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      Maxi operazione della DIA e Gdf tra Calabria e Toscana, arresti e sequestri

       

       

      Maxi operazione DIA, CC e Gdf tra Calabria e Toscana, arresti e sequestri

      19 feb 18 Dalle prime ore dell'alba personale della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Reggio Calabria e del Comando provinciale della Guardia di finanza sta eseguendo sull'intero territorio nazionale un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) reggina nei confronti di numerosi soggetti appartenenti alla 'ndrangheta. 27 le persone destinatarie del provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Reggio Calabria. Sono in esecuzione, inoltre, sequestri di imprese, beni immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 100 milioni di euro. Contemporaneamente, su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Firenze, si stanno eseguendo ulteriori provvedimenti restrittivi e di sequestro. Dia e Guardia di finanza di Reggio Calabria hanno sequestrato, tra l'altro, 51 imprese, oltre a beni immobili e disponibilità finanziarie. Le persone destinatarie del provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Reggio Calabria sono ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale, associazione per delinquere finalizzata all'emissione di false fatturazioni, reati fallimentari ed altro. Nei provvedimenti restrittivi emessi dalla Dda di Firenze si contestano ai destinatari il riciclaggio ed il reimpiego nel tessuto economico toscano dei proventi illeciti conseguiti dall'organizzazione criminale.

      In Toscana operano CC e Gdf: Operazione dei Carabinieri e della Guardia di finanza di Firenze nei confronti di numerosi soggetti ritenuti in affari con la 'ndrangheta. Dalle prime ore di oggi i militari stanno eseguendo, su tutto il territorio nazionale, ordinanze di custodia cautelare disposte dal gip del capoluogo toscano. In corso di esecuzione anche provvedimenti di sequestro di imprese, immobili e disponibilità finanziarie, in Italia e all'estero. Sono 14 le persone per le quali il gip, su richiesta della Dda di Firenze, ha emesso la misura di custodia cautelare: per 11 in carcere, per altri 3 agli arresti domiciliari. I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, attività finanziaria abusiva, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso. Contemporaneamente all'operazione condotta da carabinieri e guardia di finanza di Firenze, su ordine della Dda di Reggio Calabria sono in esecuzione ulteriori provvedimenti restrittivi e di sequestro per plurime condotte illecite, tra le quali l'associazione mafiosa.

      27 arresti a Reggio e 14 a Firenze. Nelle due inchieste parallele che oggi hanno dato un 'colpo' ai meccanismi economico e finanziari di riciclaggio dei proventi illeciti della 'ndrangheta sono 27 i fermi disposti dalla Dda di Reggio Calabria nell'inchiesta 'Martingala' con accusa di associazione a delinquere di stampa mafioso (416 bis) e altri 46 sono i denunciati. Invece nell'inchiesta 'Vello d'Oro' della Dda di Firenze risultano 18 indagati di cui 14 arrestati con ordinanza del gip (11 in carcere e 3 ai domiciliari) per ipotesi di reato, a vario titolo, di associazione a delinquere, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio ed auto riciclaggio, esercizio abusivo dell'attività del credito, emissione di false fatture. Contestata l'aggravante del metodo mafioso. Secondo quanto riferito dagli inquirenti in una conferenza stampa a Firenze, sono 4 gli indagati 'comuni' tra le due inchieste.

      Gli arrestati di Firenze: L'inchiesta 'Vello d'oro' della Dda di Firenze contro fenomeni di riciclaggio della 'ndrangheta ha portato oggi in carcere, su ordinanza del gip Paola Belsito, a vario titolo, Antonio Scimone di 43 anni, Giuseppe Nirta di 42 anni, Giuseppe Pulitanò di 30 anni, Ferdinando Rondò di 44 anni, Francesco Saverio Marando di 40 anni, tutti di Bianco (Reggio Calabria), e Cosma Damiano Stellitano, 53 anni di Reggio Calabria ma domiciliato a Vinci (Firenze), Antonio Barbaro, 45 anni, originario di Platì ma residente a Cosenza, Andrea Iavazzo di 65 anni abitante a Pistoia. Arrestati in carcere gli imprenditori Giovanni Lovisi, 54 anni, e Lina Filomena Lovisi, 33, e Maurizio Sabatini, 58 anni, tutti a Santa Croce sull'Arno (Pisa). Ai domiciliari gli imprenditori Alessandro Bertelli, 46 anni di San Miniato (Pisa) ma abitante a Fucecchio; Filippo Bertelli, 48 anni residente a Empoli (Firenze) e Marco lami, 59 anni di Santa Croce sull'Arno. La ditta cartiera che emetteva fatture false in Toscana è la Unipel, con sede a S.Croce.

