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    Gli affari della Lega s'incrociano con quelli della cosca De Stefano

     

     

    Gli affari della Lega s'incrociano con quelli della cosca De Stefano

    03 apr 12 Un bonifico di circa sei milioni all'estero, a Cipro e in Tanzania, che potrebbe nascondere un'operazione di riciclaggio da parte di una delle cosche di 'ndrangheta tra le piu' potenti, quella dei De Stefano di Reggio Calabria. E' l'ipotesi su cui lavora la Dda di Reggio Calabria e che ha fatto finire nel registro degli indagati, per riciclaggio, il tesoriere della Lega Nord ed ex sottosegretario nel governo Berlusconi Francesco Belsito. La Dda reggina - d'intesa con la Procure di Milano e Napoli, che indagano a loro volta sul conto del tesoriere del Carroccio - stamani ha mandato gli investigatori della Dia a compiere una serie di perquisizioni (14 quelle del filone calabrese nel corso delle quali sono stati sequestrati migliaia di documenti), una anche nella sede storica del partito di Umberto Bossi in via Bellerio, a Milano. L'inchiesta reggina ruota attorno a Romolo Girardelli, un faccendiere genovese di 53 anni, legato, per la Dda, ad elementi di primissimo piano dei De Stefano per i quali già in passato avrebbe svolto l'attività di riciclatore grazie alle sue capacità di "monetizzazione di 'strumenti finanziari atipici' di illecita provenienza". Girardelli era finito nel mirino della Dda nel 2002 perché considerato legato ad elementi di spicco dei De Stefano, che operavano anche in Liguria e in Francia, tra i quali Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale. Adesso gli inquirenti lo hanno ritrovato socio di Belsito, attraverso il figlio Alex Girardelli, nella Effebi Immobiliare, società con sede a Genova e attiva nel settore immobiliare e commerciale. Non solo. Girardelli è risultato anche essere responsabile dello sportello genovese di un'altra società, la Polare Scarl riconducibile all'imprenditore veneto Stefano Bonet, un altro dei personaggi su cui ruota l'inchiesta insieme all'avv. Bruno Mafrici, calabrese d'origine ma trapiantato a Milano dove ha lo studio, ed a Paolo Scala, considerato il promotore finanziario di fiducia del gruppo Bonet, specializzato nella gestione di articolate operazioni finanziarie a Cipro, dove risiede. Sono loro, secondo le indagini della Dia, i protagonisti del trasferimento dei sei milioni. E' di Scala, infatti, il conto corrente su cui vengono trasferiti i fondi. Una ulteriore conferma gli inquirenti l'hanno avuta leggendo un articolo su Cipro sul sito voglioviverecosì.com, portale "per chi sogna di cambiare vita", ricondotto a Scala ed in cui raccontava di avere aperto una società, la stessa cui è intestato il conto. Bonet prova a chiedere a Scala se il denaro inviato da Belsito a Cipro e in Tanzania provenga dalla Lega nord, ma la risposta è lapidaria: "non so cosa sia, lui mi ha detto che vengono da lui". Dall'inchiesta sono emersi anche passaggi di denaro nascosto in un cappello da Bonet a Belsito ed anche di una Porsche Panamera. Bonet secondo l'accusa, pagava anche l'avv. Mafrici per la sua attività professionale, pur se non ne era contento. Ed alla sua segretaria che gli faceva notare che alcune voci di una parcella non sembravano congrue l'imprenditore rispondeva secco: "evidenzia che è un'operazione politica e bisogna pagare. Fine della questione". Ma l'attenzione degli inquirenti è concentrata anche su altre operazioni condotte dal gruppo Bonet per un importo di circa 12 milioni con la società Siram, operante nel settore degli impianti tecnologici e del riscaldamento con la quale la Polare, scrivono gli investigatori, "ha stipulato un accordo commerciale nel settore dell'innovazione e della ricerca, giovandosi del patrocinio politico di Belsito". Accordo che ha dato origine ad una serie di trasferimenti di denaro tutt'altro che chiari per gli investigatori. Dato per accertato, come scrive il gip nel decreto di perquisizione, l'esistenza di "un gruppo di soggetti variamente inseriti in contesti imprenditoriali, professionali ed istituzionali, in cui operano Stefano Bonet, Paolo Scala, Francesco Belsito e Bruno Mafrici, dipendenti o collegati alla figura di Girardelli", gli inquirenti adesso vogliono capire se tra il denaro movimentato ci sono anche i proventi delle innumerevoli attività illecite dei De Stefano.

