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      Estorsioni a imprenditori, 5 arresti PS a Reggio, pizzo anche a Cattedrale

       

       

      Estorsioni a imprenditori, 5 arresti PS a Reggio, pizzo anche a Cattedrale

      25 feb 21 Un'operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, è in corso per l'esecuzione di 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti di elementi di vertice, affiliati e soggetti contigui alle potente cosca di 'ndrangheta De Stefano operante a Reggio. Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione ai danni di affermati imprenditori, aggravate dal metodo e dall'agevolazione mafiosa. Gli investigatori della Squadra mobile, coadiuvati dagli equipaggi dell'Ufficio Volanti della Questura di Reggio Calabria, stanno eseguendo anche perquisizioni domiciliari a carico degli indagati.

      L'inchiesta

      La cosca De Stefano di Archi e l'estorsione per i lavori di rifacimento del Corso Garibaldi e di piazza Duomo a Reggio Calabria. C'è questo al centro dell'inchiesta "Nuovo Corso" che ha portato oggi a 5 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip nei confronti di esponenti del clan di Archi. Il blitz della Polizia è scattato all'alba. L'indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dai sostituti della Dda Walter Ignazitto e Stefano Musolino, ha documentano ulteriormente l'esistenza e l'operatività della cosca De Stefano nella città dello Stretto, soprattutto nel settore delle estorsioni in danno di imprenditori aggiudicatari di gare d'appalto per la realizzazione di opere pubbliche. L'inchiesta della Squadra mobile ha fatto luce sulle gravi vicende estorsive poste in essere in danno di un noto imprenditore reggino e di un suo consociato in Ati di un'altra provincia calabrese, aggiudicatari degli appalti pubblici per il rifacimento del Corso Garibaldi. Lo stesso imprenditore di Reggio ha subito un'altra estorsione per i lavori di rifacimento di piazza Duomo di Reggio Calabria. Oltre alle misure cautelari, che hanno colpito elementi di vertice e affiliati dei De Stefano di cui alcuni già in carcere, gli investigatori della polizia hanno eseguito diverse perquisizioni.

      Richieste pizzo anche in cattedrale

      C'è anche il boss del quartiere Archi di Reggio Calabria Paolo Rosario De Stefano tra gli arrestati nell'ambito dell'inchiesta "Nuovo Corso". Il figlio del defunto Giovanni De Stefano, infatti, è uno dei destinatari dell'ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda reggina Stefano Musolino e Walter Ignazitto. La squadra mobile di Reggio Calabria ha arrestato anche Andrea Giungo, Domenico Morabito, Paolo Caponera e Domenico Musolino. Stando all'inchiesta, tra il 2015 e il 2018, l'imprenditore reggino Francesco Siclari avrebbe pagato "a titolo di pizzo", e in più tranche, la somma di 80mila euro, corrispondente al 2% del valore dei lavori di ristrutturazione del centralissimo corso Garibaldi. L'estorsione ha visto come vittima anche l'imprenditore di Cirò Marina (Crotone) Antonio Porta che, con Siclari, era componente dell'Ati che si era aggiudicata l'appalto. Siclari, inoltre, avrebbe subito una seconda estorsione per i lavori di riqualificazione di Piazza Duomo. Tutte e due le richieste di pizzo sarebbero state avanzate da Andrea Giungo che, assieme a Domenico Morabito, è accusato anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo i pm, infatti, sarebbe stato Andrea Giungo il soggetto del clan di Archi che ha accompagnato Siclari al cospetto del boss Paolo Rosario De Stefano. Gli indagati, in sostanza, rivendicavano quello che i pm descrivono come "il diritto di autorizzare l'esecuzione dei lavori edili nella zona controllata dal loro sodalizio mafioso". In caso di mancato accoglimento della richiesta estorsiva, inoltre, gli arrestati avrebbero prospettato "azioni ritorsive". In sostanza, per i De Stefano, l'imprenditore aveva la "necessitą di 'protezione' anche in ragione dei danneggiamenti e dei furti perpetrati nei cantieri". "Ti sei aggiudicato i lavori del Corso Garibaldi eventualmente vedi che noi se viene qualcuno a trovarti di altre famiglie eventualmente gli dici che hai parlato con noi": stando alle dichiarazioni della vittima, sarebbe stata questa la frase che Andrea Giungo avrebbe detto a Siclari. Una richiesta di pizzo, inoltre, sarebbe stata avanzata addirittura all'interno della cattedrale: "Lo incrocio vicino al Duomo - racconta Siclari ai pm - e mi dice di entrare dentro la chiesa, la cattedrale. Con questo con sta motocicletta mi affiancano sulla via San Francesco Da Paola e mi dicono di fermarmi e mi fa segno che devo entrare dentro la cosa ... entriamo dentro la cattedrale, ci sediamo in un banco, io terrorizzato perché ho ... cominciavo a capire la pericolosità del soggetto". Oltre alla collaborazione dell'imprenditore, l'impianto accusatorio poggia le sue basi sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio De Carlo. Nell'ordinanza il gip parla di "morsa asfissiante nella quale rimangono vittime gli operatori imprenditoriali del territorio governato da cosche di ndrangheta potenti, storiche e terribili come la cosca De Stefano". Oltre agli arrestati, nell'inchiesta sono indagati anche Paolo Morabito e Vincenzino Zappia, ritenuto il braccio destro del boss Giuseppe De Stefano.

