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    Arresti Scajola, Matacena non rientra "Aspetto corte europea". Atti a DDA

     

    Arresti Scajola, Matacena non rientra "Aspetto corte europea". Atti a DDA

    10 mag 14 "E da quando sono andato via che penso sempre se tornare o meno. Questo è stato il motivo del litigio, della separazione e del divorzio da mia moglie. Lei voleva che non andassi via. Io ero convinto che fosse utile aspettare da libero quanto meno le decisioni della Cassazione sul ricorso straordinario che ho fatto e della Corte europea dei diritti dell'uomo". Lo ha detto Amedeo Matacena, intervistato da Sky.

    DDA: Scajola scelto per rapporto con le cosche. Claudio Scajola era stato individuato da Amedeo Matacena come "l'interlocutore politico destinato ad operare su sua indicazione" nei confronti della 'ndrangheta. E' l'ipotesi della Dda di Reggio Calabria, ma non condivisa dal gip che ha rigettato la richiesta aggravante per l'ex ministro dell'avere favorito la 'ndrangheta. "Evidenziando la stretta commistione tra l'attività politica e quella imprenditoriale del Matacena - scrive il gip - volta sia nel proprio interesse che in favore delle cosche della 'ndrangheta con l'accettazione di un metodo improntato alla migliore tradizione mafiosa, facendosi garante di estorsioni (quale quella perpetrata da Liuzzo Giuseppe Stefano, appartenente alla cosca Rosmini, per conto della quale lo stesso curava interessi illeciti), mantenendo rapporti con personaggi inseriti in contesti imprenditoriali criminali accreditati (quale il già citato Liuzzo o anche i rapporti con Marino Ugo la cui figlia è imparentata con Pasquale Condello) e la mutata condizione derivante dalla sentenza di condanna, l'Ufficio di Procura ha sostenuto la necessità per l'uomo di scindere i due aspetti mutando anche le forme di intervento. In un caso utilizzando lo strumento dell'interposizione, per continuare a curare gli enormi interessi imprenditoriali, dall'altro procurandosi una sorta di continuità politica, individuando l'interlocutore politico destinato ad operare su sua indicazione in Claudio Scajola, interessato alla candidatura per le elezioni europee, come risulta da alcune conversazioni intrattenute con la moglie e con Chiara Rizzo, peraltro poi escluso dai vertici del partito con il conseguente naufragare di tale golosa prospettiva". "Tali considerazioni - scrive il gip - risultano sviluppate logicamente nella richiesta integrativa cui si è fatto prima cenno ed al cui articolato contenuto si rimanda, pur non condividendo tale prospettiva".

    Gip: Un gruppo da amici aiutava latitanza Matacena. Esisteva un gruppo di 'amici', tra i quali anche l'ex ministro Claudio Scajola, che lavorava per fare in modo che Amedeo Matacena non fosse sottoposto all'esecuzione della condanna comminatagli. E' quanto rileva il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria, Olga Tarzia, nell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Scajola e di altre sette persone. Le conversazioni registrate tra la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, e l'ex parlamentare, Claudio Scajola, consentivano di "apprezzare - afferma il giudice - l'esistenza tra i due di ottimi e consolidati rapporti personali e di sicure cointeressenze economiche". "Ancor prima - prosegue il Gip - della decisione della Corte di Cassazione del 5 giugno 2013 che rigettava il ricorso del Matacena contro la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria del 18 luglio 2012 che condannava l'imputato alla pena di anni 5 di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, rendendo definitiva la sentenza a carico dell'armatore, erano intervenute svariate conversazioni tra Chiara Rizzo, il citato Scajola, una collaboratrice dello stesso ed altri personaggi comunque legati a Matacena e desiderosi di aiutarlo". "Secondo le cadenze - conclude il giudice - delle conversazioni intercettate, intervallate da servizi di controllo e videoriprese che corroborano la prospettiva investigativa di un intenso lavoro svolto dagli "amici" per garantire che Matacena non fosse sottoposto all'esecuzione della grave pena che gli era stata comminata".

    Gli atti passano alla DDA. Arriveranno non prima di martedì o mercoledì prossimo atti, documenti, pc e materiale informatico sequestrato dalla Dia nel corso delle perquisizioni fatte nell'ambito dell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex ministro Claudio Scajola e di altre sette persone accusate di avere favorito la latitanza dell'ex deputato di Fi Amedeo Matacena. Tra le carte vi è anche una lettera che, secondo gli investigatori, potrebbe costituire un elemento "decisivo" per confermare le accuse a Scajola. Si tratta di una lettera scritta al computer in francese con una sigla che secondo gli investigatori potrebbe essere quella dell'ex presidente libanese Amin Gemayel indirizzata al "mio caro Claudio". Nella lettera si legge che "la persona potrà beneficiare in maniera riservata della stessa posizione di cui gode attualmente a Dubai" e "avrà un documento di identità". Nella lettera si dice anche che "troveremo un modo per per fare uscire la persona dagli Emirati Arabi e farlo arrivare in Libano". Un riferimento chiaro, per l'accusa, ad Amedeo Matacena, che si trova attualmente a Dubai.