      Sistema Scimone. Sia nell'inchiesta anti riciclaggio 'Martingala' della Dda di Reggio Calabria, sia nell'inchiesta analoga 'Vello d'oro' della Dda di Firenze, emerge la figura di Antonio Scimone, 43 anni di Bianco (Reggio Calabria). Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha parlato a suo proposito di 'sistema Scimone', soggetto capace di "una gestione strutturata di frodi carosello", attraverso fatturazioni false emesse da una nutrita rete di società, e "riciclatore professionista al servizio non di una singola cosca ma della criminalità organizzata della provincia reggina unitariamente intesa". Anche con lui "l'indagine - ha detto Lombardo - va oltre la 'ndrangheta conosciuta, mostra una 'ndrangheta globalizzata". Le indagini della Guardia di Finanza e dei carabinieri di Reggio Calabria pongono Scimone a capo di una nutrita rete di società, commerciali ma anche 'cartiere', in Italia e all'estero, idonee a gestire gli ingenti capitali illeciti delle cosche della provincia reggina, da quelli da traffico di cocaina a quelli da altri reati. E lo definiscono "principale artefice delle false fatturazioni e vero regista delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività commerciali". Oltre alle fatturazioni false, Scimone è ritenuto abile nello sfruttare contratti di 'joint venture' e di 'nolo a freddo'. Per le operazioni di riciclaggio coi conciatori della Toscana (inchiesta 'Vello d'oro'), Antonio Scimone poteva contare nella provincia di Firenze su Cosma Damiano Stellitano, anche lui arrestato da Gdf e carabinieri, mentre in Calabria era coadiuvato anche da Giuseppe Nirta (nipote dell'omonimo capo della 'ndrina La Maggiore di San Luca, ucciso nel 1995) e Antonio Barbaro ritenuto appartenente alla cosca Barbaro 'I nigri'.

      De Raho: Affari con imprese colluse: "Le proiezioni avvengono in modo da coinvolgere anche le imprese all'estero che emettono false fatture per consentire poi ad imprenditori collusi di frodare il fisco". Così il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho in merito alle operazioni contro la 'ndrangheta delle Dda di Reggio Calabria e Firenze. "Ma molti degli affari, e dei soldi della 'ndrangheta - aggiunge Cafiero de Raho - si spostavano in Toscana attraverso imprenditori collusi, i quali hanno coperto sostanzialmente i proventi delle attività criminose con false fatturazioni. Altri imprenditori, invece, quelli in difficoltà, ottenevano dall'organizzazione criminale prestiti ad usura. Ed anche questi finivano per essere in qualche modo coperti da quelle stesse fatture".

      Assorbite imprese legali e pulite. In questa inchiesta della Dda di Firenze appare "un sistema economico, complice e consapevole, che trae dei propri utili. In questo caso abbiamo una 'ndrangheta che non ha bisogno di usare violenza e di esercitare intimidazioni perchè assorbe la parte dell'economia legale attraverso il sistema del guadagno, il sistema delle false fatturazioni". Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho nella conferenza stampa di Firenze in cui sono state illustrare le due operazioni contro la 'ndrangheta 'Vello d'Oro' della Dda di Firenze e 'Martingala' della Dda di Reggio Calabria. "Sistemi che consentono alla stessa 'ndrangheta - ha proseguito Cafiero de Raho - di coprire le proprie ricchezze che provengono da traffici illeciti".

      Accordi con le cosche di Reggio. "Le cosche che operano sia sul mandamento jonico, sia quello tirrenico che nella città di Reggio Calabria, operano tramite accordi economici che consentono loro di fare affari, come dimostrano queste inchieste con meccanismi societari che consentono di ottenere ulteriori guadagni e che si avvalgono di società costituite all'estero". Lo ha evidenziato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho parlando con i giornalisti dopo la conferenza stampa tenuta a Firenze in cui sono state presentate le inchiesta 'Vello d'Oro' e 'Martingala' che hanno svelato meccanismi di riciclaggio in Italia e i Paesi esteri da parte delle cosche della provincia di Reggio Calabria. Secondo quanto spiegato dagli inquirenti, per il riciclaggio dei proventi illeciti le stesse cosche reggine avrebbero affidato il ruolo di regista delle movimentazioni finanziarie ad Antonio Scimone, capace di gestire ingenti quantità di denaro contante in particolare per conto delle famiglie 'ndranghetiste dei Nirta e dei Barbaro, operativi sul litorale jonico del provincia reggina.

      Sequestrate 12 società, 7 all'estero. Il gip di Firenze Paola Belsito nell'inchiesta 'Vello d'Oro' della Dda toscana ha disposto il sequestro preventivo di 12 società, di cui 7 con sede all'estero, e sospettate di essere controllate dalla 'ndrangheta. Queste sono società con sedi in Slovenia, Gran Bretagna, Austria, Croazia e Romania. Sequestrati numerosi conti correnti bancari. Le indagini hanno evidenziato che gli esponenti della 'ndrangheta attivi in Toscana andavano a prendere in Slovenia, presso una banca locale, il denaro oggetto del riciclaggio da svolgere in Toscana in collaborazione con aziende del distretto del cuoio. Secondo quanto emerge, il denaro veniva dato alle aziende 'sane' che poi lo avrebbero restituito maggiorato di un tasso usurario con pagamento di false fatture, in particolare per la finta fornitura di pellami, fittiziamente pattuita con un imprenditore calabrese in Toscana.

