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    Accusato da un pentito, boss della cosca Piromallo arrestato dalla PS

     

     

    Accusato da un pentito, boss della cosca Piromallo arrestato dalla PS

    16 ott 13 E' stato chiamato in causa da un nuovo collaboratore di giustizia il boss Giovanni Copelli, cognato del defunto boss Giuseppe Piromalli, alias ''don Peppino'', capo dell'omonima cosca, sottoposto questa mattina a fermo dalla squadra mobile di Reggio Calabria in collaborazione col personale del Commissariato di Gioia Tauro. Per lui l'accusa è di associazione mafiosa. L'arresto è stato disposto dalla Dda di Reggio Calabria. Il nuovo collaboratore, Antonio Russo, pur non essendo mai stato formalmente affiliato alla 'ndrangheta, ha avuto rapporti con i Piromalli ed i Molè, le famiglie dominanti a Gioia Tauro ed una delle consorterie più potenti della Calabria, per più di 20 anni ha avuto modo di conoscere l'organigramma, gli affari e le dinamiche interne della storica cosca. Parlando con i magistrati della Dda di Reggio Calabria e della Procura di Palmi, il collaboratore ha fatto riferimento alla suddivisione di Gioia Tauro in zone di influenza criminale di competenza delle cosche Piromalli e Molè. Le dichiarazioni di Russo, secondo l'accusa, hanno trovato pieno riscontro nelle risultanze del processo Il Crimine. Dalle indagini della polizia, che avrebbero riscontrato le accuse del collaboratore, raffrontate con gli esiti di altri procedimenti fra cui "Il Crimine", "Vento del Nord" e "Cosa Mia", nonostante il trascorrere del tempo e l'instaurarsi di nuovi equilibri in seno alla 'ndrangheta operante a Gioia Tauro, a Copelli sarebbe rimasto saldamente in mano un ruolo di direzione dell'associazione, con compiti di decisione, pianificazione, individuazione delle azioni delittuose da compiere e degli obiettivi da perseguire. Copelli, per la Dda, ha svolto anche un ruolo di cerniera nei rapporti con i rappresentanti di altre cosche. Tra il 2003 ed il 2005 avrebbe mediato il pagamento di una somma di denaro, pari al 4% dell'importo del capitolato, relativamente ai lavori di ristrutturazione della facciata di un palazzo in cui avevano sede i magazzini Upim di Gioia Tauro che stava eseguendo la ditta di Francesco Gattuso, di Reggio Calabria, ritenuto dagli investigatori appartenente alla cosca Ficara-Latella di Reggio. L'imprenditore, al quale era stato affidato l'appalto, per oltre 500 mila euro, non era stato avvicinato sul cantiere. Trattandosi, per l'accusa, di un soggetto appartenente alla 'ndrangheta, Copelli si sarebbe recato personalmente a Reggio dai Ficara-Latella per negoziare tempi e modi del pagamento. Per gli investigatori ''è poi significativo dello spessore criminale di Copelli quanto ricostruito in merito alla celebrazione di un vero e proprio summit mafioso che si tenne nel 2001, a Gioia Tauro, organizzato all'interno di un capannone industriale da Copelli, nel corso del quale furono distribuite le varie cariche all'interno del 'locale' gioiese e svolti dei riti di affiliazione''.

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