    Matacena "A sud concorso esterno usato per colpire Fi". "Sono sempre stati un problema politico questa situazione e questa realtà, purtroppo. Non si è capito che mentre al nord hanno usato gli attacchi contro Berlusconi nel sentiero ben tracciato dall'esperienza di tangentopoli e dintorni, al sud hanno usato il concorso esterno per colpire Forza Italia, che aveva una forza notevole". Lo ha detto Amedeo Matacena, intervistato da Sky, in merito alle vicende giudiziarie di Berlusconi, Scajola e Dell'Utri. "Se - ha aggiunto Matacena - si è riusciti a condannare me per concorso esterno, dopo che sono stato sotto scorta sin dall'età di 20 anni pagando 68 milioni di lire al mese per le guardie giurate che proteggevano me e mio fratello, credo che sia necessaria una profonda e seria riflessione sull'applicazione di questo art. 416 bis, che di fatto non è un articolo di legge ma è inventato dalla giurisprudenza".
    Nessun occultamento società, quote a mia moglie. "Mi sento particolarmente sorpreso dell'accusa di occultamento del mio patrimonio. Onestamente non ne vedo nessuna motivazione". Lo ha detto Amedeo Matacena intervistato da Sky. "Ho ceduto delle quote - ha aggiunto - che avevo della società che derivava dal lavoro di mio padre, e dalla scissione della Caronte che ha i traghetti sullo stretto di Messina a mia moglie subito dopo che sono uscito dal carcere di Catanzaro attorno al 2004-2005. Quando uscii, lei mi disse che se non c'era mia madre non avrebbe avuto neanche la possibilità di fare la spesa perché non aveva un soldo".
    Spero mia moglie libera dopo interrogatorio. "Quando mia moglie tornerà in Italia purtroppo penso che la tratterranno in carcere. Spero fino a quando non la sentiranno e che poi le concedano gli arresti domiciliari perché è una donna con un minore, oppure che le diano la libertà". Lo ha detto Amedeo Matacena a Sky.
    Scorta Scayola a mia moglie? Non risulta. "La scorta di Scajola a mia moglie? A me non risulta. Comunque ritengo che se una persona è soggetta ad essere scortato e la scorta viene assegnata attraverso le vie ufficiali, se questa persona decide di fare una gentilezza e di accompagnare una persona in un posto andandoci insieme è una cosa che mi sembra normale". Lo ha detto Amedeo Matacena a Sky.

    In telefonate Matacena indicato come il "figlio". Nelle conversazioni tra Claudio Scajola e Chiara Rizzo spesso si indicava il figlio di Matacena, ma in realtà ci si riferiva all'imprenditore latitante. E' quanto rileva il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria, Olga Tarzia, che ha emesso l'ordinanza nei confronti di Scajola ed altre sette persone per il favoreggiamento della latitanza di Amedeo Matacena. "E' possibile rilevare - scrive il giudice - che le conversazioni tra Claudio Scajola e Chiara Rizzo spesso sono schermate, allusive ed indirette, nel tentativo di non fare comprendere, nell'ipotesi di 'intrusione', il soggetto cui si riferiscono nei loro dialoghi, alludendo ad esempio in un caso al figlio della Rizzo, ma in realtà riferendosi ad Amedeo Matacena".

    No ai cellulari, si a Skype e Viber... I telefoni cellulari "per me sono da esaurimento nervoso! Che strumento del cazzo...". E' quanto afferma Claudio Scajola in una conversazione con la moglie di Amedeo Matacena, Chiara Rizzo, riportata nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria.
    Anche i nuovi strumenti di comunicazione come Viber e Skype sono stati utilizzati da Claudio Scajola e Chiara Rizzo in occasione dei loro numerosi contatti allo scopo di evitare di essere intercettati. A rilevarlo è il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, Olga Tarzia. Oltre a quelle intercettate ci sono "altre conversazioni - è scritto nell'ordinanza - che sono parziali e conseguono a pregresse conversazioni e/o interlocuzioni che i due hanno avuto attraverso l'utilizzo di altri sistemi di comunicazione, tipo Viber o Skype, non intercettate".

    Beirut e Dubai una grande Montecarlo. "Perché Beirut è una grande Montecarlo, grandissima Montecarlo". E' quanto afferma Claudio Scajola in una conversazione con la moglie di Amedeo Matacena, Chiara Rizzo, riportata nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, Olga Tarzia. Scajola aggiunge che anche "Dubai è una grande Montecarlo, tanto per essere chiari".

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