      Le concerie come riciclaggio di denaro sporco. L'inchiesta 'Vello d'Oro' della Dda e dei Comandi provinciali dei carabinieri e della Gdf di Firenze, che stamani ha portato all'arresto di 14 persone in Toscana e in Calabria, ha svelato meccanismi di riciclaggio di capitali 'sporchi' di cosche della 'ndrangheta della provincia di Reggio Calabria con imprese del distretto del cuoio, nelle zone di Fucecchio e Santa Croce sull'Arno. Secondo le indagini si tratta di società conciarie sane i cui imprenditori avrebbero preso accordi con esponenti in Toscana della 'ndrangheta per rafforzare la liquidità e per ottenere vantaggi sull'Iva tramite il pagamento di false fatture per operazioni commerciali inesistenti. Il denaro ottenuto dagli esponenti della 'ndrangheta in Toscana sarebbe provento di illecito e veniva rimborsato a un tasso usurario medio del 9,5%. L'inchiesta 'Vello d'Oro' indaga dieci imprenditori toscani di cui sei messi agli arresti dal gip Paola Belsito. "Il quadro è preoccupante sia in Toscana sia in altre regioni del Centro-Nord - ha commentato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho - La 'ndrangheta si presenta agli imprenditori apparentemente onesti con il miraggio di procurare guadagni migliori e di far raggiungere loro obiettivi più alti. Abbiamo il dovere di fare attenzione all'apertura di queste presunte ricchezze in un momento come quello attuale dove le imprese faticano ad andare avanti".

      Prima fattura falsa nell'Empolese. L'inchiesta 'Vello d'oro', che stamani ha portato all'arresto di 14 persone tra Toscana e 27 in Calabria per riciclaggio di 'denaro sporco' della 'ndrangheta, è partita dalla denuncia di un imprenditore conciario ai carabinieri di Empoli nel 2014. L'uomo dichiarava di aver subito minacce per non aver pagato un prestito che gli era stato concesso a tassi di usura: si trattava di 30.000 euro di cui rendere 35.000 euro il giorno dopo, con un incremento del 17%. Le indagini, coordinate dal magistrato Ettore Squillace Greco della Dda di Firenze, hanno ricostruito che il denaro arrivò in Toscana dalla Calabria e che fu consegnato contestualmente all'emissione di fatture false, per un acquisto inesistente di pellami. La fattura finta era la 'pezza d'appoggio' che lo stesso imprenditore della zona di Empoli avrebbe dovuto pagare, per giustificare l'aumento di denaro maggiorato, a Cosma Damiano Stellitano, un calabrese da una ventina di anni domiciliato a Vinci (Firenze) oggi finito in carcere nell'inchiesta 'Vello d'oro'. L'imprenditore toscano non rese i soldi e annullò il bonifico a favore di una società riconducibile a Stellitano. Ma tempo dopo, un amico dell'imprenditore toscano, colui che lo aveva messo in contatto con Stellitano, fu sequestrato da una 'batteria' di calabresi che lo costrinsero a salire in auto e a condurli nei luoghi in cui avrebbero potuto rintracciare il debitore. Prima di rilasciarlo, dopo un'intera giornata, lo minacciarono anche di portarlo in Calabria e di non rilasciarlo fino a che la cifra non fosse stata pagata. Poi, in base a quanto emerso, nei mesi successivi, quattro persone aggredirono l'imprenditore toscano a Fucecchio (Firenze), picchiandolo e intimandogli di restituite il denaro che doveva.

      Cosche partner in imprese sane. "Questa inchiesta non ha niente a che fare con coppole e lupara, non ha niente di arcaico e di vecchio. Questa è un'operazione modernissima e coinvolge tutte le componenti della 'ndrangheta reggina, le cosche della zona ionica, quelle del centro e quelle della zona tirrenica. Emerge una struttura organizzativa, unitaria, delle cosche per riciclare". Lo ha detto il procuratore capo di Reggio Calabria Gaetano Paci nella conferenza stampa di Firenze illustrando l'operazione 'Martingala' della Dda reggina con cui sono stati eseguiti 27 fermi per associazione a delinquere per 'ndrangheta. Paci ha evidenziato che "la 'ndrangheta si accredita alle imprese sane, inserite nei circuiti legali, come partner in grado di erogare servizi, come una società di servizi capace di erogare su scenari nazionali e internazionali una serie di opportunità che sfuggono alle regole". "Questa 'ndrangheta - ha aggiunto - agisce all'estero. Ma non si va all'estero senza avere un vasto know how di relazioni e supporti".

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