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    Estorsione ad imprenditore, 8 arresti della DDA, sequestrati beni per 1.5 mln

     

    Estorsione ad imprenditore, 8 arresti della DDA, sequestrati beni per 1.5 mln

    13 ago 15 La squadra mobile di Catanzaro ha arrestato otto persone ritenute elementi di spicco delle cosche di 'Ndrangheta Gallelli e Procopio-Mongiardo che operano nel versante ionico del Catanzarese. Nel corso delle indagini, coordinate dalla Dda di Catanzaro, è emerso che le cosche, nel corso di 20 anni, si sono avvicendati nel riscuotere ingenti somme di denaro per estorsione nei confronti di un imprenditore impegnato in diversi lavori pubblici e proprietario di un villaggio turistico.

    Beni per un milione e mezzo di euro sono stati sequestrati dal Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro nell'ambito dell'operazione che ha portato all'arresto di otto persone ritenute elemento di spicco delle cosche di 'Ndrangheta Gallelli e Procopio-Mongiardo. I beni sequestrati sono immobili e quote societarie. Alcune delle otto persone arrestate sono indagate per il reato di intestazione fittizia di beni.

    Era stato costretto a pagare la percentuale del 3% su un importo di 500 mila euro per un appalto pubblico l'imprenditore vittima delle persone arrestate stamane dalla squadra mobile di Catanzaro. E' quanto emerge dall'indagine che ha portato in carcere otto presunti esponenti delle cosche di ndrangheta dei Gallelli e Procopio-Mongiardo. I provvedimenti cautelari emessi a seguito delle indagini svolte dalla squadra mobile di Catanzaro hanno riguardato Vincenzo Gallelli, 72 anni; Andrea Santillo (55), Gerardo Procopio (55), Michele Lentini, Maurizio Gallelli (41) Mario Mongiardo (47) Fiorito Procopio (62) ed Andrea Cosentino (70). Alcune delle persone coinvolte nell'inchiesta erano già detenute perché indagate per associazione a delinquere di stampo mafioso. L'inchiesta condotta dalla squadra mobile di Catanzaro riguarda anche estorsioni imposte con il metodo della percentuale sull'importo dei lavori per l'aggiudicazione di gare per appalti pubblici. Nello specifico l'imprenditore vittima del racket era stato costretto a versare il 3% di un totale di circa 500.000 euro relativamente alla costruzione di un sottopasso nel comune di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio.

    Decisive dichiarazioni imprenditore. "L'operazione di oggi nasce interamente dalle dichiarazioni di un imprenditore, vessato per circa vent'anni, e che ha trovato il coraggio, anche grazie ai risultati investigativi che siamo riusciti ad ottenere recentemente su quel territorio, per denunciare i soprusi subiti". Lo ha detto il procuratore vicario della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, incontrando i giornalisti a Catanzaro per illustrare gli esiti dell'operazione "Scheria" e che ha portato all'arresto di esponenti di spicco della famiglia Gallelli e Procopio - Mongiardo operante nel basso Jonio catanzarese. Alla conferenza stampa erano presenti anche il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, il questore del capoluogo Giuseppe Racca, il capo della squadra mobile Antonino De Santis e il comandante provinciale della Guardia di finanza, Mario Palumbo. "Si tratta di un fatto importante che - ha aggiunto Bombardieri - dà riscontro all'attività svolta con continuità e che consente agli imprenditori di ribellarsi alle vessazioni di chi limita fortemente lo spirito di impresa. In passato l'imprenditore attivo nel settore dell'edilizia e nella gestione di un noto villaggio turistico, anche in presenza di atti pesanti intimidazioni aveva minimizzato ridimensionando la portata dei fatti che lo riguardavano. Adesso, invece, ha ritenuto di doversi liberare dalla pressione estorsiva che gravava sulle sue spalle sin dal '97". Il modificarsi degli assetti criminali ha costretto la vittima a subire estorsione da diversi soggetti a seconda delle dinamiche criminali che vedevano coinvolte le famiglie di 'ndrangheta di Sant'Andrea Apostolo dello Jonio, San Sostene e Badolato. L'ammontare dell'estorsione subita dall'imprenditore è stata quantificata in 200 mila euro versati in somme annuali. Il pizzo veniva definito "panettone" perché contenuto in pacchi con il dolce natalizio e bottiglie di spumante consegnati nel periodo delle feste, e sulle percentuali degli appalti realizzati. "L'imprenditore - ha aggiunto Luberto - veniva 'avvisato' di ogni cambio di comando nella zona attraverso attentati e danneggiamenti. Successivamente gli venivano indicate le persone a cui rivolgersi per ottenere tranquillità".

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