero di nuove attività avviate nel settore e' stato solo di poco superiore a quello delle attività cessate. Gli arrivi e le presenze turistiche hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti, prossimi al 10 per cento, risultando concentrate per circa l'80 per cento nel periodo estivo. La movimentazione di contenitori nel porto di Gioia Tauro e' rimasta prossima agli elevati livelli toccati nel 2002; il traffico ferroviario di merci e', invece, aumentato del 19,5 per cento. Il numero di passeggeri in transito negli scali portuali ed aeroportuali della regione Calabria e' risultato, complessivamente, in crescita. L'occupazione e' aumentata di 5600 unita', pari all' 1 per cento (2,4 nel 2002) ''anche per effetto del calo dei flussi in uscita da parte dei lavoratori di eta' piu' elevata''. L'incremento si e' concentrato nella componente femminile (4.200 unita') e, come nell'anno precedente, ha riguardato soprattutto i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato (2,6 per cento). Il tasso di disoccupazione si e' ridotto per il quarto anno consecutivo (1,2 punti, al 23,4 per cento), ''ma rimane ampiamente superiore sia ai livelli del 1993, sia alla attuale media italiana”. Il ritmo di espansione del credito, concesso alle controparti residenti in regione, sempre nel 2003, “si e' mantenuto elevato, al 7,5 per cento, superiore a quello medio nazionale. La rilevante ricomposizione realizzatasi dai prestiti a breve termine verso quelli a medio e a lungo termine, ha interessato - secondo la Banca d'Italia - prevalentemente, il settore delle imprese. I mutui alle famiglie consumatrici sono cresciuti del 36 per cento, raggiungendo i 350 milioni di euro. La debole congiuntura dell'ultimo biennio non si e' tradotta in un peggioramento della qualita' del credito. Nel 2003 l'incidenza delle sofferenze sul totale dei prestiti e' diminuita per il terzo anno consecutivo; si e' ulteriormente ridotto il flusso di nuove sofferenze. Le condizioni di offerta del credito si sono mantenute distese”. La raccolta delle banche e' cresciuta dell'l,2 per cento, ''in forte decelerazione rispetto al 2002. Determinante e' stato il rallentamento della raccolta rilevato presso le famiglie (0,4 per cento), soprattutto nei depositi e nelle obbligazioni. E' ancora diminuito il valore dei titoli depositati presso le banche. I tassi d'interesse sulle operazioni a breve termine sono diminuiti dal 7,8 al 7,3 per cento; sono ulteriormente diminuiti anche i tassi a medio e lungo termine (dal 5.8 al 5,2 per cento). I tassi sui depositi sono calati di 0,5 punti percentuali allo 0,7 per cento. Rispetto al 2002, ''e' diminuito il numero di banche operanti in regione ed e' rallentato il ritmo di crescita degli sportelli operativi. E' proseguita la crescita di POS e ATNI; tra gli strumenti di pagamento e' ulteriormente aumentato l'utilizzo di carte di credito''.

I comuni calabresi battono cassa. Rapporto di LegAutonomie

24/06 Il primo rapporto sulle finanze dei comuni calabresi, curato da Claudio Cavaliere e Giuseppeina Rubino per conto di LegAutonomie Calabria, rivela che la maggioranza degli enti locali vive una seria crisi finanziaria. “Quello che vogliamo offrire ai 409 comuni calabresi - ha detto nel corso di un incontro con la stampa il presidente di Legautonomie, Antonio Acri - e' uno strumento in piu' di conoscenza. Da questo primo rapporto emerge con chiarezza la difficoltà di molti enti locali a chiudere i bilanci, soprattutto in seguito ai tagli decisi dal Governo. Per esempio, a Santa Maria del Cedro, nel Cosentino, gli amministratori devono fare a meno del 34% delle risorse statali, mentre a Panettieri, centro con poche centinaia di abitanti, il sindaco deve fare anche l'autista dello scuolabus e del camion dei rifiuti. E' una situazione grave - ha sottolineato Acri - che espone soprattutto i sindaci, ai quali i cittadini chiedono risposte che non possono essere date per mancanze di risorse finanziarie. In Calabria, quindi, fare l'amministratore e' difficile e comporta una serie di rischi. Nei primi mesi di quest'anno sono gia' oltre 40 le intimidazioni ai danni dei sindaci. Cosi', effettivamente, non si può andare avanti''. In Calabria - hanno detto i dirigenti di Lagautonomie - c'e' il piu' alto tasso di fiscalizzazione, al quale, pero', non corrisponde una maggiore qualita' dei servizi, anzi l'esatto contrario. Secondo il curatore del rapporto di LegAutonomie, Cavaliere,''la situazione della finanza locale calabrese e' molto seria anche in considerazione del fatto che nell'ultimo decennio il sistema di finanziamento dei comuni ha subito uno stravolgimento epocale. La fiscalita' locale e' andata man mano assumendo sempre maggiore importanza, a fronte di un progressivo disimpegno finanziario dello Stato, in seguito al raggiungimento degli obiettivi del Patto di stabilita'. I sindaci, quindi, per far quadrare i conti hanno dovuto spremere i loro territori come limoni e contenere la spesa in molti comparti”. Cavaliere ha sottolineato il lavoro delle amministrazioni comunali, che hanno rispettato il Patto di stabilita', ma con serie ripercussioni sulle tasche dei cittadini e sulla qualita' dei servizi. Secondo il rapporto, che ha preso in esame i dati relativi agli anni dal 1996 al 2002, fonte Ministero dell'Interno, gli indicatori economico strutturali medi dei comuni calabresi segnalano un aumento dell'autonomia finanziaria, dal 31,80% al 43,90%, una calo dei trasferimenti statali, dal 68,20% al 56,10%, ed una ripresa della rigidita' strutturale, cioe' le somme gia' impegnate per il funzionamento degli stessi enti. La Calabria, tra le regioni a statuto ordinario, e' quella che ha il maggior numero di comuni con il peggior grado di autonomia finanziaria, anche in seguito ad una scarsa capacita' di riscossione dei tributi locali. Il rapporto evidenzia anche un aumento della pressione tributaria pro-capite, passata da 171,56 euro del 1996 a 283,50 euro del 2002, registrando un aumento del 65%. La pressione tributaria e' aumentata soprattutto nei centri con oltre quindicimila abitanti, mentre in quelli con meno di mille abitanti e' addirittura scesa del 34,7%. Il cittadino piu' ''tartassato'' dal fisco locale, nel 2002, e' stato quello di San Nicola Arcella, mentre quello che ha subito il prelievo piu' leggero e' il cittadino di Zaccanopoli. Secondo il rapporto di LegAutonomie Calabria, dopo San Nicola Arcella (CS), i comuni a piu' alto tasso pro-capite di pressione fiscale sono Praia a Mare (CS), Santo Stefano in Aspromonte (RC), Montauro (CZ) e Roseto Capo Spulico (CS). Questi comuni sono anche quelli che hanno fatto registrare, sempre nel 2000, una autonomia finanziaria ben al di sopra della media regionale. Al contrario, il comune con la piu' bassa autonomia finanziaria e' risultato quelli di Nardodipace (VV) con il 10,4%, con altri diciannove comuni che non raggiungono un grado di autonomia del 20%, e tra questi anche San Giovanni in Fiore (CS) ed Isola Capo Rizzuto (Kr), centri con oltre diecimila abitanti. Tra i capoluoghi di provincia e' Cosenza a far registrare il piu' alto carico tributario pro-capite, poi ci sono Crotone, Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria. Vibo, pero', e' la citta' con maggiore autonomia finanziaria. Sempre nel 2000, i cittadini che hanno pagato di piu' per sostenere il personale dipendente del proprio comune sono quelli di Bova (RC), in coda quello di Orsomarso (CS). In una ipotetica graduatoria, il comune che complessivamente ha fatto registrare i peggiori indicatori economico strutturali nel 2000, sarebbe Laganadi (RC), a seguire Zaccanopoli (CS), Castroregio, San Giorgio Albanese e Pizzoni, tutti centri con pchissimi abitanti. L'ultima annotazione del rapporto di Legautonomie riguarda il 'caso' dell'addizionale Irpef, che in Calabria nel 1999 veniva applicata dal 35,7% dei comuni, e nel 2002 il dato e' passato al 62,6%.

