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      Operazione CC contro caporalato, 15 arresti e sequestri in provincia Cosenza e Matera

       

       

      Operazione CC contro caporalato, 15 arresti e sequestri in provincia Cosenza e Matera

      31 mar 22 Un'operazione dei carabinieri per il contrasto al caporalato è terminata con 15 arresti (sei in carcere e nove ai domiciliari) ed il sequestro di varie aziende agricole. I provvedimenti emessi dal Gip di Castrovillari su richiesta della Procura della Repubblica. Le indagini che hanno portato all'emissione delle ordinanze di custodia cautelare e dei decreti di sequestro sono state condotte dai carabinieri del Reparto territoriale di Corigliano Rossano e del Comando Tutela per il lavoro, con il supporto dei militari dei Comandi provinciali di Crotone e Matera. Le persone coinvolte nell'operazione sono indagate, a vario titolo, per i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, minaccia ed estorsione. Gli arresti ed i sequestri vengono eseguiti, in particolare, nei territori di Corigliano Rossano, Mirto Crosia, Crotone e Matera.

      E' stato disposto il sequestro preventivo dei beni e delle quote aziendali di 10 imprese operanti nel settore agricolo (quattro persone giuridiche e sei imprese individuali): quattro in provincia di Cosenza, cinque in provincia di Crotone e una in provincia di Matera. Sigilli anche a cinque veicoli che sarebbero stati utilizzati dai caporali per il trasporto dei lavoratori in nero. Il valore totale dei beni sequestrati è stato stimato in circa 15 milioni di euro. L'inchiesta prende le mosse da un'indagine dei carabinieri di Mirto Crosia (Cosenza), condotta in sinergia con i colleghi del Comando Tutela del lavoro di Cosenza, e ha permesso di portare alla luce il fenomeno dell'impiego di lavoratori in condizioni illecite da parte di aziende dislocate in Calabria (tra le province dei Cosenza e Crotone) e in Basilicata (Matera). Gli investigatori hanno preso in esame la condotta degli indagati nell'arco del periodo 208-2021 anche attraverso le denunce delle vittime, accertando il reiterato ricorso a minacce, anche di morte e ad atti di violenza. Il tutto per costringere i lavoratori di varie nazionalità (gambiana, nigeriana, romena), ad accettare retribuzioni dai 15 ai 30 euro al giorno a fronte di oltre 12 ore di lavoro nei campi prospettando loro che in caso diverso sarebbero stati licenziati. Inoltre le indagini, secondo quanto emerso, hanno con sentito di provare le responsabilità penali degli arrestati in ordine alle ripetute violazioni della normativa a tutela dei lavoratori in materia di igiene e sicurezza sui posti di lavoro, orario di lavoro e riposi (che duravano tra i 10 e i 30 minuti). Addirittura, in un caso un sarebbe stata negata assistenza ad un lavoratore che si era stirato una gamba dopo aver caricato oltre 630 cassette di pomodoro. Inoltre sarebbe stato documentato come i caporali esigevano la restituzione di parte dello stipendio o come istruivano i lavoratori nel caso di un eventuale controllo di polizia.

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