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    Processo Meta: Giudici in Camera di Consiglio, chiesti 400 anni per 18

     

    Processo Meta: Giudici in Camera di Consiglio, chiesti 400 anni per 18

    02 mag 14 Il Tribunale di Reggio Calabria, che ha condotto il processo Meta, si è ritirato in camera di consiglio nel primo pomeriggio di oggi. I giudici dovranno esaminare le posizioni di diciotto imputati con il rito ordinario indicati dalla pubblica accusa, rappresentata dal pm distrettuale Giuseppe Lombardo, come i capi della 'ndrangheta di Reggio Calabria e della sua immediata periferia. La sentenza è prevista non prima di domenica. Lo scorso 17 marzo Lombardo aveva chiesto complessivamente 400 anni di reclusione: 30 anni per Pasquale Condello il "supremo", Giuseppe De Stefano, ritenuto il "crimine" di Reggio Calabria, Cosimo Alvaro, boss di Sinopoli, Giovanni Rugolino, Domenico Condello "gingomma", Antonino Imerti, omonimo e cugino del boss "nano feroce", Umberto Creazzo e Pasquale Bertuca. Per Giovanni Tegano e Pasquale Libri, i "senatori" della 'ndrangheta reggina e vertici delle omonime cosche, il pubblico ministero aveva proposto la condanna a 25 anni di reclusione. Non meno pesanti le richieste per coloro che sono stati indicati come i fiancheggiatori del ghota 'ndranghetistico cittadino: 28 anni per Domenico Passalacqua, 16 anni ciascuno per Stefano Vitale e Natale Buda, 7 anni per Antonio Giustra, 8 anni per Luciano Chirico (deceduto), 6 anni per Carmelo Barbieri, 10 anni per Antonino Crisalli, 8 anni per Rocco Palermo. Nella sua replica, il pm è tornato a tratteggiare la figura di comando impersonata da Giuseppe De Stefano, riportando nel processo alcune parti della documentazione acquisita nell' operazione Olimpia degli anni '90. Da quelle carte, Lombardo ha estratto una informativa dell'ex Sisde frutto di una intercettazione ambientale effettuata nell'abitazione dei De Stefano, contenente un dialogo tra il potente boss di San Luca Antonio Nirta, oggi novantacinquenne, ed il giovanissimo figlio di Paolo De Stefano, poco più che ventenne. Un colloquio cercato dal boss di San Luca, che era stato "garante" dei De Stefano nel conflitto sanguinoso contro il cartello capeggiato da Pasquale Condello, un tempo loro alleato fedelissimo, per il raggiungimento della pax mafiosa. Quel dialogo ricostruito dagli inquirenti, secondo l'accusa, non solo faceva emergere la figura di "capo" di Giuseppe De Stefano, ma evidenziava tutti i sintomi della faida strisciante in atto a San Luca tra i Nirta-Strangio e i Vottari "frunzi"-Pelle, culminata nella strage di ferragosto 2007 a Duisburg. Un conflitto segnato da una lunga lista di omicidi che i De Stefano dovevano contribuire, con la loro riconosciuta caratura criminale, a stoppare "per il bene di tutti". Nel corso del dibattimento, durato circa quattro anni, Lombardo ha posto l'accento sulle figure degli "invisibili" di Reggio, personaggi insospettabili del mondo delle professioni e degli affari, di pezzi deviati dello Stato, complici della 'ndrangheta, su cui le indagini sono aperte "perché non può esistere una verità che non sia completa".

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