La Regione promuove un iniziativa a favore delle PMI agricole

23/06 “L' iniziativa e' nata per compensare il bisogno del territorio legato alle categorie svantaggiate che abbiano come interesse l' agricoltura”. E' quanto sostengono il Dirigente Generale del Settore delle Politiche Sociali della Regione, Antonio Bonura, ed il dirigente di servizio all' interno del Settore delle Politiche Sociali, Vincenzo Caserta, circa l' iniziativa in favore delle piccole e medie imprese nel settore dell'agricoltura che verra' illustrata domani a Lamezia Terme. All'iniziativa partecipera' anche il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, Gianni Alemanno. “E' un' intuizione che e' emersa da una concertazione - hanno aggiunto - tra noi ed il comparto agricolo, ed e' stata giustamente condivisa in sede politica dal Consiglio Regionale che ha risposto con un impegno concreto in termini sia finanziari sia progettuali. L' iniziativa, realizzata in collaborazione con l' AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, nasce anche dal convincimento che si tratta di un' idea certamente innovativa, stimolante sia per il Settore delle Politiche Sociali sia per le imprese che potranno ricevere il nostro sostegno”. “Siamo consapevoli - hanno concluso - del fatto che il nostro intervento non sarà sicuramente esaustivo ma costituirà un input positivo per contribuire a creare un' economia diversa, un'economia integrata che valorizzi sia le categorie svantaggiate sia il settore stesso dell' agricoltura che comunque e' un settore economico trainante a livello regionale”. Il Presidente dell’AGEA, Antonio Buonfiglio ha poi aggiunto, “Stiamo sperimentando il passaggio da una politica di aiuti di mera integrazione al reddito dell' agricoltore a misure di accompagnamento al mercato. Come nel caso del fondo rotativo per la coltura del bergamotto e l' assistenza tecnica a questo bando a favore delle piccole e medie imprese a sfondo sociale ed etico in agricoltura”.

Fondazioni A.c.r.i.: Approvati sei progetti in Calabria

23/06 Con la scelta di 41 progetti, 21 con bando e 20 per assegnazione diretta, si concretizza l'iniziativa 'sviluppo Sud', promossa dall'Acri e realizzata da 45 fondazioni di origine bancaria per la creazione di distretti culturali nel meridione d'Italia: Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania, Puglia, Molise e Basilicata. Si tratta di iniziative scelte fra oltre 270 progetti, che hanno superato un "accurato esame di congruità ai criteri di assegnazione stabiliti" che mira a coniugare la salvaguardia dei patrimoni artistici locali "con un concreto obiettivo di sviluppo economico". L'iniziativa voluta dall'Acri, la cui prima edizione ha messo a disposizione dei progetti 26 milioni di euro, finora ne ha assegnati 22,5, è nata, spiega l'associazione, per "riequilibrare a livello nazionale quel contributo di risorse destinate alla crescita del territorio che le fondazioni, maggiormente presenti nel nord e nel centro del Paese, erogano prevalentemente alle loro collettività (provincia di appartenenza 67% o regione 91%)". "La volontà di riequilibrare a livello nazionale il vantaggio della presenza delle fondazioni sul territorio - ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri - è il frutto del senso di responsabilità che il nostro ruolo di soggetti eticamente motivati ci suggerisce. Con piena autonomia e libertà – ha sottolineato Guzzetti - abbiamo scelto di esercitarlo, evitando qualsiasi approccio di carattere assistenziale, bensì mirando con l'integrazione del nostro supporto a mobilitare le risorse locali disponibili anche nei territori meno ricchi di fondazioni o che ne siano del tutto privi". La scelta è stata privilegiata da progetti costruiti 'dal basso' e fondata su processi di partenariato a livello locale; da idee che si integrano con la programmazione regionale legata anche
all'utilizzo dei fondi strutturali comunitari 2000-2006; pensando a produrre ricadute economiche sul territorio in tempi ragionevolmente contenuti e rilevanti sul lungo termine; anche volendo favorire la capacità di 'fare rete', innescando processi di integrazione intersettoriale per migliorare l'attrattiva di un'area-distretto. Tredici progetti li ha vinti la Campania, sei la Calabria,
quattro la Puglia, otto la Sicilia, sette il Molise, uno la Basilicata e due la Sardegna. Si va da nuovi allestimenti mussali e-o espositivi, alla predisposizione di itinerari e di cartellonistica, all'allestimento di centri servizi per la fruizione culturale del luogo, a stampe guidate e sussidi didattici, alla vendita di prodotti agroalimentari e artigianali tipici, sino alla formazione di personale specializzato e ad accordi con istituzioni scolastiche e-o universitarie. Tra i progetti l'edizione 2004 del Ravello Festival in Campania, la costruzione di un percorso pedonale nel ninfeo di Villa San Marco nell'antica stabia a Pompei, alla Casa dei Saperi e dei Sapori di Roghudi (Reggio Calabria), laboratorio attivo dedicato all'esposizione e divulgazione di memorie e tradizioni locali nonché alla vendita di prodotti tipici, a poli telematici mussali come quello che verrà realizzato a Castellana nei locali dell'attuale museo delle grotte di Bari.

 

In Calabria solo 248.754 persone hanno scelto il CAF per la presentazione del 730. In Italia sono 14,5 milioni

23/05 Nel 2004 sono stati 14 milioni e mezzo i cittadini che si sono rivolti ai 15 mila sportelli CAF per la presentazione del modello 730 e per consegnare la busta contenente la scelta della dichiarazione dei redditi dell'8 per mille dell'Irpef. E' quanto e' emerso nel corso del convegno che si e' svolto oggi a Roma promosso dal CNEL dal tema "L'evoluzione del sistema fiscale e il ruolo dei CAF". I 72 CAF esistenti nel nostro Paese con i loro 15 mila sportelli (attualmente autorizzati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze) assistono ogni anno oltre 14 milioni di cittadini per la dichiarazione dei redditi, 2 milioni e mezzo di famiglie per la compilazione e presentazione delle dichiarazioni ISEE, 7 milioni di pensionati per l'assistenza alla compilazione e invio del modello RED e 10 milioni di contribuenti per tasse, tributi locali e altri adempimenti fiscali (successioni, contenzioso ecc). "I CAF e le loro associazioni promotrici – ha sottolineato il Coordinatore della Consulta Nazionale, Valeriano Canepari - sono gia' punti di riferimento per milioni di cittadini contribuenti. Stiamo attrezzandoci per dare risposte sempre piu' integrate, che spazino a tutto campo nei settori fiscale, previdenziale, assicurativo, legale. La Lombardia e' la regione italiana con il maggior numero di cittadini che si rivolgono ai CAF per l'assistenza nella dichiarazione dei redditi. I CAF della Lombardia nel 2003 hanno lavorato oltre 2.300.000 pratiche 730, il doppio rispetto all'Emilia Romagna, la regione che si colloca seconda nella speciale graduatoria. Le prime quattro regioni con maggior numero di 730 lavorati dai CAF sono tutte del Nord: Lombardia, E. Romagna, Veneto e Piemonte. Solo al 5 posto il Lazio seguita dalla Toscana. Le regioni del Nord battono insomma quelle del Centro-Sud. Fanalino di coda con 33.543 modelli 730 presentati ai CAF, e' la regione Valle D'Aosta, seguita dal Molise (76.790), la Basilicata (125.737), l'Umbria (223.054), la Sardegna ( 246.642) e la Calabria (248.754).

