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    Omicidio Garofalo, decisione Cassazione conferma condanne il 18

     

     

    Omicidio Garofalo, decisione Cassazione conferma condanne il 18

    05 dic 14 La conferma delle condanne d'appello per l'omicidio di Lea Garofalo, la testimone di giustizia calabrese di 35 anni uccisa a Milano il 24 novembre 2009, il cui corpo fu bruciato in un magazzino a Monza, sono state chieste oggi dal sostituto pg della Cassazione, Massimo Galli. La I Sezione Penale della Suprema Corte si è riservata la decisione: la sentenza verrà comunicata il 18 dicembre. La Corte d'assise d'appello di Milano, il 29 maggio 2013, aveva condannato all'ergastolo l'ex compagno della donna, Carlo Cosco, il fratello, Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Carmine Venturino, ex fidanzato della figlia di Lea, fu condannato a 25 anni, mentre venne assolto Giuseppe Cosco, un altro fratello del compagno. Condanne da confermare, per il sostituto pg della Cassazione. In particolare, la procura generale ha chiesto al collegio della sezione penale presieduto da Maria Cristina Siotto il rigetto del ricorso per i due Cosco, Sabatino e Curcio, mentre per Venturino, cui l'appello aveva riconosciuto uno sconto di pena per le attenuanti generiche per le sue dichiarazioni, la richiesta è stata l'inammissibilità del ricorso. Attraverso il suo legale, Carlo Cosco ha chiesto nuovamente di escludere l'aggravante della premeditazione. Nel corso dell'appello in una parziale confessione aveva parlato di un "raptus, perché Lea mi aveva fatto impazzire", chiedendo pertanto di scagionare anche i fratelli. Le dichiarazioni di Venturino avevano indotto i giudici di appello nel maggio dello scorso anno, a pronunciarsi per l'assoluzione "per non aver commesso il fatto" nei confronti del solo Giuseppe Cosco. Per Sabatino l'appello aveva confermato l'ergastolo nonostante Venturino lo scagionasse e nonostante l'accusa avesse chiesto per lui l'assoluzione. Lea Garofalo, testimone di giustizia che aveva raccontato agli inquirenti calabresi fatti di una faida di 'ndrangheta, venne uccisa a Milano nel 2009, dopo aver subito a Campobasso un tentativo di rapimento, fallito anche grazie all'intervento della figlia Denise che era in casa con lei. Nel processo di primo grado l'ipotesi era che la donna, di cui non è stato rinvenuto il cadavere, fosse stata sciolta nell'acido, ma poi Venturino dopo la condanna in primo grado ha raccontato che il corpo venne bruciato. I suoi pochi resti sono stati ritrovati in un tombino tre anni dopo la sua sparizione.

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