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    Gup: contatti cosca Milano con politici regionali ed enti calabresi

     

     

    Gup: contatti cosca Milano con politici regionali ed enti calabresi

    04 giu 12 Il capo della cosca milanese della 'ndrangheta, Cosimo Barranca, ha ''avuto specifici contatti anche con personaggi che rivestivano particolare importanza nel campo politico nazionale, regionale ed anche locale". Lo scrive il gup di Milano, Roberto Arnaldi,nelle oltre 900 pagine di motivazioni della sentenza del maxi processo alla 'ndrangheta in Lombardia, con cui a novembre sono state condannate 110 persone, tra cui numerosi boss. Tra i ''contatti" il gup cita quello con l'ex "sottosegretario alla Regione Lombardia" Angelo Giammario. Il 19 novembre scorso il gup Arnaldi nel corso del maxiprocesso con rito abbreviato, scaturito dall'operazione 'Infinito' del luglio 2010 che aveva portato agli arresti oltre 170 presunti affiliati alle cosche radicate in Lombardia, ha condannato 110 imputati e ne ha assolti 8. La sentenza 'certifico'' l'esistenza di una cupola della 'ndrangheta nel territorio lombardo infiltrata nel tessuto imprenditoriale e istituzionale. A 16 anni venne condannato Alessandro Manno, capo di una delle 15 'localì sparse tra Milano e l'hinterland. "Nel corso delle indagini - scrive il giudice - era emerso che Barranca Cosimo aveva avuto specifici contatti anche con personaggi" importanti "nel campo politico nazionale, regionale ed anche locale". Ci si riferisce, spiega il gup, "in particolare ai contatti avuti con Figliomeni Alessandro, sindaco del Comune di Siderno, con il sottosegretario alla Regione Lombardia Giammario, non direttamente, ma per il tramite di Chiriaco Carlo Antonio (l'ex dirigente della Asl di Pavia sotto processo con rito ordinario per concorso esterno, ndr), con Pilello Pietro per il tramite di Neri Giuseppe Antonio", il presunto 'capo dei capi' delle cosche lombarde. In particolare, scrive ancora il gup, Pilello, "un commercialista con molti incarichi in società pubbliche, chiedeva a Barranca di partecipare ad una cena elettorale in occasione delle consultazioni amministrative del giugno 2009".

    Ndrangheta milanese autonoma da Calabria. La 'ndrangheta in Lombardia e' "un'autonoma associazione" che si muove indipendentemente dalla 'casamadre' calabrese ed è "composta da soggetti ormai da almeno due (in alcuni casi tre) generazioni presenti sul territorio lombardo, il che spiega anche la presenza di soggetti non di origine calabrese". Lo scrive il gup di Milano Roberto Arnaldi nelle motivazioni appena depositate della 'storica' sentenza che lo scorso novembre ha inflitto 110 condanne fino a 16 anni. Secondo il gup, "dalla poderosa attività investigativa", coordinata dall'aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Alessandra Dolci, in Lombardia si è verificata la "riproduzione" di "una struttura criminale" che ha operato "secondo tradizioni di 'ndrangheta (linguaggi, riti, doti, tipologia di reati) che sono state 'trapiantaté in Lombardia". In questa terra, chiarisce il gup, "la 'ndrangheta si e' trasferita con il proprio bagaglio di cultura criminale". Il gup ricorda come "le articolatissime indagini si siano dipanate senza l'ausilio di alcun collaboratore di giustizia", ma solo grazie alle tecniche investigative". Per il giudice inoltre "la 'ndrangheta non puo' più essere vista e analizzata semplicemente con un insieme di 'ndrine tra di loro scoordinate e scollegato'', ma va vista come un "organizzazione unitaria". La cupola lombarda, la cosiddetta 'Provincia', si è diffusa però "non attraverso un modello di imitazione", ma "attraverso un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioé di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti", fino a formare "uno stabile insediamento mafioso in Lombardia". Insediamento che, conclude il giudice, dopo che si è radicato ha acquistato col tempo "un certo grado di indipendenza dalla 'casa madre', con la quale, però, continua ad intrattenere rapporti molto stretti".

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