Calabria agli ultimi posti per la formazione continua in azienda

22/06 La formazione continua e' destinata prevalentemente ai lavoratori settentrionali. Nel Nordovest, sempre nel 2002, ha seguito corsi il 18,7% dei dipendenti. Intorno alla media nazionale si collocano il Nordest e il Centro (rispettivamente 17,4% e 17,3%). Tra il personale delle imprese del Sud, la
percentuale scende al 14,8%. A livello regionale, il valore piu' elevato di lavoratori che si sono formati si registra nel Lazio (20,3%). Ma e' nel Nord che si concentra il maggior numero di beneficiari: 18,8% in Lombardia e Liguria, 18,2% in Piemonte e Valle d'Aosta, 17,8% in Trentino-Alto Adige, 17,5% in Friuli-Venezia Giulia, 16,4% in Veneto. Elevata anche la percentuale in Emilia-Romagna (18,3%) e in Toscana (16%), mentre scende al 13,9% in
Umbria e al 13,1% nelle Marche. Al Sud, la regione in cui le imprese mostrano l'interesse maggiore e' l'Abruzzo, dove il 16,7% dei lavoratori ha svolto corsi. Seguono la Puglia (15,9%), la Campania (15,3%), il Molise (15%), la Sardegna (14,6%). I valori piu' bassi si registrano in Basilicata (13,5%), Calabria (13%) e Sicilia, che con il 12,9% e' ultima in classifica.

Secondo Confidustria Calabria, nella regione si potrebbero creare 50 mila posti di lavoro

21/06 In Calabria si potrebbero creare 50mila nuovi posti di lavoro con gli incentivi alle imprese ed anche aiutando i controlli della Guardia di finanza. Questo e' quanto e' emerso dalla riunione del ''parlamentino'' degli industriali calabresi, che si e' riunito oggi a Catanzaro, che hanno pero' evidenziato come solo un decimo dei progetti presentati con la legge 488 trovera' attuazione.
La dotazione iniziale di risorse finanziarie della Legge 488, secondo quanto riferito da Confindustria, e' pero' di 1.112 milioni di euro contro un fabbisogno complessivo di circa 9.000 milioni. Dati che sono riferiti a tutte le aree geografiche interessate dall' agevolazione oltre che alla Calabria. ''Circa un decimo delle iniziative proposte - sostiene Confindustria Calabria - trovera' cosi' concreta attuazione mediante il relativo finanziamento. Cio' in termini occupazionali, sta a significare che solo 5.000 nuovi occupati potranno essere creati a fronte di una potenzialita' di dieci
volte maggiore. Se le cose rimarranno cosi' non si potra' affermare che l' imprenditoria non abbia svolto il suo compito''. ''Da piu' parti - e' scritto in una nota di Confindustria - si e' detto che l' imprenditoria calabrese e' statica, e' inadeguata ed in generale poco avvezza ad assumere rischi e meno che meno ad investire il proprio denaro. Nell' ultimo Bando della Legge 488/92, pero', su 9.100 domande presentate, 1.485 si localizzerebbero in Calabria, con un aumento del flusso del 40% circa rispetto agli scorsi bandi ed un investimento complessivo nella sola regione di 3.549 milioni di euro di cui 1.277 di parte privata. La concreta attuazione di detti progetti determinera' un incremento medio occupazionale di circa 34 unita', per un totale di 50.428 occupati, con un investimento medio per nuovo addetto di circa 70 mila euro''. I dati, a giudizio di Confindustria, ''non consentono a nessuno di parlare di staticita' dell' imprenditoria se e' vero che quest' ultima e' pronta a metter sul piatto dello sviluppo economico le cifre elencate''. ''Piuttosto le istituzioni, e non solo il governo centrale (e' il ministero delle Attivita' produttive che gestisce i fondi della menzionata Legge) - ha sostenuto Domenico Scalise, imprenditore catanzarese e componente la Consulta agroalimentare di Confindustria Calabria - risultano impreparate rispetto a questo attivismo imprenditoriale, se e' vero che solo un decimo dei progetti presentati trovera' concreta attuazione mediante il finanziamento con fondi statali''. ''Al di la' di eventuali ipotizzati interventi statali di incremento della dotazione iniziale della Legge 488 - ha concluso Scalise, - e' necessario che l' esecutivo regionale faccia la propria parte mettendo in campo tutte le risorse finanziarie disponibili per alleviare il disagio per le imprese intenzionate a crescere e per i cittadini in cerca di
occupazione, per evitare anche che si disperdano energie e che si vanifichino i costi di progettazione fin qui sostenuti dalle imprese''.

Crescono in Calabria i terreni coltivati a pomodori. In aumento la trasformazione (+23%)

21/06 E' buono lo stato di salute dell'industria italiana delle conserve di pomodoro. Lo conferma il rapporto annuale presentato dall'Associazione nazionale industriali conserve alimentari e vegetali presentato oggi a Salerno dal quale emerge una crescita del prodotto trasformato che e' passato da 4,5 milioni di tonnellate del 2002 a 5,3 milioni di tonnellate, con un incremento pari al 23%. Risultano inoltre aumentate anche le aree destinate alla produzione di pomodoro. Nel 2003, infatti, e' continuata ulteriormente l'espansione delle superfici in Lombardia (Lodi, Cremona, Pavia) gia' in atto negli ultimi anni. In Emilia Romagna, nelle province di Piacenza e di Parma la crescita e' stata di circa l'1,5%, mentre in quelle disposte verso l'Adriatico, Ferrara, Ravenna, gli investimenti sono aumentati di oltre il 20% rispetto al 2002. Nelle regioni del Centro dell'Italia - Toscana, Umbria, Abruzzo, Marche, Molise - rispetto al 2002 c'e' stato un nuovo incremento di circa il 20%. In Campania, nel Casertano (Villa Literno, Casal di Principe, Casalice, Carditello, Pignataro Maggiore, Cellule), la coltura ha subito una leggera flessione (1250-1100 ettari) mentre, nel Salernitano (Piana del Sele) le superfici sono aumentate, rispetto al 2002, di oltre il 20%. In Puglia la nuova disponibilita' idrica, determinata dalle abbondanti piogge dell'inverno 2002/2003 che hanno interrotto la siccita' degli ultimi anni, ha consentito un incremento degli ettari coltivati a pomodoro di oltre il 20%, soprattutto negli agri a Nord di Foggia, cosi' come anche in Calabria e in Basilicata gli ettari coltivati sono stati maggiori rispetto a quelli dello scorso anno. La produzione agricola del pomodoro, che negli ultimi due anni e' stata condizionata negativamente dall'instabilita'
meteorologica, per quanto riguarda i tipi di pomodoro coltivati segna un uguale numero di ettari, tra il 2002 ed il 2003, per cio' che riguarda il pomodoro San Marzano dell'Agro Nocerino Sarnese (100 ettari, in entrambi gli anni i quintali contrattati sono stati oltre 50.000 mentre quelli conferiti alle industrie sono stati circa 20.000). Cresciuto, invece, il pomodorino delle aree del Sud il cui
consumo e' aumentato e da alimento tipico utilizzato solo nelle zone di coltivazione e' divenuto un prodotto industriale commercializzato sull'intero territorio nazionale ed anche estero.

Pubblicato l’elenco dei progetti per l’ambiente di Agenda 21. La Calabria ha presentato 16 progetti

21/06 E' stato pubblicato l'elenco dei progetti di Agenda 21 locali che hanno partecipato al bando del 4 luglio 2002 e selezionati per essere ammessi al co-finanziamento del Ministero dell'Ambiente. I progetti ammessi alle risorse stanziate dal Ministero, che ammontano a 13.089.080 euro, sono stati selezionati secondo criteri di appartenenza a due categorie, la categoria A per la quale si sono resi disponibili 11.448.430 euro e la categoria B per la quale i fondi di spesa sono di 1.640.650 euro.
Sono state oltre settecento le domande della Categoria A, ma dei 97 progetti ammessi ai finanziamenti 6 sono stati presentati da cordate dell'Abruzzo, comuni (Montesilvano, Penne Lanciano, Pescara e Avezzano) e una comunità montana, quella Vastese. Per quanto riguarda la Basilicata sono stati ammessi i progetti presentati da una Comunità montana (Val Sarmento) e da quattro comuni e associazioni di comuni. Sono 7 invece i progetti promossi, presentati da comuni,
consorzi e associazioni di enti locali siciliani. Dieci sono invece le 'cordate' ammesse ai finanziamenti targate Lazio e se quelle della Sardegna. Sono invece tredici i comuni, Milano compresa, e le province della Lombardia i cui progetti hanno ricevuto parere favorevole e sei quelli della Campania. Il miglior piazzamento è quello delle cordate della Calabria con ben 16 progetti ammessi ai finanziamenti. Mentre fanalini di coda sono il Trentino, le Marche e il Veneto con un solo progetto, rispettivamente del Comune di Rovereto, quello di Ascoli Piceno e della Provincia di Verona. Due comuni dell'Emilia Romagna si sono aggiudicati le risorse del Ministero, mentre sono quattro i progetti ammessi da altrettanti comuni pugliesi. Per la Toscana hanno ricevuto parere favorevole tre comuni e una comunità montana. Sei le cordate ammesse targate Piemonte e tre quelle targate Friuli Venezia Giulia. Sono invece 19 i progetti finanziati della categoria B. Si
tratta dei progetti presentati dai comuni di Parma, Ferrara, Reggio Emilia, e Ravenna e dalla provincia di Bologna, per quanto riguarda l'Emilia Romagna. Tre progetti vengono dalle Marche: sono quelli dei comuni di Pesaro, Urbino e Ancona. Due progetti sono targati Lombardia: si tratta delle proposte del Comune di Cinisello Balsamo e di Sesto San Giovanni. Umbria, Lazio, Friuli Venezia Giulia e Liguria sono state premiate per un solo progetto ciascuna: quello rispettivamente della Comunità dei Monti del Trasimeno, del Comune di Roma, del comune di Udine e del Parco nazionale delle Cinque Terre. Due progetti ciascuna per Veneto e Toscana: quelli del comune di Venezia e della Provincia di Treviso, e dei comuni di Cecina e di Grosseto.

