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      Cosche confederate a Cosenza: Gratteri: la più grande operazione nel cosentino

       

       

      Cosche confederate a Cosenza: Gratteri: la più grande operazione nel cosentino

      01 set 22 Le cosche di 'ndrangheta operanti a Cosenza e nel suo hinterland, dopo anni di divisioni e anche di scontri, si sono confederate dandosi una struttura di vertice riconducibile ai due principali gruppi, il cosiddetto clan degli italiani, nelle sue varie componenti, e quello degli zingari, anch'esso con varie articolazioni. E' quanto emerso dall'inchiesta "Sistema" condotta da Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza, con il coordinamento della Dda di Catanzaro e che stamani ha portato all'arresto di 189 persone - 139 in carcere e 50 ai domiciliari - a 12 obblighi di dimora e a una misura interdittiva dello svolgimento di attività professionale. Le investigazioni si sono sviluppate attraverso un'attività di tipo tradizionale, con attività tecniche, servizi sul territorio, riscontri "sul campo", con una parallela attività di acquisizione e analisi di dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, corroborati dai relativi riscontri, oltre alla acquisizione di plurime emergenze di altri procedimenti penali. L'indagine ha ricostruito la struttura e il modus operandi di una delle articolazioni, dedite al traffico e allo spaccio diffuso di sostanze stupefacenti di vario genere, nel quadro di quello che viene ipotizzato come il cosiddetto "Sistema" che governa tutti i rapporti tra i vari sottogruppi criminali della città di Cosenza e del suo hinterland. Le cosche cosentine, si dedicavano poi alle tradizionali attività predatorie quali estorsioni ed usura con condotte che, nel tempo, davano vita a una interferenza costante nello svolgimento delle attività economiche della città. La 'ndrangheta cosentina si era dedicata anche all'organizzazione illecita dell'attività di giochi - anche d'azzardo - e di scommesse, oltre a reati di riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni e valori. dall'inchiesta sarebbero emerse commistioni tra gli interessi di imprenditori del settore e quelli della criminalità organizzata per la quale il settore del "gaming" rappresenta una forte attrattiva, in quanto attività estremamente redditizia. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza, dalle Squadre mobili di Cosenza e Catanzaro, dal Servizio centrale operativo di Roma, dai finanzieri del Comando provinciale di Cosenza, del Nucleo di polizia valutaria di Reggio Calabria, dal Gico del Comando provinciale di Catanzaro e dallo Scico di Roma.

      "Forse è la più estesa indagine su Cosenza e riguarda un'associazione mafiosa, un'associazione finalizzata al traffico di droga e tutti reati fine caratteristici della criminalità organizzata, quindi estorsioni, usura e anche rapporti con la pubblica amministrazione. Sono indagati anche tre professionisti". Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, incontrando i giornalisti, ha sintetizzato l'operazione che stamani ha portato all'esecuzione di 200 misure cautelari. Incontro nel corso del quale Gratteri non è entrato nei dettagli a causa della nuova normativa che di fatto impedisce di fare correttamente il servizo di cronaca tutelato, peraltro, dalla Costituzione. "La stampa ha potere - ha detto ai giornalisti - chiedete ai vostri editori di dire ai politici di cambiare la legge, ma finché non cambia non intendo essere né indagato né sottoposto a procedimento disciplinare". "E' stata l'indagine più estesa - ha detto Gratteri - perché abbiamo interessato Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, dal momento che un'inchiesta del genere non poteva farla una sola forza, visto che ognuno di loro già lavorava sulle famiglie di 'ndrangheta, sul territorio. Bisognava mettere a regine tutto quello che c'era negli archivi e nelle banche dati. Ci sono stati due bravi sostituti che hanno coordinato un gruppo lavoro che ha coinvolto centinaia di appartenenti alle forze dell'ordine. Per noi non è stato difficile far lavorare a regime tutti come se fosse un unico Corpo perché ci sono investigatori di primissimo piano nel distretto mandati dai vertici delle forze dell'ordine che ringrazio sempre. Quando c'è gente intelligente è possibili farli lavorare in sinergia anche se hanno una divisa diversa. Il difficile è stato fare sintesi e dare conseguenza logica su piano probatorio a tutto quello che si è trovato".

      Il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, ha sottolineato come l'inchiesta abbia evidenziato l'esistenza di una confederazione unitaria delle cosche, oltre alla presenza dei reati predatori quali estorsioni e usura e un forte esercizio abusivo del credito "condotto in maniera sistematica". "Operazioni come queste - ha sostenuto il direttore centrale anticrimine della Polizia Francesco Messina - possono essere realizzate solo dopo un'accurata e puntuale opera di rafforzamento dei presidi della Polizia sul territorio interessato. Il Dipartimento della Pubblica sicurezza in particolare, negli ultimi 3 anni ha implementato il potenziale delle squadre mobili operanti nel catanzarese, attraverso interventi mirati, offrendo così alla Dda uno strumento operativo duttile e orientato alla realizzazione di un'efficace azione di contrasto alla criminalità organizzata locale. Gli oltre 200 arresti eseguiti oggi nel cosentino in collaborazione con le altre Forze di Polizia, hanno permesso di fare luce su oltre 20 anni di attività illegali perpetrate nel capoluogo bruzio da diverse organizzazioni criminali. L'impegno della sola Polizia ha riguardato l'impiego di circa 600 operatori, coordinati dalla Direzione centrale anticrimine, suddivisi tra Servizio centrale operativo, Squadra mobile di Catanzaro, Squadra mobile di Cosenza oltre a numerose altre Squadre mobili nazionali, nonché Reparti prevenzione crimine di tutta Italia".

      Il gen. Antonio Quintavalle Cecere, comandante dello Scico della Guardia di finanza, ha evidenziato che il sequestro di beni per 72 mln "dimostra come la 'ndrangheta abbia ancora una forza economica", riferendo che un imprenditore, grazie al legame con la 'ndrangheta aveva guadagnato 37 mln in 5 anni.

      L'attività dei carabinieri, ha spiegato il comandante provinciale di Cosenza dell'Arma, col. Saverio Spoto, è stata incentrata sulla ricostruzione della struttura confederata che si erano data le cosche e votata alla gestione dei reati fine.

      Il capo della Squadra mobile di Cosenza Angelo Paduano, dal canto suo, ha messo in evidenza come il patto federativo avesse consentito alle cosche cosentine di realizzare una spartizione scientifica del territorio, superando scontri e divisioni degli anni passati.

      All'incontro con la stampa hanno preso parte i comandanti regionali di Guardia di finanza e Carabinieri, Guido Mario Geremia e Pietro Francesco Salsano.

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