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    Giustizia lumaca a Vibo, rinviati a giudizio dopo 30 anni

     

     

    Giustizia lumaca a Vibo, rinviati a giudizio dopo 30 anni

    12 gen 11 Dopo una serie di sentenze, tra cui quella definitiva della Cassazione depositata oltre dieci fa e mai eseguita e 32 denunce all’autorità giudiziaria per tentata estorsione, occupazione abusiva di terreno e minacce, il gup del tribunale di Vibo Valentia, Gabriella Lupoli, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio quattro fratelli: Giuseppe, 41 anni, Agostino, 40, Marisa, ed Ersilia Saverino, di 46. Il rinvio a giudizio su richiesta del pm Michele Sirgiovanni. Il processo è stato fissato per il 6 aprile prossimo. La vicenda scaturisce dalla contesa su un terreno in località Pavone, a Ricadi, nel vibonese. Protagonisti da un lato, la famiglia Chiapparo, prprietaria dell’appezzamento, ed un suo affittuario, morto da anni, a cui sono subentrati i figli che si sono impossessati dal terreno al quale non intendono rinunciare nonostante la sentenza e le denunce relative a presunte violenze a cui avrebbero fatto ricorso. Della vicenda si erano occupate "Le Iene", la trasmissione televisiva di Italia Uno, che nel giugno scorso mandarono ad occuparsi del caso l'inviato Pablo Trincia, a sua volta aggredito. La famiglia napoletana Chiappar, aveva ereditato da una congiunta il terreno negli anni Settanta (circa 20mila metri quadrati in parte edificabili, in parte agricoli). Affittuario del fondo era Domenico Saverino che, però, all’improvviso si rifiutò di pagare il canone d’affitto. Una volta deceduto, al suo posto subentrarono i figli Giuseppe e Agostino che, di fatto, si impossessarono del terreno. Da qui una serie di ricorsi, tutti vinti dai Chiapparo. A seguito del pronunciamento della Cassazione, che riconosceva la legittima proprietà in capo alla famiglia napoletana, a cavallo fra il '95 e il '96 si cercò di reintegrare nel possesso del terreno i Chiapparo. Sul fondo di località Pavone intervenne l’ufficiale giudiziario e i legittimi proprietari chiusero con lucchetto e catena l'accesso al fondo, tornandosene quindi a Napoli. Ma la vicenda non era affatto chiusa. Dopo 48 ore dalla visita dell’ufficiale giudiziario, infatti, lucchetto e catena furono tranciati e sostituiti con altri. Nel gennaio 2009, la signora Ines Sigona ricevette dalla madre, Marisa Chiapparo, una delega sulla proprietà di Santa Maria di Ricadi. Da qui la decisione di mettere in vendita il terreno. Vennero contattate due società immobiliari, le quali avviarono le trattative per poi, però, rinunciare a stretto giro di tempo. Ines Sigona presenta così la trentunesima denuncia ai carabinieri di Spilinga i quali, nel mese di febbraio 2009, presentano una dettagliata informativa di reato al termine di una serie di accertamenti tecnici e all’esito di un’attività investigativa condotta dalla Compagnia di Tropea. Ines Sigona e Maria Chiapparo si sono costituite parte civile, assistite dall’avvocato Giovanni Vecchio.

     

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