I mutamenti dell’industria del pallone dagli anni sessanta ai giorni nostri

31/03 (G.Rocca) Non è possibile alcun tipo di analisi sugli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto il mondo del calcio italiano senza partire dalle trasformazioni che hanno investito il sistema calcio negli ultimi anni, trasformazioni che hanno avuto una portata di carattere storico, sociologico, culturale, politico ed infine economico. Il combinato disposto di questi fattori ha profondamente modificato lo scenario di riferimento e, purtroppo, non tutti gli attori del sistema hanno avuto la capacità e la voglia di adattarsi ai mutamenti in corso.

Il quadro di riferimento

In principio, e fino all’inizio degli anni ’80, le società calcistiche furono costituite per consentire la pratica dei propri membri-associati, la forma costitutiva era quella degli Enti Associativi con scopi ricreativi ed in quanto tali potevano rientrare nell’ambito delle associazioni mutualistiche.

Le caratteristiche fondamentali delle associazioni sportive erano: struttura aperta con possibilità di mutamento dei componenti, organizzazione fissata dallo statuto sociali, patrimonio proprio distinto da quello degli associati. L’unica differenziazione fra le associazioni calcistiche e le altre associazioni sportive è che alle prime era richiesta un minimo di forma scritta, nello specifico lo Statuto Sociale che andava allegato alla domanda di affiliazione alle federazione sportiva. Ancora oggi tale tipologia di organizzazione costituisce la forma attuata dalle maggior parte delle società calcistiche dilettantistiche. Il Rende Calcio solo di recente ha scelto di dotarsi della forma giuridica delle società di capitali mentre il Cosenza Fc, nonostante che nelle intenzioni dei promotori fosse stato esplicitato anche nell’ avviso di “invito ad effettuare manifestazioni di interesse” l’obbligatorietà della trasformazione in Società di Capitali, non vi ha ancora provveduto.

Con la compiuta trasformazione socio economica le Associazioni Calcistiche si sono rivelate inadeguate alla gestione delle trasformazioni, il solo contributo volontario degli associati non è stato più sufficiente alla copertura delle spese e pertanto le stesse sono state costrette a rivolgersi al mercato per far fronte alle necessità e si è quindi imposta, da parte delle autorità calcistiche, la necessità di dotare le società di nuovi impianti normativi che costituissero il quadro di riferimento.

E’ con questa ottica che il Consiglio Federale della F.I.G.C. emanò nel 1966 due distinti provvedimenti, con il primo, del 16 settembre, ha inteso sciogliere i Consigli Direttivi delle Associazioni calcistiche professionistiche con conseguente nomina di un Commissario Straordinario dotato di pieni poteri gestionali per ciascuna di esse, con il secondo, del 16 dicembre, ha emanato uno forma di Statuto tipo obbligatorio per tutte le società calcistiche maggiori i cui tratti salienti prevedevano la impossibilità di ripartire gli utili fra i soci in caso di scioglimento, l’obbligo di devolvere le somme residue ad un fondo di assistenza del CONI, obbligo di restituire al socio il solo valore nominale delle azioni possedute.

Contemporaneamente iniziava a farsi largo fra le Autorità Governative l’idea che le Associazioni calcistiche dovessero darsi la forma delle SpA sulla scorta di ciò che alcune società di calcio avevano gia fatto di propria iniziativa senza attendere l’obbligatorietà delle norma, mi riferisco al Torino Calcio nel 1959, al Modena Football Club nel 1962 ed al Napoli Calcio nel 1964.

Nel periodo considerato, ed il cui termine può ragionevolmente essere posto nel 1981 con l’emanazione della Legge 23 marzo 1981 n° 91, tutto sommato le società riescono ad essere gestite in una forma ancora ludico-sportiva, la dimensione economica del settore è ancora limitata, gli interessi economici da tutelare sono poco rilevanti e la organizzazione del club è di fatto inesistente prevalendo la forma del mecenatismo puro.

E’ questa la stagione di una serie di presidenti mecenati che hanno fatto la storia del calcio ed hanno riempito le cronache giornalistiche pro-tempore, la generazione cioè dei Costantino Rozzi, di Romeo Anconetani, di Domenico Luzzara, dei fratelli Massimino e, con riferimento al calcio calabrese, di Nicola Ceravolo, di Oreste Granillo e di Gigi Peronace, va certamente inquadrata all’interno di quel contesto storico e culturale quando il calcio era una passione pura e non uno strumento di business.

Con l’introduzione della citata legge 91 del 1981 il legislatore ha cercato di porre rimedio a tutta una serie di problemi che si erano affacciati nel mondo del calcio, ed, infatti, i principali contributi della legge sono stati: l’aver stabilito i criteri dello sport professionistico con la definizione della figura dello sportivo professionista, l’aver stabilito i requisiti essenziali per la costituzione, il controllo della gestione e la liquidazione delle società, l’aver determinato le caratteristiche e le competenze delle Federazioni. Lo scopo dei club da sportivo-ludico si è trasformato in “non lucrativo” ,gli utili vanno reinvestiti, la dimensione economica del settore è diventata progressivamente maggiore e nella organizzazione dei club inizia a fare capolino un criterio economico di gestione orientata la risultato sportivo. Inoltre la Legge ha emanato una serie di disposizioni di carattere tributario ed ha istituito le norme che hanno abolito il “vincolo sportivo” ovvero quell’istituto che attribuiva alle società sportive il diritto di utilizzazione esclusiva delle prestazioni di un giocatore. Con tale abolizione le società hanno acquisito una notevole forza contrattuale nella gestione del contratto dei giocatori e la conseguenza era che il giocatore doveva quasi sempre accettare la destinazione decisa dal club di appartenenza.

Tale situazione è rimasta di fatto immutata per circa quindici anni fino alla emanazione della Legge 18 novembre 1996 n° 586, di cui parleremo in seguito.
Il 15 dicembre del 1995, all’indomani della celebre sentenza Bosman il quadro di riferimento precedentemente delineato mutò in maniera repentina grazie alla battaglia giudiziaria del coraggioso giocatore che citò per danni la sua società di appartenenza, il Liegi, e la Federazione calcistica belga colpevoli di aver impedito con una serie di norme restrittive il trasferimento ad un club transalpino con cui il giocatore aveva trovato accordo dopo la conclusione del suo contratto con il Liegi.

Le conseguenze della lunga battaglia giudiziaria intrapresa da Bosman ha avuto conseguenze anche in Italia ed il dibattito sportivo culturale e politico ha dato il là ad una serie di modifiche sfociate nella Legge 586 del 1996. Con tale legge si è stabilito che le società potessero effettuare la distribuzione degli utili fra i suoi azionisti, con l’esclusione del 10% degli utili da reinvestire nell’attività, la dimensione economica del settore ha oramai raggiunto dimensioni ragguardevoli, i club hanno iniziato a sviluppare un orientamento al mercato e di conseguenza iniziano a dotarsi di una struttura complessa che consenta loro di conciliare lo sport con quell’orientamento al profitto tipico delle organizzazioni “business oriented”.

