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      Coronavirus: passeggiata coi bimbi? Realtà potrebbe essere trauma

       

       

      Coronavirus: passeggiata coi bimbi? Realtà potrebbe essere trauma

      01 apr 20 Può essere anche salutare far fare il giro di palazzo ai propri figli purchè il bisogno sia dei bambini e non dei genitori. E sopratutto a patto che i grandi si rendano conto che una realtà fatta di città vuote, parchi chiusi, gente in fila e con le mascherine può causare nei più piccoli paure e traumi. A sostenerlo è il professor Marco Pacifico, psicoterapeuta e direttore del Centro di Psicologia Integrata per il Benessere a Roma, dove nella struttura dedicata ai più piccoli, la Celib young, ogni anno vengono assistiti tra i 200 e 300 bambini. Per Pacifico insomma in queste condizioni "per la grande maggioranza dei bambini la casa è il nido più protetto". "Laddove il bambino esprima il desiderio di uscire è consigliabile farlo -dice- nelle ore di luce perché il sole gioca un ruolo determinante sull'umore ritmo sonno-veglia e per la produzione della vitamina D visto che in questo momento per alcuni bambini viene segnalato un aumento dei disturbi del sonno". Prima di uscire però bisogna "fare attenzione a quale bisogno stiamo andando a soddisfare. Se quello del genitore o quello del figlio; l'imposizione dell'ora d'aria obbligatoria all'interno di questa routine quotidiana determinata dal Coronavirus diventa uno stress aggiuntivo in un momento di difficoltà. Se vedo che mio figlio non fa alcun tipo di richiesta, come genitore devo stare tranquillo". "Quello che noto è che i bambini si sono adattati -aggiunge- Dentro casa tendenzialmente hanno ricreato il loro ambiente. Sono contenti perché non vanno a scuola e sono contenti perché finalmente stanno con i genitori". Per Pacifico l'uscita del bambino soprattutto fino ai 7/8 anni va regolata con molta attenzione. "Portarli fuori non solo è complicato - avverte lo psicoterapeuta - perché devono essere contenuti all'interno di un perimetro spaziale e definito (non possono giocare e devono stare accanto al genitore, ndr). C'è poi anche il fatto che li si porta all'esterno dove si percepisce la tensione. Un bambino che è in casa non vede persone camminare con mascherina e guanti, non vede ai supermercati file di persone distanziate. Può avere la notizia, può fare il compito per la scuola su che cosa è il Coronavirus però non vede la realtà, non percepisce il dramma sociale che si sta vivendo e quando lo vede è presumibile che si spaventi. Soprattutto per i bambini fino ai 7/8 anni quello che gli rimane è la paura: abbiamo il rischio di avere in futuro bimbi con una dimensione ansiogena e ipocondriaci. Questo perchè non sanno razionalizzare e quello che gli rimane impresso è soltanto l'immagine delle persone che hanno la mascherina e i guanti". C'è anche un altro aspetto che sottolinea l'esperto ed è quello dello stress per i genitori che si trovano a contenere bambini che non possono giocare, non possono toccare le cose, non possono socializzare ma solo camminare. I più grandi invece si sono auto-organizzati con le video-lezioni, i compiti in casa e con le modalità interattive si confrontano con i propri amici.

      "Se si esce di casa con un bambino rispettando le norme, per un motivo preciso e previsto dai decreti, si può fare". Ma "non c'è alcun motivo per portare a spasso un bambino in carrozzina, non va fatto e può essere imprudente". Così il presidente della Società italiana di Pediatria e membro del Comitato Tecnico Scientifico Alberto Villani ha risposto a chi gli chiedeva quale fosse la corretta interpretazione della circolare del Viminale. "Esiste un Dpcm che dice che non è consentito uscire di casa se non per motivata ragione - ha aggiunto - e tutto resta esattamente come è".

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