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Maxi operazione contro ndrangheta in Emilia, 160 arresti, 37 in Calabria contro clan Aracri
Maxi operazione contro ndrangheta in Emilia, 160 arresti, 37 in Calabria contro clan Aracri 28 gen 15 Maxi operazione dei carabinieri contro la 'ndrangheta in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia. Migliaia i carabinieri impiegati. Centodiciassette gli arresti disposti dalla magistratura di Bologna. Altri 46 provvedimenti sono stati emessi dalle procure di Catanzaro e Brescia, per un totale di oltre 160 arresti. A coordinare l'inchiesta, denominata 'Aemilia', la procura distrettuale antimafia di Bologna, che ha ottenuto dal gip un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 117 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed altro. Tutti reati commessi con l'aggravante di aver favorito l'attività dell'associazione mafiosa. Contestualmente, le procure di Catanzaro e Brescia - in inchieste collegate - hanno emesso altri 46 provvedimenti di fermo per gli stessi reati. Imponente lo schieramento dei carabinieri impiegati, anche con l'ausilio di elicotteri, in arresti e perquisizioni. In Emilia, sottolineano gli investigatori, la 'ndrangheta ha assunto una nuova veste, colloquiando con gli imprenditori locali. In Calabria 37 arresti, tra loro fratelli boss Aracri. L'inchiesta sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Emilia Romagna ed in altre regioni nell'ambito della quale è in corso l'operazione dei carabinieri coordinata dalla Dda di Bologna ha portato in Calabria al fermo di 37 persone. A gestire le attività illecite emerse dall'inchiesta era, secondo l'accusa, la cosca Grande Aracri di Cutro (Crotone). I provvedimenti di fermo vengono eseguiti dai Comandi provinciali dei carabinieri di Crotone e Catanzaro. Tra le persone coinvolte nell'operazione contro la 'ndrangheta condotta dai carabinieri e coordinata dalle Dda di Bologna e Catanzaro ci sono anche i fratelli del boss già detenuto Nicolino Grande Aracri, Domenico ed Ernesto. Domenico Grande Aracri, che è un avvocato penalista, è stato arrestato in esecuzione di una delle 117 ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Bologna, mentre Ernesto Grande Aracri è uno dei destinatari dei 37 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Catanzaro. Dall'inchiesta, secondo quanto si è appreso, è emersa la diffusione capillare in Emilia Romagna, ed in parte della Lombardia e del Veneto, delle attività della cosca di 'ndrangheta dei Grande Aracri, sotto il diretto controllo e la guida di Nicolino Grande Aracri, con infiltrazioni in molteplici settori economici ed imprenditoriali. Tutti i fermi in Calabria eseguiti. "Si tratta di un'operazione molto importante ed il risultato finale è frutto di un lavoro che parte da lontano con il coordinamento dell'attività". Lo ha detto il magistrato della Procura nazionale antimafia Leonida Primicerio, incontrando, a Catanzaro, i giornalisti per illustrare i risultati del troncone calabrese - coordinato dalla Dda del capoluogo - della maxi operazione dei carabinieri contro la cosca Grande Aracri di Cutro e le sue infiltrazioni in Emilia Romagna e nel nord Italia. "La contemporaneità dell'operazione - ha aggiunto - indica un lavoro ben fatto, con scambio continuo di notizie ed informazioni per l'interesse superiore dell'obiettivo da raggiungere. Molto del materiale usato dalle Dda di Bologna e Brescia viene da qui, perché è da qui che viene l'input. Per i colleghi delle altre Procure è fondamentale avere elementi conoscitivi forniti da Catanzaro". Il procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, dal canto suo, ha sottolineato come tutti i fermi siano stati eseguiti. "Spesso si parla di talpe - ha detto - ma oggi abbiamo bloccato tutti quelli che dovevamo. Il coordinamento tra Catanzaro, Bologna e Brescia ha funzionato appieno ed il grande merito è stato investigare senza che trapelasse niente. Lo Stato è attrezzato a combattere il crimine organizzato". Alla conferenza stampa hanno partecipato anche i comandanti provinciali dei carabinieri di Crotone e Catanzaro, Francesco Iacono e Ugo Cantoni; dei rispettivi Reparti operativi, Domenico Menna e Alceo Greco; della Compagnia di Crotone, Antonio Mancini, ed il capo della sezione di Catanzaro della Dia Antonio Turi. Anche il padre del calciatore Iaquinta. Ci sono anche importanti imprenditori del settore edile coinvolti nell'indagine Aemilia fra cui Giuseppe Iaquinta, padre del calciatore Vincenzo campione del mondo, arrestato nel reggiano