Anche l’atto costitutivo delle società può prevedere nell’oggetto sociale lo svolgimento di attività connesse e/o strumentali all’attività sportiva tipica, con le quali si dà il via alla diversificazione delle diverse fonti di guadagno delle società. Ciò ha avuto conseguenze di due tipi, le prime hanno implicato la necessità di ricercare una remunerazione del capitale investito individuando quelle politiche aziendali volte a fronteggiare i costi nel breve periodo ed a garantire la solidità economica, patrimoniale e finanziaria delle società nel medio-lungo periodo, le seconde hanno imposto ai diversi club di dotarsi di una struttura aziendale e manageriale adeguata capace da un lato di valorizzare le diverse funzioni ed aree di’impresa a dall’altro riuscire a sfruttare tutte le possibili forme di ricavi legate all’attività tradizionale.

In sostanza le trasformazioni hanno imposto alle società, e soprattutto ai suoi dirigenti ed ai suoi azionisti, di compiere una necessaria riflessione circa gli assetti societari e di management. Il mercato ha richiesto l’utilizzo di strumenti e di tecniche di gestione aziendale sulla scorta delle aziende market oriented e profit oriented finora scarsamente utilizzati nelle società calcistiche. Quelle società nelle quali la proprietà è stata in grado di ritornare al suo ruolo primario, che dovrebbe essere quello di indicare gli obiettivi e le mission, lasciando a managers competenti l’onere e l’onore di porre in essere le attività e le tecniche necessarie al raggiungimento degli obiettivi indicati dalla proprietà, sono riuscite a superare indenni le trasformazioni imposte.

Di contro quelle società nelle quali è stata prevalente la figura del presidente mecenate e accentratore sono state quelle che più difficilmente sono state in grado di adeguarsi ai mutamenti e, talvolta, hanno pagato prezzi molto alti causati dalla irrazionale resistenza al cambiamento, proprio perché l’approccio al business è stato puramente soggettivo ed è stato lasciato pochissimo spazio a quelle figure manageriali che sarebbero state utili se non indispensabili nel nuovo contesto socio economico di riferimento.

I numeri del sistema calcio

E’ utile analizzare a tal riguardo le variazioni del fatturato complessivo della serie A e della serie B per capire di quanto sia mutato lo scenario.
Nel 1991 il fatturato complessivo delle società di Calcio in serie B era di poco superiore ai 100 milioni di Euro, dopo dieci anni lo stesso dato era di fatto raddoppiato arrivando alla cifra di quasi 220 milioni di Euro; in serie A il divario è ancora più marcato giacché nel 1991 il fatturato era di circa 375 milioni di Euro mentre dopo dieci anni era più che triplicato arrivando alle cifra di circa 1200 Milioni di Euro. Però mentre nel 1991 la voce “stipendi per giocatori e dipendenti” era in serie B di soli 63 milioni di euro, nel 2001 tale voce ammontava a circa 220 milioni (quindi le società spendevano per la sole voce stipendi una cifra pari al fatturato), in serie A le stesse voci davano una spesa di 153 milioni di Euro nel 1991 e di 867 milioni di Euro dopo dieci anni.
Il sistema mostra tutti i suoi limiti laddove si pensi che gli altri costi operativi ed il costo degli ammortamenti e delle svalutazioni a volte sono stati superiori alla voce di stipendi per i giocatori ed il personale.
In questo quadro di riferimento le società hanno pensato che il solo ricorso a sponsorizzazioni ed a meccanismi di cessione dei diritti televisivi garantisse la sopravvivenza, trascurando meccanismi di diversificazione dei ricavi, evitando di comprimere i costi e di valorizzare i settori giovanili andando all’inseguimento di giocatori rappresentativi, e costosi, che potessero garantire il raggiungimento di risultati sportivi o di ricche sponsorizzazioni in grado di coprire i costi.

I presidenti, i managers, i giocatori, i procuratori ed i mediatori di ogni genere hanno iniziato un gioco al rialzo che ha prodotto effetti perversi sui conti delle società che nel frattempo, non essendo capaci di efficaci programmazioni hanno aumentato a dismisura il numero dei giocatori in organico ad ogni singola squadra.

Nel campionato 1977/78 la Juventus di Trapattoni ha utilizzato solo 16 giocatori per vincere lo scudetto, e due di quei giocatori non sono stati quasi mai utilizzati, nel 1987/88 il Milan di Sacchi ne ha utilizzato 20, ma sette dei giocatori hanno totalizzato pochissime presenze, e pure quella squadra è ricordata e celebrata per la qualità del suo gioco e a distanza di dieci anni la Juve di Marcello Lippi con una rosa di 24 giocatori, di cui in cinque non hanno totalizzato più di cinque presenze, è riuscito a vincere lo scudetto ed a raggiungere la finale di Champions League. Il Cosenza Calcio ha terminato la stagione 2002/2003 con una rosa di ventinove giocatori (fonte sito ufficiale) un numero forse eccessivo, ma nulla in confronto a ciò che è stato capace di realizzare il Cosenza Football Club nella stagione 2003/04.
Infatti nella stagione in corso la neonata squadra bruzia ha addirittura sfondato il ridicolo con una rosa di oltre quaranta giocatori, quattro diversi allenatori oltre ad un numero non precisato di dirigenti e ad un avvicendamento di Presidenti da lasciare interdetti. Il prodotto di tanto impegno è stato una squadra che annaspa a centroclassifica, una incertezza sul futuro della stessa società ed una enorme disaffezione di pubblico e tifo.

Nessuna azienda riesce a sopravvivere a lungo se il costo del lavoro assorbe quasi tutti i ricavi o, peggio, se da solo è superiore all’ammontare dei ricavi. Nell’anno 1998 l’incidenza degli stipendi lordi sul fatturato era per il Cosenza del 91% (fonte Bilanci depositati), nel 2001 è diventata del 95,5 % (fonte Sole 24 Ore), nel 2002 la stessa incidenza è stata del 127 % (fonte Bilanci depositati) e come gia detto quella degli stipendi è solo una delle voci, importante certamente ma non l’unica.


Le società ed i sistemi di controllo

Le società di calcio sono riuscite a quadrare i propri bilanci grazie al meccanismo delle cessioni dei giocatori e delle plusvalenze derivanti dalla differenza fra il valore di acquisto ed il valore di cessione. Tale meccanismo ha portato ad una serie di scambi di giocatori con quotazioni assolutamente spropositate, e con molte operazioni realizzate in prossimità della chiusura del bilancio che per le società di calcio è infrannuale al 30 giugno, con il solo scopo di pareggiare le perdite e consentire alle società di operare quei “maquillage” sui conti che consentisse la iscrizione al campionato successivo.

L’effetto perverso di tale meccanismo è stato il peggioramento dei conti successivi giacché una elevata quotazione di un giocatore vuol dire un ammortamento adeguato al valore del giocatore e quindi un peggioramento dei conti in un meccanismo senza fine. Tale sistema ha retto fino a quando le società, in previsione di ricavi sempre maggiori per cessione dei diritti televisivi sempre più onerosi, sono riuscite ad indebitarsi ed a effettuare cessioni “fittizie” che consentissero un equilibrio apparente.

Per fare ciò, con la colpevole complicità di quasi tutti gli attori del sistema, lo stato maggiore del calcio ha escogitato una serie di trucchi, laddove non sia ricercato il progressivo e consapevole indebolimento del sistema di controlli, che consentissero il perpetrarsi di uno scellerato sistema di gestione.

