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    Arrestato dai CC il boss Aquino, tra i cento latitanti più pericolose

     

     

    Arrestato dai CC il boss Aquino, tra i cento latitanti più pericolosi

    10 feb 12 Il boss della 'Ndrangheta Rocco Aquino è stato arrestato dai carabinieri a Gioiosa Ionica. Aquino era inserito nella lista dei cento latitanti di massima pericolosità.

    Nascosto nel bunker. E' stato sorpreso all'interno di un bunker realizzato nel sottotetto della sua abitazione, a Marina di Gioiosa Ionica, Rocco Aquino, 52 anni detto "il colonnello", il boss della 'ndrangheta arrestato dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Reggio Calabria. Aquino era latitante dal 13 luglio 2010 quando sfuggi' alla cattura nell'ambito dell'operazione Crimine condotta dalle Dda di Reggio Calabria e Milano contro cosche operanti in Calabria e Lombardia con l'arresto di oltre 300 persone. Rocco Aquino è ritenuto il capo storico della omonima famiglia di 'ndrangheta. Per lui, il procuratore aggiunto della Dda reggina, nel processo in abbreviato a 120 persone, ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione. I particolari dell'arresto saranno resi dai carabinieri in una conferenza stampa in programma domani alle 10 al Comando provinciale ed alla quale parteciperà il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, che ha coordinato le indagini insieme al pm Maria Luisa Miranda. Al momento dell'irruzione dei carabinieri, Aquino si è arresto senza opporre alcuna resistenza. Le indagini hanno confermato l'usanza dei boss della 'ndrangheta di vivere la latitanza nei propri territori e quando possibile, come nel caso di Aquino, addirittura in casa propria. Consapevole dei controlli delle forze dell'ordine, che hanno già portato alla scoperta di numerosi bunker, il boss aveva pensato di proteggersi facendosi realizzare il rifugio non sottoterra o tra le pareti, come avviene normalmente, ma in alto, nel sottotetto della casa. Una precauzione che però non gli è servita.

    Gratteri "Indagine ad alto livello". ''E' stata un'indagine che ha richiesto una tecnologia avanzata e l'elite dei carabinieri e solo grazie a questa elite l'abbiamo portata a termine". Così il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, ha commentato l'arresto del boss Rocco Aquino. Le indagini sono state condotte dai carabinieri dal Ros, dal Gruppo di Locri e dai "cacciatori" e sono state, ha aggiunto Gratteri, "di altissimo livello tecnico".

    Come tutti i boss latitanti del suo spessore non aveva abbandonato il territorio su cui esercita il predominio, anche per poter continuare a gestire direttamente, ed in loco, gli affari della cosca. Per questo Rocco Aquino, 52 anni, detto il "colonnello", ritenuto il capo indiscusso dell'omonima cosca che ha la sua base a Marina di Gioiosa Ionica, aveva deciso di starsene a casa. Certo, nascosto in un bunker, ma sempre a casa. Il nascondiglio, però, non è sfuggito ai carabinieri che dopo oltre un anno di indagini hanno individuato e arrestato Aquino, il cui nome era inserito nell'elenco dei 100 latitanti di massima pericolosità. Non è stato facile, per i carabinieri del Ros, del Gruppo di Locri e dello squadrone cacciatori, riuscire ad individuare il nascondiglio dove Aquino, probabilmente, si nascondeva dal 10 luglio 2010, quando si rese latitante sfuggendo alla cattura nell'ambito dell'operazione Crimine, coordinata dalle Dda di Reggio Calabria e Milano, e che portò in carcere oltre 300 persone. Per scovarlo, come ha detto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri che, insieme al pm Maria Luisa Miranda, ha coordinato l'inchiesta, è stata necessaria "una tecnologia avanzata per indagini condotte ad altissimo livello tecnico". Non solo: per centrare l'obiettivo, ha aggiunto il magistrato, è stata necessaria anche "l'elite dei carabinieri". Aquino era consapevole che nell'ottobre del 2010 i carabinieri del Ros avevano già localizzato tre dei bunker da lui utilizzati. E perciò aveva pensato ad uno stratagemma. Invece che realizzarlo nel sottosuolo e dietro l'intercapedine di una parete, come gli 'ndranghetisti sono soliti fare, l'aveva fatto costruire nel sottotetto della sua abitazione. Una soluzione sicuramente ingegnosa, che però non gli ha evitato l'arresto. I carabinieri, grazie alla tecnologia di cui dispongono e su cui, al momento, non sono stati forniti particolari, lo hanno individuato ugualmente. Una volta avuta la certezza che Aquino era in casa, i militari hanno deciso di intervenire ed hanno fatto irruzione nell'abitazione. Quindi la ricerca del nascondiglio e l'individuazione, nonostante la mimetizzazione. Per accedervi è stato necessario aprire una botola attivata da sofisticati congegni elettromeccanici. Scoperto il meccanismo, i carabinieri sono entrati nel piccolo rifugio e ad Aquino non è rimasto altro da fare che arrendersi. Al momento della cattura, da parte di Aquino nessuna resistenza e nessuna parola. Adesso, in carcere, attenderà l'esito del processo con rito abbreviato che lo vede imputato insieme ad altre 119 persone per l'inchiesta Crimine. Per lui Gratteri ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione.

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