    Soldi nascosti in un cappello. Il tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito ha ricevuto una somma di denaro da parte dell'imprenditore Stefano Bonet nascosta in un cappello e in una borsa per le bottiglie di vino. E' quanto si legge nel decreto di perquisizione emesso dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, in base ad alcune intercettazioni. "In effetti - è scritto nel provvedimento - il 29 dicembre 2011, il Caminotto (uomo di fiducia di Bonet, ndr), si incontrava con Belsito ed in quella occasione effettuava la consegna del denaro celandolo all'interno di un cappello di Bonet e di una borsa utilizzata per contenere delle bottiglie di vino. All'incontro era presente anche Paolo Scala il quale, a detta del Caminotto, era particolarmente teso per le modalità con le quali era avvenuto lo scambio. Aggiungeva Caminotto che Scala si intratteneva con Belsito per un 'bel po' di tempò".

    Porsche imprenditore a Belsito. Una Porsche "Panamera 4.8 S" al tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito da parte dell'imprenditore Stefano Bonet in cambio di una intermediazione per un contratto di consulenza. E' quanto emerge dal decreto di perquisizione del gip di Reggio Calabria. Del passaggio di proprietà dell'auto si parla in diverse intercettazioni. "Le indagini - è scritto nel decreto di perquisizione - avevano evidenziato che il passaggio della Porsche era legato al pagamento di una intermediazione svolta dal politico per l'accaparramento da parte della Polare scarl di un contratto di consulenza a favore di un'associazione di Comuni". Un riscontro al passaggio di proprietà dell'auto, secondo l'accusa, viene da una intercettazione nel corso della quale Leopoldo Caminotto, uomo di fiducia di Bonet, parlando con l'imprenditore dopo avere incontrato Belsito gli dice: "lui è venuto con la Panamera tua e l'ho guardata anche dentro e ho avuto un po' di nostalgia a dire la verità".

    Intercettazioni: bisogna pagare, è questione politica. "E' un problema politico li dietro, cazzo. Evidenzia che lì è un'operazione politica e bisogna pagare e fine della questione". Ad esprimersi in questi termini è l'imprenditore veneto Stefano Bonet, parlando, intercettato, con la sua segretaria Lisa Trevisan. L'intercettazione è nel decreto di perquisizione emesso dal gip di Reggio Calabria. Bonet fa riferimento ad una parcella da 40 mila euro che deve pagare all'avv. Bruno Mafrici (indagato nell'inchiesta come la Trevisan) per dei ricorsi che avrebbe dovuto predisporre per conto dell'imprenditore riguardanti una commessa della società Siram. Bonet, è scritto nel decreto, "paga malgrado non sia soddisfatto del comportamento professionale dell'avvocato". E parlando con la sua segretaria sbotta quando questa gli dice che la parcella non era stata pagata perché non sapevano se erano congrui gli importi indicati: "...é un'operazione politica e bisogna pagare... fine della questione"

    Intercettazioni: I soldi sono del gruppo. Ma i soldi sono della Lega? A chiederlo, nel corso di colloquio intercettato, è l'imprenditore veneto Stefano Bonet a Paolo Scala, considerato il suo promotore finanziario di fiducia, in merito ai circa sei milioni che il tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito ha depositato su un conto in Tanzania di una banca di Cipro e che é al centro dell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria in cui tutti e tre sono indagati. "Ma la fonte cos'é? non è personale e del gruppo quella, credo?", chiede Bonet nel colloquio intercettato nel filone reggino dell'inchiesta. Al che Scala gli risponde: "Non so cosa sia. Lui mi ha detto che escono da lui. Chi sia lui a me non è dato saperlo, non mi interessa neanche saperlo". "No - ribatte Bonet - devono essere del gruppo quelli". "Ah boh - risponde Scala - io mi sono trovato dinanzi ad un fatto acquisito circa l'importo e la circostanza. Perché per me é importante capire ... perché l'ultima cosa che voglio è che per fare tra virgolette un piacere a qualcuno, di farti del male che metà basta. Ricevute le garanzie verbali e mi pare un galantuomo tutto sommato circa il fatto che non ci sono problemi di sorta. Boh se non ci sono problemi rimarranno parcheggiati li per ics giorni o settimane in attesa di delibere loro e poi seguiranno la via che devono seguire. Ma mi ha detto che si tratta e mi ha dato anche la documentazione per degli investimenti immobiliari .. non sono cose diverse da quello".