Valga per tutti il caso della Co.Vi.So.C, acronimo di Commissione di Vigilanza sulle società calcistiche, che sulla carta dovrebbe avere un funzionamento e poteri simili a quelli che la Consob esercita sulle società quotate e che è stata progressivamente svuotata di poteri e privata di strumenti importanti che avrebbero consentito un maggiore e più efficace controllo.
Per fare un esempio fino al 1996 la Co.Vi.So.C. aveva il compito di intervenire nel merito dei comportamenti delle società calcistiche, ad esempio autorizzando i prestiti, e da quella data questi poteri gli sono stati avocati.
Ad oggi la Co.Vi.So.C. è praticamente rimasto il solo compito di sorvegliare la gestione economica e finanziaria delle società al fine di garantire lo svolgimento dell’attività agonistica. Le società di Calcio sono obbligate a consegnare i propri bilanci entro un mese dalla loro approvazione. Le assemblee per l’approvazione dei singoli bilanci possono essere convocate entro novanta giorni dalla chiusura dell’esercizio e quasi tutte le società sforano di ulteriori trenta giorni.Quindi i bilanci arrivano alla Commissione fra novembre e dicembre e una volta ricevuti la Commissione non dispone di ulteriore strumenti di indagine e deve quindi limitarsi ad accettare i bilanci acriticamente.
Esisteva un tempo un apposito articolo del regolamento della Lega Calcio (la lega Calcio può essere considerata come la Confindustria del mondo del calcio) che imponeva alle società l’obbligo di presentare un preventivo gestionale al momento della iscrizione, ovviamente anche tale obbligo è stato cancellato.

Le norme federali affermano che possono iscriversi ai vari campionati quelle società che incassano almeno il triplo di quello che devono alle banche e ad altri creditori ed è proprio la Co.Vi.So.C che deve analizzare tali parametri.
Nel caso in cui una società non rientri in tali parametri deve effettuare nuove capitalizzazioni o deve trovare nuove risorse prima dell’inizio del nuovo campionato. Il numero delle società non in regola con questi parametri è andato progressivamente aumentando ed anche qui l’escamotage è stato quello di consentire alle squadre di deliberare aumenti di capitale sociale, che è cosa ben diversa dal dover sottoscrivere aumenti di capitale sociale, ed a garanzia dei futuri aumenti di capitale è stato consentito alle squadre di presentare delle polizze fidejussorie a garanzia degli impegni presi.
Ovviamente, per ammorbidire questo gravoso impegno, è stato imposto alle società di calcio non già l’obbligo di ricorrere a polizze emesse da Banche o da primarie società assicurative, ma anche di far ricorso a società emittenti sulla cui solvibilità sarebbe stato lecito porsi più di un dubbio.

La conseguenze di ciò è che una squadra può tranquillamente iniziare una stagione senza rispettare i pochi vincoli rimasti.
Un altro degli strumenti in mano alla federazione consiste nel porre sotto tutela i club con bilanci non in ordine, la cosiddetta Fascia B, che impone alle società che ne facciano parte l’obbligo di procedere alla vendita di qualche giocatore prima di effettuare degli acquisti. Ancora una volta la incredibile fantasia dei presidenti, e la colpevole complicità degli organi deputati al controllo, ha escogitato la soluzione ad hoc. Infatti, accade che due presidenti si mettano d’accordo nel creare uno scambio di giocatori che origini quella plusvalenza necessaria e sufficiente a riportare la squadra nella fascia A, libera di poter concludere acquisti, cessioni e nuove plusvalenze.

Quindi l’avvenuta e speriamo non irreversibile crisi di alcune società e più in generale dell’intero sistema del calcio professionistico ha certamente delle cause che sono da attribuire alla “mala gestio” dei singoli amministratori ed alla “culpa in vigilando” dei singoli controllori, ma mi sento di dire che con un sistema diverso e con controlli più pervasivi, la crisi avrebbe avuto una minore eco e sarebbe stata da ricomprendersi nella normali crisi di settore.
In efftti, per l’assimilazione del settore calcio agli altri settori merceologici ed economici, il fallimento di un’azienda non deve essere considerata una jattura ma deve essere vista come la risposta del mercato a delle incapacità gestionali o alla inadeguatezza dei mezzi delle singole aziende.

Come ripartire

Il mondo del calcio, i suoi imprenditori, i suoi investitori, le città e le tifoserie coinvolte, le Istituzioni, gli attori coinvolti, hanno la forza di ripartire e credo che ciascuno debba fare la sua parte senza sottrarsi all’impegno.


L’obiettivo di chi vorrà e saprà farsi carico del compito di riportare serenità nel calcio professionistico, dovrà essere non soltanto sportivo, ma anche e soprattutto culturale e manageriale.
In futuro sempre più difficilmente potranno raggiungere risultati sportivi di eccellenza società che non abbiano un management capace ed una compagine societaria adeguata.

L’obiettivo di chi ha gli strumenti e la volontà per riformare il sistema del calcio professionistico dovrebbe essere quello di prendere ad esempio il modello di quelle società che sono riuscite a coniugare risultati di economicità gestionale, efficacia ed efficienza con i risultati sportivi in questo senso la creazione e l’accrescimento del valore delle società per i suoi stakeholders deve diventare una priorità.

Esistono esempi di squadre che vi sono riuscite ed oggi godono i frutti di una corretta programmazione. L’obiettivo di tutti gli operatori dovrebbe quindi essere la valorizzazione dei settori giovanili, che deve diventare un’attività sistematica e non episodica, la realizzazione di accordi commerciali e di co-marketing per allargare le business unit delle società, la ricerca di nuove opportunità reddituali.
Fino a quando il conto economico delle società di calcio dipenderà in maniera esclusiva o prevalente dai ricavi della vendita di biglietti o di abbonamenti e fino a quando le società avranno bisogno dei ricavi da cessione dei diritti televisivi e per sopravvivere, non potrà esserci alcun futuro né il settore potrà pensare di avere una qualche attrattiva per quegli imprenditori che dal calcio si tengono lontani.
Per realizzare tutto ciò le società da un lato dovranno arricchire la propria cultura manageriale ricercandola anche all’esterno del mondo del calcio, ma tali cambiamenti culturali dovranno essere accompagnati da una serie di riforme sostanziali delle norme e dei regolamenti che regolano il “gioco del calcio”, sembra strano ma in fondo stiamo parlando di un gioco.

I controlli dovrebbero essere più stringenti, alle società dovrebbe essere imposto l’obbligo della certificazione del bilancio, l’obbligo di nomina di revisori e amministratori indipendenti ed anche l’obbligo di rispettare alcuni parametri di solidità patrimoniale e di redditività.
Si potrebbe persino pensare di mettere in palio, ogni anno, la partecipazione alle varie competizioni europee non solo sulla base dei risultati sportivi ma anche sulla base dei risultati economico-gestionali, penso per esempio alla possibilità di iscrivere una squadra all’Intertoto o alla Coppa della Uefa sulla base del miglior ROA, cioè quell’indice che misura la capacità reddituale dell’attività tipica, o sulla base del miglior ROE, cioè quell’indice che misurando la redditività dei mezzi propri esprime il ritorno dei capitali propri investiti nell’azienda.
Questi strumenti potrebbero realmente rappresentare dei segnali positivi e potrebbero riportare nel mondo del calcio non soltanto quella serenità perduta, ma potrebbero anche essere il prodromo ad un investimento da parte di quegli investitori anche istituzionali e/o specializzati che dispongono di risorse e competenze.

Se non ci riusciranno il calcio diverrà, purtroppo, sempre più materia da aule di tribunali e da uffici delle Procure, io preferisco invece continuare a sognare il calcio di quando il centravanti aveva il numero nove, il terzino destro aveva il numero due e “Giggirriva” segnava i gol che gli altri riportavano sull’album dei calciatori (anzi a tal proposito sono sempre alla ricerca della figurina di Lamberto Boranga per completare il mio ultimo album).

Ai politici, specie quelli che in giugno e luglio vanno in piazza insieme ai tifosi a dimostrare contro “i potenti del calcio” ed a marzo dell’anno successivo vanno nei talk show per prendersela contro gli stessi potenti per accusarli di aver omesso quei controlli o quei comportamenti che loro stesso avevano di fatto favorito incitando la piazza, suggerisco una maggiore maturità. In alternativa quegli stessi politici, fra un’organizzazione di uno dei tanti club di parlamentari tifosi ed un allenamento della nazionale dei politici, potrebbero prendere per buono il suggerimento di Ringhio Gattuso iniziando a pagare il biglietto di ingresso allo stadio, dei loro falsi moralismi il calcio non ha bisogno.

