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      Coronavirus: Su messe e funerali ancora è scontro con la CEI

       

       

      Coronavirus: Su messe e funerali ancora è scontro con la CEI

      26 apr 20 Sulle messe e le cerimonie funebri c'è "stata una fitta interlocuzioni con il comitato tecnico-scientifico che non ha nascosto la propria rigidità". Lo ha sottolineato il premier Giuseppe Conte spiegando la proroga delle restrizioni per le messe e l'apertura, ad un massimo di quindici persone tra i congiunti, delle cerimonie funebri, "possibilmente all'aperto e mantenendo il distanziamento sociale". Conte, nel corso del suo intervento ha ringraziato la "Cei per la sua comprensione".

      La CEI non è d'accordo, P.Chigi: ora protocolii messe

      Il duro scontro che si è consumato tra l'episcopato italiano e il governo Conte sulle messe, con forti prese di posizione della Cei e di Avvenire contro il permanere del blocco delle celebrazioni, ha portato in serata Palazzo Chigi a precisare che nei prossimi giorni ci saranno "protocolli per messe". Anche alle luce delle posizioni contrarie all'interno dell'Esecutivo (la ministra Bonetti ha chiesto di rivedere la decisione) la Presidenza Consiglio in tarda serata ha reso noto di aver "preso atto" della comunicazione della Cei fatta dopo la conferenza stampa del premier. Di fatto la decisione annunciata questa sera da Conte, sulla base delle indicazioni del Comitato tecnico scientifico ("la partecipazione dei fedeli... comporta criticità ineliminabili"), prolunga anche dopo il 4 maggio la chiusura alle messe con la partecipazione dei fedeli, su cui invece la Chiesa italiana aveva chiesto una riapertura rispettando le condizioni di sicurezza anti-contagio. Una deroga concessa dall'esecutivo riguarda solo la celebrazione dei funerali, cui potranno partecipare comunque un numero limitato di persone, solo i parenti stretti. Il mantenimento del 'no' alle liturgie con la comunità dei fedeli non è andato giù alla Cei, che questa sera ha subito diffuso una durissima nota su "Il disaccordo dei vescovi", in cui evoca addirittura la violazione della "libertà di culto". E il quotidiano Avvenire parla di "errore molto grave", che sarà "molto difficile fa capire" perché "è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no". "I Vescovi italiani - ha detto la Cei - non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l'impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale", afferma la Conferenza episcopale italiana nel comunicato. In tarda serata Palazzo Chigi ha mandato una nota di risposta: "La Presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione della Cei e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal Presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza". Che la questione messe fosse al centro di un dibattito interno al governo e con il Cts lo dimostra quando detto il 23 aprile dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese proprio ad Avvenire: 'Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto'. Parole che arrivavano dopo "un'interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della Cei, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio", recrimina la Cei. "Un'interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all'emergenza sanitaria. Un'interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che - nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia - la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale", prosegue. "Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo", aggiunge il comunicato dei vescovi. "Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità - dare indicazioni precise di carattere sanitario - e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia", conclude l'episcopato italiano. Dalla decisione dell'esecutivo, su cui ha evidentemente pesato la posizione del Comitato tecnico scientifico, prende le distanze anche la ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti. "Non posso tacere di fronte alla decisione incomprensibile di non concedere la possibilità di celebrare funzioni religiose", dice all'ANSA. "Non ho mai condiviso questa decisione e non credo ci assolva riferirci alla rigidità del parere del comitato tecnico scientifico - aggiunge la ministra -. Sta alla politica tutelare il benessere integrale del Paese, e la libertà religiosa è tra le nostre libertà fondamentali". "Questa scelta priva i cittadini della libertà di vivere in comunità la dimensione del culto - conclude Bonetti -. Avremmo potuto farlo in pieno rispetto delle regole di sicurezza che sono necessarie per evitare la diffusione del contagio. Così come lo facciamo nei luoghi di lavoro e lo faremo nei musei che abbiamo già deciso di riaprire. Da ministra non mancherà la mia voce ferma perché nel Consiglio dei Ministri si consideri di modificare questa decisione. La comunità ecclesiale, in particolare, si sta mettendo al servizio delle famiglie, delle istituzioni, del Paese. Ringraziarla non basta. Va rispettata".

      Avvenire, ferita incomprensibile e ingiustificabile

      "Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no". Lo scrive in un editoriale il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che sul tema fede e fase 2 parla di una "ferita incomprensibile e ingiustificabile". La cautela e le raccomandazioni con le quali il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato il graduale ingresso dell'Italia nella cosiddetta Fase 2 dell'emergenza sanitaria da coronavirus sono comprensibili e lodevoli. Anche se si vede la luce, non siamo affatto fuori dal tunnel della pandemia. Ed è giusta e necessaria - aggiunge Tarquini in un editoria pubblicato sul sito del giornale dei vescovi - la fedeltà all'alleanza tra scienza e politica che all'inizio della crisi avevamo auspicato dalla prima pagina di Avvenire in un'editoriale affidato alla penna di un grande medico e nostro collaboratore, il professor Walter Ricciardi. C'è bisogno di competenza e di calibrata fermezza per vincere la sfida rappresentata dal Covid-19". "Ma sconcerta, preoccupa e ferisce l'orientamento - maturato, come ha sottolineato lo stesso premier, nel confronto finale tra autorità di governo e "tecnici" - a negare ancora, per settimane e forse mesi, ai credenti la possibilità di partecipare, naturalmente secondo rigorose regole di sicurezza, a funzioni religiose diverse dai funerali (gli unici finalmente consentiti). È un errore molto grave. Non si può pensare di affrontare una generale 'ripartenza' che si annuncia delicatissima rinunciando inspiegabilmente a valorizzare la generosa responsabilità con cui i cattolici italiani - come i fedeli di altre confessioni cristiane e di altre religioni - hanno accettato rinunce e sacrifici e, dunque, senza dare risposta a legittime, sentite e del tutto ragionevoli attese della nostra gente".

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