e Augusto Bianchini che ha partecipato agli appalti per la ricostruzione post terremoto in Emilia residente nel Modenese. Nel blitz condotto dai carabinieri sono state impiegate due unità eliportate del Nucleo Elicotteri di Treviso e Forlì nonché unità cinofile addestrate alla ricerca di armi ed esplosivi provenienti dai nuclei carabinieri di Firenze Pesaro e Bologna. Presso la centrale operativa del comando provinciale di Reggio Emilia è stata istituita l'unità di raccordo dove sono confluiti i vari responsabili dei reparti operanti. Il "locale" di Cutro punto riferimento delle cosche. Il "locale" di 'ndrangheta di Cutro (Crotone) stava diventando il punto di riferimento delle cosche del crotonese ed il suo presunto capo, Nicolino Grande Aracri, aveva intenzione di costituire una grande provincia in autonomia a quella reggina. E' quanto emerge dall'inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro che stamani ha portato all'esecuzione di 37 fermi in varie regioni e che si inserisce nella più vasta operazione dei carabinieri, coordinata anche dalle Procure distrettuali di Bologna e Brescia, sulle infiltrazioni delle cosche in Emilia Romagna dove era operativa una cellula della 'ndrina crotonese. "Si tratta - ha spiegato il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo - di una operazione importante perché evidenzia il ruolo che stava assumendo Cutro e che non aveva mai avuto". A parlare delle intenzioni di Grande Aracri di costituire una grande provincia di 'ndrangheta è un collaboratore di giustizia, Giuseppe Giampà, ritenuto un boss della 'ndrangheta del lametino. Dalle indagini è emerso anche come la cosca di Nicolino Grande Aracri, almeno sino al momento del suo arresto, avvenuto nel 2013 per una tentata estorsione ad un villaggio turistico, stesse assumendo il ruolo, essenzialmente, di punto di riferimento delle cosche di tutto il distretto giudiziario di Catanzaro - che comprende anche le province di Crotone, Cosenza e Vibo Valentia - ma con contatti anche con cosche del reggino. "Grande Aracri - ha detto Lombardo - si atteggia a capo di una struttura al di sopra dei singoli locali. E' sostanzialmente il punto di riferimento anche delle cosche calabresi saldamente insediate in Emilia Romagna dove c'era una cellula dotata di autonomia operativa nei reati fine. I collegamenti tra Emilia Romagna e Calabria erano comunque continui e costanti e non si faceva niente senza che Grande Aracri lo sapesse e desse il consenso". Nel suo ruolo di "direzione", secondo quanto emerso dalle indagini, Nicolino Grande Aracri avrebbe avuto la collaborazione dei suoi fratelli, Domenico ed Ernesto, di fatto suoi emissari. Intercettazione: Voti ti portano in cielo. "Giuseppe ti dico sono gente che… i voti ti porteranno in cielo... guarda... però devi essere tu a consigliare e dire quello che bisogna fare...". Giuseppe è Giuseppe Pagliani, il consigliere comunale di Forza Italia arrestato nell'operazione Aemilia dai carabinieri di Reggio Emilia. La frase, riportata nell'ordinanza del Gip Alberto Ziroldi, è rivolta a lui da un altro indagato, Alfonso Paolini, ritenuto un elemento di costante riferimento per Nicolino Sarcone, per i Pm a capo dell'organizzazione 'ndranghetistica a Reggio Emilia. Nella conversazione i due si mettono d'accordo per incontrarsi anche con Sarcone. Il 2 marzo 2012, annota il giudice, "ha luogo il primo summit tra il politico reggiano, Pagliani, e gli esponenti della cellula reggiana nell'ufficio di Sarcone Nicolino". Poi, il 21, ci sarà la serata al ristorante 'Antichi Sapori' dove per gli inquirenti fu siglato il patto tra politica e cosche. Il Gip sottolinea per i due, Pagliani e Sarcone, "la convergenza di interessi che è fondamento e giustificazione dell'accordo politico-mafioso". Cioè "l'identificazione del medesimo obiettivo, traguardato da due angolature solo apparentemente divergenti. Per Sarcone occorre contrastare alle fondamenta l'iniziativa prefettizia e l'offensiva mediatico-istituzionale antimafia che si sta sviluppando a Reggio Emilia per mano in particolare della presidente della Provincia Sonia Masini". Per Pagliani, "mettere a disposizione '...il PdL', per andare 'contro la Masini, contro la Sinistra, anche per la discriminazione...', sfruttando la potenzialità elettorale dei 'cutresi' per sconfiggere politicamente la Masini". In una telefonata alla fidanzata, è lo stesso Pagliani, al termine della cena, verso mezzanotte, a raccontare: "Non vogliono usare altre linee, vogliono usare il partito, proprio il... il Pdl per andare contro la