    Cipro e Tanzania, la finanza creativa. Scarsa fiducia nell'euro e conseguente scelta di fondi specializzati in investimenti in paesi che utilizzano valute diverse: così il tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito aveva motivato i milioni provenienti da rimborsi elettorali e usciti a dicembre da numerosi conti da lui gestiti, come documentato da una dettagliata inchiesta de Il Secolo XIX. Secondo il quotidiano genovese, in dicembre Belsito aveva non solo fatto un investimento di 7,7 milioni in corone norvegesi (poco più di un milione di euro) vincolato per sei mesi a un interesse del 3,5%, ma anche speso 1,2 milioni di euro per l'acquisto di quote del fondo Krispa Enterprise Ltd di Cipro il cui titolare è Paolo Scala, e aveva collocato 4,5 milioni di euro nel Purchase Investment Funds Tanzania con Stefano Bonet destinatario del maxi-bonifico per un'operazione finanziaria nel paese africano. E Belsito, Scala e Bonet sono ora tutti indagati. Ma secondo la Procura di Milano, la cifra investita alla fine di dicembre in Tanzania è ancora più alta e si avvicina a sei milioni di euro in un'operazione che Belsito aveva portato a termine attraverso consulenti finanziari di Banca Aletti (che fa parte del Gruppo Banco Popolare) e in particolare con l'executive consultant Stefano Bonet. "I fondi sono tornati dalla Tanzania più di due mesi fa", ha spiegato oggi Belsito ma a metà gennaio, in un'intervista alla Padania, il quotidiano del partito, aveva detto che "per il Carroccio le corone sono più sicure dei titoli spazzatura" e che in Tanzania "la Lega non ci ha investito neanche un euro". "Il fondo nel quale si è puntato - aveva proseguito il tesoriere - comprende titoli danesi, norvegesi e australiani, oltre che Paesi emergenti che hanno risorse di materie prime, fuori dal rischio di svalutazione e crisi del mercato. Fondi investiti in Tanzania non ce ne sono, si è trattato di un passaggio tecnico". "I fondi in Tanzania? I fondi sono andati in Norvegia, fuori dall'euro che sta per fallire. Altro che Tanzania...", aveva detto suo volta il leader della Lega, Umberto Bossi. Ovunque siano finiti i soldi, all'interno del Carroccio in pochi erano però al corrente di operazioni finanziare che non erano state autorizzate dal comitato amministrativo, come invece prevede lo statuto della Lega. Roberto Maroni spiegò che gli investimenti della Lega Nord in Tanzania "sono stati un errore sul piano politico, un brutto danno d'immagine al quale dovremo rimediare", chiedendo le dimissioni di Belsito. E subito spuntarono tra i leghisti gli striscioni 'Maroni in Padania, Cosentino e C. in Tanzania'.

    Perquisita segretaria Bossi e dirigenti. Nell'ambito dell'indagine della Procura di Milano che vede indagato Francesco Belsito, tesoriere del Carroccio, sarebbero state effettuate perquisizioni 'presso terzi' anche nell'ufficio di via Bellerio di Daniela Cantamessa, una delle segretarie del leader Umberto Bossi, e nell'abitazione della donna. Secondo quanto si è appreso, inoltre, gli investigatori avrebbero effettuato perquisizioni e acquisizioni di documenti anche relativi al Sin.pa sindacato padano fondato da Rosi Mauro.
    Perquisizioni sono state disposte, nell'ambito dell'inchiesta di Napoli su Francesco Belsito, anche nell'abitazione di Nadia Dagrada, a Milano, che risulta essere una dirigente amministrativa della Lega oltre che responsabile dell'ufficio gadget. Dal decreto risultano perquisizoni anche presso altri esponenti del Carroccio, tra cui Helga Giordano, residente a Sedriano (Milano), e Sabrina Dujany, residente a Chiavari (Genova).

