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      Traffico cocaina tra Calabria e Palermo, 21 arresti Gdf, sequestri per un mln

       

       

      Traffico cocaina tra Calabria e Palermo, 21 arresti Gdf, sequestri per un mln

      18 apr 23 La cocaina veniva stoccata in Calabria e portata da corrieri in Sicilia. I finanzieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un'ordinanza cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta della Dda, diretta dal procuratore Maurizio de Lucia, nei confronti di 21 persone. I reti ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Da indagini del nucleo di Pef di Palermo- Gico sarebbe emersa la presenza di un gruppo, con base a Palermo, che sarebbe stato diretto da due fratelli, figli di uno storico esponente del mandamento mafioso di Villagrazia e Santa Maria di Gesù. L'accordo per la fornitura costante di grossi quantitativi di droga sarebbe stato siglato dai due fratelli che sarebbero stati in affari da anni con una famiglia calabrese, coinvolta nella gestione del narcotraffico nella provincia di Reggio Calabria e legata da vincoli di parentela con esponenti di della 'ndrina di San Luca. L'attività investigativa avrebbe, infatti, consentito di ricostruire accordi per la fornitura di almeno 10 chilogrammi di cocaina al mese, destinata al mercato palermitano, per un giro d'affari che avrebbe generato per l'organizzazione un giro d'affari illecito stimabile in circa dieci milioni di euro all'anno. La sostanza stupefacente, stoccata in depositi dislocati in provincia di Reggio Calabria, veniva trasportata su gomma lungo la tratta Reggio Calabria-Messina-Palermo, nascosta con diversi carichi di copertura o all'interno di sofisticati doppi fondi creati nelle autovetture dei corrieri, accessibili mediante aperture elettro-meccaniche. Nel corso delle indagini sono stati tratti in arresto 6 corrieri di droga, operanti anche nel pieno del periodo pandemico sfruttando le proprie attività lavorative, e 2 basisti che custodivano parte dello stupefacente a Palermo, con il sequestro di circa 50 chilogrammi di cocaina, che se immessa nel mercato avrebbe fruttato profitti illeciti per oltre 4 milioni di euro.

      Nell'ambito dell'operazione il gip ha disposto il sequestro preventivo di società, beni immobili e mobili riconducibili agli indagati per un milione di euro. Attraverso gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, attraverso l'esame, il confronto e l'incrocio di informazioni estratte dalle diverse banche dati dei finanzieri è emerso l'assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e i redditi dichiarati, facendo scattare le misure cautelari patrimoniali. Dalle indagini delle Fiamme gialle è inoltre emerso che sei dei destinatari delle misure cautelari percepivano il Reddito di cittadinanza. E' stata eseguita la comunicazione all'Inps per sospendere il beneficio. Alcuni degli indagati percepivano il sussidio direttamente, ad altri il reddito era stato concesso a un familiare che faceva parte dello stesso nucleo.

      Gli indagati fermati: Giuseppe Barbaro, 43 anni di Platì (Rc), Pasquale Barbaro, 23 33 anni di Platì (Rc), Giuseppe Fascella, 51 anni di Palermo, Salvatore Fascella, 51 anni di Palermo, Veronica Cusimano, 43 anni di Palermo, Salvatore Orlando, 60 anni di Palermo, Denise Vincenza Bonanno, 33 anni di Palermo, Antonino Pilo, 32 anni di Palermo, Enzo Logioia, 53 anni, Castelnuovo Scrivia (Al), Rocco Pizzinga, 48 anni di Casignana (Rc), Francesco Reitano, 47 anni di Catania, Gaetano Capizzi, 53 anni di Palermo, Maria Rosa Cardinale, 45 anni di Palermo, Giuseppe Cusmano, 53 anni di Palermo, Mariella Di Majo, 47 anni, di Mazara del Vallo, Maddalena Fascella, 57 anni di Palermo, Alessandro Genuardi, 44 anni di Palermo, Giovanni Mirabella, 43 anni di Catania, Mario Vito Orlando, 58 anni di Palermo, Gaspare Sanseverino, 50 anni di Villabate (Pa). Uno degli indagati non è stato rintracciato.

      Sono state sequestrate la ditta indoviduale Eurocaffè di Giuseppe Barbaro con sede a Platì (Rc), la dolciaria pasticceria e gelateria Marconi srls con sede a Platì (Rc) intestata a Pasquale e Giuseppe Barbaro, Sava Fruits srls con sede a Melicusso (Rc), 11 veicoli, 12 terreni nel comune di Bovalino (Rc) e un appartamento a Palermo. I percettori del reddito di cittadinanza sono Giuseppe Fascella, Salvatore Fascella, Veronica Cusimano, Giuseppe Cusimano, Mariella Di Majo, Maddalena Fascella.