Masini, contro la Sinistra". E ancora, riferendosi alla Masini: "Adesso le faccio una cura come dio comanda, adesso le faccio fare una curetta giusta". In Emilia arrestato boss Sarcone. La maggior parte degli arresti, eseguiti su misura cautelare richiesta dal sostituto procuratore della Dda di Bologna Marco Mescolini e firmata dal gip Alberto Ziroldi, sono stati eseguiti nella provincia di Reggio Emilia, dove è presente la cosca Grande Aracri, della 'ndrangheta di Cutro (Catanzaro). Tra le persone finite in manette figurano diversi imprenditori calabresi, alcuni già noti alle forze dell'ordine, tra cui Nicolino Sarcone, considerato anche da indagini precedenti il reggente della cosca su Reggio Emilia. Sarcone, già condannato in primo grado per associazione mafiosa, è stato recentemente destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale che gli aveva bloccato beni per 5 milioni di euro. Il comandante provinciale di Reggio Emilia, colonnello Paolo Zito, presente durante il blitz, ha detto che l'operazione è ancora in corso, rimandando i dettagli alla conferenza stampa a Bologna. Tra arrestati consigliere FI di Reggio Emilia. C'è anche il consigliere comunale di Reggio Emilia Giuseppe Pagliani (Forza Italia) tra gli arrestati nella maxi operazione "Aemilia" contro la 'ndrangheta, coordinata dalla Dda di Bologna ed eseguita dai carabinieri di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza. I carabinieri lo hanno da poco prelevato dalla sua abitazione di Arceto di Scandiano (Reggio Emilia). Tentativi di influenza voto. Dall'indagine 'Aemilia' emergono riscontri di attività di supporto e tentativi di influenzare elezioni amministrative da parte degli affiliati al gruppo criminale in vari comuni dell'Emilia. Lo ha spiegato il procuratore Roberto Alfonso, nella conferenza stampa a Bologna, citando i casi di Parma nel 2002, Salsomaggiore nel 2005, Sala Baganza nel 2011, Brescello nel 2009. "Vi sono elezioni comunali che sono state inquinate - ha aggiunto Alfonso - ma poi abbiamo pure dimostrato il rapporto stabile tra un uomo politico e l'organizzazione mafiosa, in termini di scambio di favori e di supporti reciproci". Il procuratore ha spiegato anche che però non sono stati individuate le persone che avrebbero beneficiato di tali contatti. Durante indagini sentito Delrio. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio fu sentito "come persona informata sui fatti" nelle indagini della Dda di Bologna. Lo ha spiegato il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso. Delrio, ex sindaco di Reggio Emilia, fu sentito nel 2012. "Volevamo capire in che tipo di considerazione la società di Reggio Emilia teneva la comunità calabrese" ha detto Alfonso, aggiungendo che oltre a Delrio furono sentiti altri politici reggiani. "Volevamo capire il livello, il grado e l'intensità" della considerazione nei confronti della comunità cutrese, ha spiegato Alfonso. "Perché la comunità cutrese a Reggio Emilia - ha aggiunto - è fatta da decine di migliaia di persone. Non è fatta dalle cinquanta che abbiamo raggiunto con le misure di custodia cautelare". Pressioni a giornalista. C'è anche una cronista sottoposta a pressioni per non pubblicare notizie tra i risvolti dell'indagine della Dda di Bologna. Si tratta di Sabrina Pignedoli, corrispondente ANSA da Reggio Emilia e cronista del Resto del Carlino. "Il tentativo di compressione della libertà di stampa è stato respinto e io credo che la vostra collega per questo meriti un plauso" ha spiegato il procuratore di Bologna Roberto Alfonso. PM Roberti: Azione storica contro la mafia del nord. "Un intervento che non esito a definire storico, senza precedenti. Imponente e decisivo per il contrasto giudiziario alla mafia al nord". Così sull'indagine di Bologna il procuratore Franco Roberti. "Non ricordo a memoria un intervento di questo tipo per il contrasto a un'organizzazione criminale forte e monolitica e profondamente infiltrata" PM Alfonso: Scoperta mafia imprenditrice. "E' la mafia imprenditrice quella che abbiamo scoperto in Emilia. E' questa la novità dell'indagine". Così il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso ha descritto l'organizzazione 'ndranghetista sgominata da 117 misure di custodia cautelare. Sono 54 le persone a cui viene contestata l'associazione a delinquere di stampo mafioso, cinque "con la qualifica di capi, sei come organizzatori. Epicentro dell'attivitá del gruppo è Reggio Emilia, "città del tricolore che da oggi speriamo torni a risplendere".
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