    Belsito si è dimesso. Francesco Belsito ha rassegnato le dimissioni da tesoriere della Lega Nord. Lo si apprende da fonti del partito. Belsito è giunto in via Bellerio in serata, al termine di una giornata scandita dalle notizie sulle indagini giudiziarie nei suoi confronti.

    Saviano "Dimostrata interlocuzione con la ndrangheta". L'inchiesta di Reggio Calabria sul tesoriere della Lega Francesco Belsito dimostrerebbe quella 'interlocuzione' tra la 'ndrangheta e il Carroccio di cui parlo' - tra le polemiche - Roberto Saviano poco più di un anno fa a Vieni via con me: è lo stesso autore di 'Gomorra' a sottolinearlo oggi, in un'intervista a Repubblica Tv rilanciata dal sito del quotidiano. "Un anno fa - ricorda Saviano - fui molto attaccato dalla Lega e da Maroni per aver usato una parola che descriveva il rapporto tra 'ndrangheta e potere nel Nord Italia, cioe' interloquire, una parola che aveva messo inquietudine e paura ai leghisti. Avevo detto che la 'ndrangheta interloquiva con tutti i poteri del nord e quindi anche con la Lega. Maroni venne in trasmissione, ci fu una tempesta contro una descrizione che era inevitabile fare: il potere economico della 'ndrangheta era così forte che non poteva sfuggire alle amministrazioni locali e al potere politico della Lega". Oggi, aggiunge lo scrittore, "questo Girardelli che secondo la Dda di Reggio Calabria sarebbe vicino al clan De Stefano e che era in affari con Belsito dimostra questa interlocuzione. Mi sembra abbastanza fragile la risposta di Maroni: sono atteggiamenti che avvengono troppo tardi o che sembrano una scusa troppo generica. All'epoca - sottolinea ancora Saviano - raccontare le interlocuzioni tra 'ndrangheta e Lega creo' scandalo, perché dimostrò per la prima volta che il codice genetico della Lega non era diverso da quello di altri altri poteri politici". Saviano ribadisce che "non esiste ambito politico al quale le mafie non si rivolgano per i loro affari: le mafie non hanno ideologia, non hanno progetto politico. La riflessione sulla Lega fu fatta perché la Lega in maniera ostinata continuava a dichiararsi immune da possibili infiltrazioni, interlocuzioni e rapporti. In questo senso ci fu da parte mia la volontà di rompere questa sorta di tabù". Per lo scrittore, sarebbe "un errore gravissimo percepire la presenza della 'ndrangheta al Nord Italia come un'invasione. E' il contrario, e la vicenda di Belsito e Girardelli lo dimostrerebbe: si tratta di un capitale che entra in circuito nel Nord Italia con la volontà di imprenditori nord e forse anche di politici di utilizzarlo. Si tratta proprio di una confederazione di interessi, di cui la Lega farebbe parte".

