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      Grazie al coronavirus arrrestato il boss Cordì

       

       

      Grazie al cronavirus arrrestato il boss Cordì

      13 mar 20 Arrestato a Bruzzano Zeffirio, in provincia di Reggio Calabria, il latitante Cesare Antonio Cordì, 42enne esponente di spicco della 'ndrangheta di Locri, in una operazione messa a segno dai carabinieri delle Compagnie di Bianco e Locri, assieme allo squadrone eliportato "Cacciatori d'Aspromonte". L'uomo si nascondeva nel centro del reggino ed è stato individuato grazie alla violazione delle norme emergenziali in atto per il contenimento del contagio da Coronavirus. Erano sulle tracce di Cesare Antonio Cordì, figlio di Antonio detto "u ragiuneri", attualmente in carcere, già dallo scorso mese di settembre gli investigatori dell'Arma che lo hanno arrestato nel piccolo centro aspromontano dove si era nascosto. Cordì, ritenuto l'attuale reggente dell'omonima cosca di Locri, è stato trovato nella tarda serata di ieri all'interno di un'abitazione, apparentemente disabitata,che l'uomo probabilmente era costretto a lasciare, in questi giorni di emergenza sanitaria, seppure con fugaci uscite, per andare a fare la spesa. Avuta la certezza della presenza di Cordì all'interno della casa i carabinieri sono intervenuti con un'azione fulminea che non ha consentito all'uomo di poter scappare. L'uomo era ricercato dall'agosto scorso quando i militari del Comando provinciale di Reggio Calabria, coordinati dalla Procura di Reggio Calabria, con l'operazione "Riscatto" avevano assestato un duro colpo alla cosca locrese per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, illecita concorrenza con minaccia o violenza, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto in luogo pubblico di armi, con l'aggravante di aver agito per favorire gli interessi della 'ndrangheta. Gli investigatori sottolineano il profilo economico della figura di Cesare Antonio Cordì all'interno della cosca.

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