Giannicola Rocca
rocca@commercialistinteam.com

Bond:Risparmio tradito e tavoli di conciliazione

21/03 (Bruno Viteritti) E' di venerdì la notizia del protocollo d'intesa tra Adoc e Banca Intesa sulla conciliazione per il rimborso dei bond Cirio, Giacomelli e Parmalat (vedi l'articolo di Nuova Cosenza). A corollario di questa conciliazione troviamo un trafiletto a pagina 29 del Sole 24 Ore di ieri 20 marzo, secondo il quale "è entrato nella fase operativa l'accordo di conciliazione sottoscritto da Banca Intesa con le quindici associazioni dei consumatori lo scorso 20 febbraio per i bond Cirio, Parmalat e Giacomelli. I clienti possono presentare domanda, spiega una nota, presso tutte le filiali del gruppo entro il 30 giugno 2004. [...] Le cinque commissioni paritetiche, che prenderanno in esame i singoli casi, saranno operative entro aprile." E' evidente, quindi, che non bisogna lasciarsi prendere da facili entusiasmi: si tratta semplicemente di "richieste" di rimborso, che dovranno essere vagliate da Banca Intesa. A tal proposito abbiamo interpellato Giuseppe D'Orta, consulente dell'ADUC per gli investimenti finanziari: Aduc-Investire Informati non partecipa ai tavoli di conciliazione, che consentono alle banche di raggiungere un duplice scopo: migliorano la propria immagine nei confronti del pubblico ed evitano di rimborsare integralmente tutti gli aventi diritto. I tavoli, inoltre servono a non pochi "paladini dei risparmiatori" per incassare quote associative e parcelle per la partecipazione ai tavoli (mica crederete che ci vadano gratis per amore dei piccoli investitori?). Ad Aduc-Investire Informati stanno arrivando casi di obbligazioni (Cirio, ad esempio) vendute alla clientela prima ancora del collocamento, mentre sappiamo benissimo che le emissioni erano riservate ad istituzionali. In non pochi casi, inoltre, c'è la questione del conflitto di interessi derivante dalla duplice veste di creditore e collocatore del bond: ancora Cirio, ma anche Giacomelli: Unicredit era il principale creditore della società, rientrato dall'esposizione grazie all'emissione del bond finito ai piccoli investitori. Perché la banca può essere messa in condizione di rimborsare solo in parte il danno e addirittura farsi pure pubblicità in tal senso, il tutto con l'avallo di coloro i quali dovrebbero tutelare gli investitori? A noi farebbe comodo presenziare ai tavoli di conciliazione: in tal modo incasseremmo le quote associative (mentre nemmeno obblighiamo al versamento, rispondendo sempre a tutti gratis) e, soprattutto gli onorari professionali per la nostra presenza nelle commissioni. Chi desidera, può mandarci la proposta ricevuta dalla propria banca e la valutiamo in maniera gratuita ed indipendente, senza dover mediare all'interno delle commissioni. Il nostro approccio, quindi, è diverso, e viene sempre più apprezzato: nel caso Parmalat ad esempio, abbiamo organizzato una class action negli Stati Uniti e siamo stati gli unici a non pretendere compensi di alcun tipo, a differenza dei comitati e delle associazioni spuntati fuori, guarda caso, immediatamente dopo il crack. Tra di essi, ad esempio, c'è chi ha incassato un minimo 456 euro per l'insinuazione al passivo, mentre noi dicevamo di aspettare: ora l'insinuazione sarà fatta, gratuitamente, dalle banche, e comunque sarebbe stata gratuita perché avevamo pronte le istruzioni ed il fac-simile da pubblicare nel nostro sito web. Il settore, insomma, è terreno di caccia per molti avvocati, che spesso si presentano nella veste di comitati o associazioni, ed a farne le spese sono persone che hanno già subìto danni, a volte molto consistenti. Il tutto, addirittura, con l'approvazione dei mass media, che non fanno mai mancare apprezzamenti a chiunque si auto-proclami "a difesa del risparmiatore", senza neanche verificare, magari, che quella persona fa il chirurgo di professione, come in un caso è avvenuto.

 

Per non piangere sul latte versato...

25/02 (Giannicola Rocca) La credibilità del sistema Paese è stata fortemente penalizzata dalle tristi vicende legate ai crack Cirio e Giacomelli ed alle truffe legate alla vicenda Parmalat, vicende su cui sono in corso diverse azioni giudiziarie da parte delle competenti autorità, e nessuno allo stato attuale è in grado di ipotizzare quali saranno le conseguenze civili e penali per i responsabili degli eventuali reati accertati e da accertare e neanche quale sarà la reazione della comunità finanziaria domestica ed internazionale.

E’ però doveroso da parte di tutti, intendendo quindi sia i protagonisti, "buoni e cattivi" coinvolti, e sia quanti, pur avendo avuto un ruolo centrale "nell’affaire" Parmalat, oggi si tengono lontani dai riflettori sperando forse così di evitare un coinvolgimento che potrebbe essere non soltanto mediatico, comprendere quello che è realmente successo onde evitare, in futuro, il ripetersi di casi analoghi.

Il default di un ‘azienda non deve essere considerato aprioristicamente come una "jattura", anzi il fallimento di un’impresa dovrebbe essere considerata la risposta liberale e democratica del mercato, che quando è messo nelle condizioni di agire riesce a scegliere e selezionare le aziende ed i management migliori. Un ‘economia avanzata riesce sempre a sopportare i default di una o più aziende e ciò è ancor più vero in un sistema capitalistico globale, ma quando ci si trova di fronte a situazioni complesse, generate da imprenditori, banchieri, manager e consulenti senza scrupolo, i cui comportamenti diventano materie per le procure delle repubblica e per i tribunali, allora non è corretto far ricadere sul mercato colpe che sono proprie solo di quegli individui che le hanno commesse.

Nelle citate vicende, accanto agli imprenditori ed ai manager operativi da subito coinvolti, stanno pian piano emergendo anche le responsabilità di quanti, amministratori, organi di controllo, società di revisione, di rating, banche d’affari e commerciali, certamente hanno avuto un ruolo centrale, a tutti i livelli, nel dissesto.

A parere di chi scrive è parso da subito poco credibile che i ragionieri parmensi Calisto Tanzi e Fausto Tonna, per quanto possano essere ritenuti colpevoli e per quanto tali colpe saranno accertate e verificate, potessero aver architettato una simile operazione, anche se è più corretto parlare di reiterate operazioni finanziarie, senza la complicità di quanti avrebbero avuto la possibilità di controllare e non lo hanno fatto. Accanto a loro non va trascurato il ruolo giocato dalle innumerevoli banche, italiane e straniere, dai tanti banchieri e dalle società d’investimento che fino al "caldo" autunno del 2003 hanno sostenuto la società di Collecchio.

Senza scomodare il giornalista e saggista Gianantonio Stella, che dalle pagine di un prestigioso quotidiano milanese, provocatoriamente da subito si è domandato quale sarebbe stato l’impatto sulla opinione pubblica se la protagonista fosse stata non già la Parmalat di Collecchio, ma delle ipotetiche CataniaLat o NapoliLat o forse anche se l’imprenditore a capo del colosso in default fosse stato un industriale con un’aria meno serafica e pia del Cav. Tanzi, uomo di apparente fervore cattolico. Non deve quindi meravigliare la pungente affermazione dell’ex Presidente Cossiga che dagli schermi di un noto talk show televisivo, parlando sia del Rag. Tanzi, di cui peraltro e con grande onestà intellettuale non ha rinnegato l’amicizia, che del Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, sottolineando la grande fede cattolica di entrambi ha affermato che "la fede e la gestione degli affari evidentemente non vanno troppo d’accordo"

La presunta seraficità del Cavaliere di Parma è stata utilizzata da molte delle persone informate dei fatti e dagli indagati per giustificare le loro mancanze o perlomeno per abbozzare pallidi tentativi di difesa. Certo Tanzi si è presentato per trenta anni come una persona per bene, è stato infatti capace di far credere alla comunità finanziaria, ai consumatori, al clero ed alla classe politica, specie a quei politici che lo hanno aiutato a crescere vertiginosamente, di essere una persona affidabile. Ma credere che Tanzi ed i suoi sodali possano essere riusciti a sottrarre agli stakeholders, cioè l’azienda stessa, i suoi clienti attuali e potenziali, i suoi consumatori, i suoi dipendenti, il management, il mercato, gli azionisti e gli obbligazionisti, quasi 28 mila miliardi delle vecchie lire (quanto e più di una manovra finanziaria di governo) facendo leva soltanto sulla faccia di bronzo del ragioniere di Collecchio, è decisamente poco credibile.