    Bossi "Colpiscono me per colpire la Lega". Le dimissioni, oggi invocate da tutte le anime del partito, arrivano in serata. Francesco Belsito non é più tesoriere della Lega Nord. Ma il gesto da solo non basta. Non basta, di fronte alle inchieste e alle perquisizioni che scandiscono la giornata nera del Carroccio. Anche perché nelle carte spunta, non indagato, il nome di Umberto Bossi e della sua famiglia. E se Roberto Maroni invoca "pulizia", nel partito si respira aria da resa dei conti. Ma Bossi non ci sta e in serata rompe il lungo silenzio per dar sfogo alla sua rabbia: "Vogliono colpire la Lega e quindi colpiscono me, mi sembra che sia iniziata la prossima campagna elettorale", ha attaccato il senatur che ha anche fatto sapere di essere stato lui a chiedere a Belsito di dimettersi per "fare chiarezza". E ancora: "Denuncerò chi ha utilizzato i soldi della Lega per sistemare la mia casa", ha affermato Bossi che ha aggiunto: "Io non so nulla di questa cose e d'altra parte avendo pochi soldi non ho ancora finito di pagare le ristrutturazioni di casa mia". Poi una ulteriore precisazione: "Non sono mai stati spesi soldi della Lega per ristrutturare casa mia, denuncerò chiunque sostenga il contrario". Le perquisizioni in via Bellerio iniziano all'alba. Belsito trascina la Lega, da sempre orgogliosa della propria lontananza dalle aule giudiziarie, nel gorgo di indagini su accuse che vanno da truffa ad appropriazione indebita e riciclaggio. Certo, le avvisaglie c'erano state, a partire dalle notizie sui fondi investiti da Belsito in Tanzania. Maroni aveva subito chiesto la cacciata del tesoriere. Ma nulla. E così oggi di buon mattino l'ex ministro dell'Interno parte lancia in resta: "La Lega è parte lesa" e bisogna "cogliere l'occasione per fare pulizia", tuona, nel chiedere "un passo indietro" di Belsito. E se la prende con chi "doveva decidere" di cacciarlo subito. Maroni non lo cita, ma sul banco degli imputati c'é Bossi (e chi gli è più vicino). Belsito è un uomo di fiducia del 'capo', sussurra qualche maroniano. Ma anche loro si mostrano preoccupati quando emerge che nel decreto di perquisizione si parla di "esborsi effettuati per esigenze personali di familiari" del Senatur. Certi volti cerei dicono molto. Intanto la richiesta di dimissioni di Belsito si leva dalle diverse aree del partito. Anche da chi, dalle fila del cerchio magico assicura che il 'capo' non c'entra niente. "Mi sembra raccapricciante ciò che avviene: questa è un'agonia", dice Luca Zaia. "Se qualcuno ha colpe deve pagare". E quando il passo indietro arriva, Maroni chiede di "andare fino in fondo" nel fare pulizia, nominando un nuovo amministratore. Per la Lega si apre ora una partita cruciale sul piano politico. Che potrebbe arrivare, questa volta sì, a mettere in discussione la leadership di Bossi. Ed è questo l'obiettivo di Maroni, secondo gli esponenti del 'cerchio magico', che sospettano sia stato qualche maroniano a fornire l'imbeccata ai giornalisti e ai magistrati per le inchieste su Belsito. E' un'accusa pesante. E non la sola. La tempistica delle perquisizioni viene fatta notare da più di un bossiano: "Cercare di colpire il capo della Lega nel giorno della presentazione delle liste crea qualche perplessità", dice Paola Goisis. E qualche 'cerchista' si spinge fino a notare che si era già pronti a imputare il previsto calo della Lega alle amministrative alla decisione, presa su pressione dei 'maroniani', di correre da soli, senza il Pdl. E invece adesso la 'colpa' verrà fatta ricadere sulla vicenda Belsito (lo stesso Maroni parla di "possibili ripercussioni"). Bossi non parla, ma resta tutto il giorno a via Bellerio. Dove Maroni, contrariamente a quanto annunciato, neanche si presenta. Pressioni fortissime per immediate dimissioni vengono fatte su Belsito, anche perché l'ex ministro sembra già pronto a pretenderle in un consiglio federale che si trasformerebbe in una conta in suo favore. Ma adesso che le dimissioni ci sono state, la conta potrebbe essere solo rimandata, se è vero quanto raccontano fonti interne: un incontro ci sarebbe stato la scorsa settimana tra Maroni e Manuela Marrone, moglie di Bossi. Un faccia a faccia nel quale la signora avrebbe ottenuto rassicurazioni sul futuro politico del figlio Renzo. E mentre anche il presidente del Senato Renato Schifani torna a invocare una legge sui finanziamenti ai partiti, un forte attestato di solidarietà a Bossi arriva dal Pdl. "Chiunque lo conosca - afferma Silvio Berlusconi - non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunché di illecito" verso "la Lega, movimento al quale ha dato tutto se stesso".

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