      A mettere i finanzieri sulle tracce dell'organizzazione che ha trasportato oltre 50 chili di cocaina tra Reggio Calabria e Palermo sono stati gli stessi corrieri. Ed in modo del tutto inusuale. Era il 25 ottobre del 2019 quando al numero della Guardia di Finanza arrivò la telefonata di una donna che si lamentava del fatto che non fosse stata pubblicata sui giornali la notizia del ritrovamento di un chilo di cocaina dentro uno zaino al terminal dei bus alla stazione centrale di Palermo. La pubblicazione della notizia avrebbe evidentemente scagionato i corrieri agli occhi dell'organizzazione. Forse qualcuno li aveva accusati di essersi intascati i soldi della vendita della polvere bianca. Da quella telefonata è partita l'indagine che ha portato ai 21 arresti di oggi eseguiti dal nucleo di polizia economico e finanziaria di Palermo. Una serie fitta di incroci tra celle telefoniche e immagini dei sistemi di videosorveglianza ha consentito di risalire all'organizzazione che, secondo l'accusa, faceva capo a Palermo ai due fratelli palermitani Fascella e alla famiglia Barbaro a Bovalino a Reggio Calabria. Grazie alle intercettazioni i militari delle fiamme gialle sono riusciti a bloccare tre corrieri con la droga, agli imbarcaderi a Messina, un secondo a Buonfornello e un terzo in piazza Figurella a Villabate. Grazie ai sistemi di videosorveglianza i militari sono riusciti a risalite a una base stoccaggio della cocaina in via Villagrazia a Palermo in casa di due coniugi che sono stati arrestati.

      Gratteri: liberata Catanzaro da una cappa

      "Dalle intercettazioni telefoniche e telematiche è emerso che questa organizzazione ha attuato dei riti di affiliazione esattamente come un locale di 'ndrangheta. Questo è un un dato importantissimo, diciamo un dato storico". A dirlo, incontrando i giornalisti, è stato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che ha sottolineato come "oggi è una giornata importante per noi, Stato, Procura distrettuale, Polizia di Stato, città e provincia di Catanzaro: è la prima volta che un giudice emette un'ordinanza per associazione mafiosa nei confronti di soggetti di etnia rom". "Negli ultimi tempi - ha aggiunto Gratteri - sono successi fatti gravi a Catanzaro, anche nella zona a sud. In quella occasione tutti a dire dov'è lo Stato, Catanzaro non è controllata, è abbandonata. Non potevamo rispondere a queste esternazioni dette anche da amministratori pubblici perché avevamo ferma da un anno l'ordinanza di custodia cautelare eseguita oggi. Mi preme ringraziare la Polizia perché ha dato fondo a tutte le energie sulla città perché era un problema reale. Si sentiva una cappa e non era possibile, non potevamo accettare vessazioni a commercianti, abusi e traffico di droga. Oggi siamo un sollevati, pensiamo di avere liberato un po' Catanzaro da vessazioni e da un giro di droga significativo". Il gruppo arrestato oggi, al termine di un'indagine avviata nel 2018, ha sottolineato il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale anticrimine, "è riuscito a crearsi uno spazio operativo. La, come dire, offensiva di questi nomadi si manifesta plasticamente proprio nell'attività massiva di controllo del territorio esercitata attraverso le estorsioni massive e poi anche attraverso l'attività di spaccio. Inoltre l'offensiva passa anche attraverso un collegamento datato come manodopera operativa con per la 'ndrangheta del crotonese. Il salto di qualità viene fatto quando questi si sono resi conto di avere una forza tale da poterli portare addirittura a concordare un patto con una 'ndrangheta che, salomonicamente a mio giudizio, ha gestito la criticità e non ha perso il controllo delle attività criminali. Il patto, infatti, stabiliva che parte degli introiti conseguiti dall'organizzazione colpita oggi andava comunque alle cosche. Credo che si sia manifestata ancora una volta la potenza della 'ndrangheta nella gestione di questo tipo di situazioni, ha concesso autonomia piuttosto che andare allo scontro". In una prima fase, infatti, ci sarebbero state tensioni tra il gruppo rom e le cosche storiche. Ed è in questo contesto, secondo gli inquirenti, che potrebbero essere maturati due omicidi compiuti nel 2015 e nel 2017, quello di Domenico Domenico Bevilacqua, di 55 anni, detto "Toro seduto", e Domenico Vecceloque, di 79 anni. In quegli anni, ha detto il procuratore aggiunto Giancarlo Novelli, "c'è stato forse un momento in cui c'è stato un contrasto un tentativo di reprimere da parte del crimine organizzato tradizionale il tentativo di indipendenza. La 'ndrangheta alla fine si è dimostrata duttile riconoscendo dignità del gruppo, quindi a un accordo piuttosto che continuare una guerra che attirava comunque l'attenzione". Il questore di Catanzaro Maurizio Agricola ha sottolineato che nella realtà a sud della citta, in un anno e 4 mesi "sono state condotte tre operazioni tre operazioni che hanno portato a 110 arresti. E' una realtà a vocazione criminale cui abbiamo sempre incentrato la nostra attenzione e i risultati sono arrivati". Il capo della Squadra mobile Fabio Catalano, infine, ha sottolineato come l'autonomia del gruppo rom si è "consolidata e i cui componenti adesso hanno le doti di 'ndrangheta conferite da soggetti della 'ndrangheta tradizionale". Catalano ha anche sottolineato come "parte delle vittime questa volta hanno collaborato".

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