I consumatori ed i risparmiatori italiani, dopo aver assistito a dei patetici "non potevamo immaginare, tutto sembrava in ordine" , hanno così dovuto ingoiare dopo la pillola amara del default, anche la beffa del tentativo di presa in giro.

Dopo il "ping pong" di responsabilità fra le società di revisione coinvolte, i manager operativi, figli e parenti del Rag Tanzi l’uno contro l’altro armati, i consulenti legali e finanziari, le banche, le società di rating, gli amministratori, i prestanome, gli ideatori delle alchimie finanziarie, i cui nomi è decisamente inutile riportare dal momento che sono di pubblico dominio, e nel tentativo di rispondere alla elementare domanda " si poteva evitare ", ho cercato risposta partendo dal più elementare strumento di informazione sulla salute di una società, cioè il suo bilancio ufficiale.

Il Bilancio al 31.12.2002, l’ultimo disponibile, della società Parmalat Finanziaria Spa, presenta i seguenti elementi (fonte Calepino dell’azionista di Mediobanca, anno 2003):

(dati in Migliaia di Euro)

Debiti Finanziari a media/lunga scadenza

4.458.220

Debiti finanziari a breve scadenza

1.287.280

Debiti Commerciali

1.128.213

Altre passività

1.083.942

Fondo anzianità dip.

74.567

Totale

8.032.222

Nel tentativo di riequilibrare un simile passivo la società ha iscritto nel bilancio, fra le poste attive, il famoso conto corrente di circa 4 miliardi di Euro, rivelatasi ovviamente falso e che le cronache giudiziarie e giornalistiche ci hanno raccontato essere stato falsificato con un comunissimo scanner collegato ad un computer dell’azienda di Collecchio.

Tralasciando l’accertamento sulla veridicità di questa e delle altre informazioni ufficiali alle autorità giudiziarie, e pur accettando l’idea che il bilancio e le varie comunicazioni ufficiali che una società quotata è obbligata a rilasciare, trimestrali, semestrali, report e quant’altro, siano state sostanzialmente dei falsi, ritengo che la società se abbia artefatto i propri bilanci e le proprie comunicazioni ufficiali, lo abbia fatto in senso "migliorativo" rispetto alla realtà.

E ciò ovviamente allo scopo di presentare una situazione contabile migliore, quindi di evidenziare uno stato di salute diverso dalla realtà, tutto per trarre in inganno il mercato e gli stakeholders al fine di ricercare, nel mercato e fra gli stakeholders, quelle risorse finanziarie di cui l’azienda aveva un disperato bisogno al fine di non interrompere quel perverso sistema di finanziamento che aveva ideato e di cui aveva bisogno per la sua sopravvivenza.

Le gocce che hanno fatto traboccare l’enorme mare di bugie e di falsi di Tonna, Tanzi e dei loro sodali sono state una serie di chiarimenti richiesti, il 30 ottobre 2003, dalle autorità di vigilanza in seguito ai rilievi mossi dalle società di revisione in merito alla revisione contabile limitata della relazione semestrale, ma di fatto già dal mese di luglio la Consob e la stampa avevano cominciato a scavare tra le (oscure) pieghe dei bilanci Parmalat.

Ma senza aspettare d’imbattersi nei famigerati fondo Epicurum e nella società Buconero (ma chi avrà scelto il nome?), una semplice lettura del bilancio al 31.12.2002 e dei successivi report avrebbe dovuto indurre ad una maggiore prudenza.

Dell’attivo (falso) e del passivo si è gia accennato, ora analizziamo il conto economico della società alla stessa data:

Conto Economico della Parmalat Finanziaria Spa al 31.12.02 (fonte già citata):

(dati in Migliaia di Euro)

Fatturato

7.590.014

Consumi e costi diversi

5.827.922

Costo del lavoro

Margine Operativo Lordo

824.564

937.638

Ammortamenti

316.355

Saldo Oneri finanziari

(157.297)

Saldo Oneri diversi

Imposte

( 90.580)

(104.071)

Risultato Netto

269.355

Perdita di competenza di terzi

( 17.523)

Utile di competenza degli azionisti della società

252.102

Come insegnano tutti i manuali di economia, e come tutti i cittadini sperimentano sulla propria pelle quando si recano in banca per contrarre un prestito per acquistare l’autovettura, o contraggono un mutuo per acquistare la casa o per ristrutturarla, è sempre il reddito netto disponibile a costituire il parametro di riferimento per individuare la capacità di restituzione della somma erogata.

Dall’analisi del bilancio emerge chiaramente che il reddito netto disponibile della Parmalat Finanziaria Spa è veramente risibile, e tale aspetto non merita ulteriori approfondimenti limitandoci, in questo caso, al mero recepimento del dato economico.

Considerando però che il core business dell’azienda è la lavorazione e la distribuzione di un prodotto povero come il latte, cioè a basso valore aggiunto, tutte le persone che, a vario titolo, hanno avuto un ruolo nella sollecitazione al pubblico risparmio e nella raccolta di capitali dal mercato, come pensavano che l’azienda potesse mai restituire i soldi che sono stati sottratti (con l’inganno) al mercato ed a centinaia di migliaia di consumatori e risparmiatori?

Nell’attesa di ricevere una qualche risposta, ammesso che sia qualcuno che abbia voglia e che possa rispondere, sottolineo che, ad oggi, nessuno ha avuto il coraggio di dire realmente ai possessori di obbligazioni ed ai tanti azionisti, che i loro risparmi o i loro investimenti, si sono di fatto volatilizzati (o forse parlando di latte sarebbe meglio dire che, in seguito al processo di bollitura, sono evaporati), così come il valore delle azioni si è azzerato, è quindi in ultima istanza il denaro investito è irrimediabilmente perso.

Certo ci si rende conto che in casi del genere l’interesse primario è rappresentato dalla salvaguardia dei posti di lavoro e dalla continuità aziendale, sappiamo tutti quanto possano essere agguerriti i sindacati in Italia quando si tratta della giusta salvaguardia dell’occupazione, ma accanto a ciò non è giusto trascurare gli interessi di centinaia di migliaia di piccoli azionisti e di piccoli obbligazionisti, la cui tutela non deve essere sacrificata sull’altare dei giusti diritti dell’azienda e dei lavoratori.

Sarebbe bello che, partendo dal caso Parmalat, senza dimenticare gli altri casi di società italiane in default, si avviasse in Italia un serio processo di riforma che consenta da un lato, ai creditori "latu sensu" delle società in dissesto di accedere a strumenti rapidi ed efficaci per la difesa dei propri diritti, ma dall’altro ci si augura, nell’interesse della trasparenza del mercato, più incisivi strumenti di controllo per contenere il ripetersi di casi analoghi.

Una Consob non ingessata ma strutturata sul modello della Sec statunitense, meccanismi diversi per la nomina di amministratori realmente indipendenti, sindaci e membri dei collegi sindacali nominati da organismi diversi, maggiore severità nella scelta delle società di revisione e di rating, limiti alla possibilità di emissione di giudizi sulle società oggetto di analisi da parte degli stessi "investitori" e, soprattutto nel caso italiano, eliminazione dei pericolosi intrecci azionari delle società industriali, o dei suoi principali manager e/o azionisti, nelle principali banche del paese, potrebbero consentire al "sistema paese Italia" di riacquistare quella credibilità presso la comunità finanziaria domestica ed internazionale. Non va trascurato infatti che la credibilità è stata minata per la "mala gestio" di pochi ancorché qualificati attori, ma senza dubbio alcuni comportamenti omissivi o fraudolenti sono stati agevolati da un sistema di controlli e di sanzioni non in linea con le legittime aspettative di un paese che rappresenta uno dei sette più industrializzati paesi del mondo e che, soprattutto, si augura di rimanere tale.

Giannicola Rocca

rocca@commercialistinteam.com

 


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