      Bombardieri, 'Imprenditori si ribellino'

      "A Reggio Calabria il pizzo lo pagano tutti, anche gli 'ndranghetisti. Lo pagano meno o in modalità diverse ma lo pagano. È una regola di 'ndrangheta che ha trovato conferma sempre nelle nostre indagini". A dirlo il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa per illustrare i dettagli dell'operazione "Nuovo Corso" che ha portato all'arresto di cinque persone per due estorsioni ai danni dell'imprenditore Francesco Siclari che aveva vinto l'appalto per la ristrutturazione del corso Garibaldi e per il rifacimento di Piazza Duomo. "Invito gli imprenditori - ha aggiunto - a ragionare su questo. Spesso non ci si rende conto che la propria soggezione alle cosche può diventare a lungo andare un meccanismo di inquinamento del mercato libero dell'economia. Noi invitiamo gli imprenditori a ribellarsi da questo pericolo, da quest'insidia. Sono benefici che trasformano la posizione dell'imprenditore: da vittima a partecipe, soggetto beneficiario di determinate condotte". Non è il caso di Francesco Siclari che ha avuto il coraggio di denunciare la cosca De Stefano. "Non si può demonizzare e criminalizzare tutta l'imprenditoria - ha spiegato Bombardieri - ma si deve valutare caso per caso, situazione per situazione, relazione per relazione. Noi dobbiamo chiedere agli imprenditori di liberarsi dalla paura e di essere assistiti dallo Stato". L'indagine, ha poi detto il magistrato, "è un seguito delle operazioni che da un po' di tempo ci stanno delineando le reali dinamiche delle cosche di 'ndrangheta che controllano l'area di Reggio centro. Per come è maturata la vicenda ci dà l'idea di come opera la 'ndrangheta a Reggio. Nasce con l'avvicinamento dell'imprenditore prima con il volto affabile e amichevole di Andrea Giungo. Ma tutti quelli che si presentano lo fanno come famiglia De Stefano. A ogni pagamento dei Sal si presentavano a riscuotere il pizzo. Si sostituiscono i soggetti che operano sempre come appartenenti a quella famiglia". Il boss Paolo Rosario De Stefano si sarebbe "posto in maniera tranquillizzante con la vittima". "Devi essere vicino alla famiglia" avrebbe detto De Stefano a Siclari per farlo diventare "l'imprenditore di riferimento della cosca". L'imprenditore, però, si è rivolto alla Procura. "È stata una violenza psicologica che è fortissima - ha detto Bombardieri -. Questi interventi dimostrano che lo Stato reagisce e che ha tutta la forza per farlo. In un territorio come quelli di Reggio Calabria in cui l'economia viene inquinata dall'intervento della 'ndrangheta, bisogna distinguere l'imprenditore che paga e che è vittima, da quello che beneficia di quel pagamento".

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