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    Accoltellamento in centro sociale a Catanzaro: arrestati 2 estremisti di destra

     

     

    Accoltellamento in centro sociale a Catanzaro: arrestati 2 estremisti di destra

    20 dic 11 A 14 mesi di distanza dalla rissa davanti al centro sociale Riscossa di Catanzaro del 30 ottobre 2010 nel corso della quale un militante di sinistra fu ferito gravemente a coltellate, arrivano i primi provvedimenti della magistratura. La Digos catanzarese ha infatti arrestato e posto ai domiciliari per rissa due esponenti dell'estrame destra cittadina, Carmelo La Face, di 33 anni, e Vincenzo Marino, di 32. Ad un terzo, Salvatore Mazza (30), è stato notificato un provvedimento di obbligo di firma. Manca, invece, il nome dell'accoltellatore materiale. Nessuno, tra i protagonisti di quella serata, ha voluto o saputo fare il suo nome e nessuno è stato in grado di fornirne una descrizione che consentisse agli investigatori di risalire alla sua identità. A dire il vero le richieste dell'accusa erano state più pesanti: per La Face e Marino, il pm Alessia Miele aveva chiesto l'arresto in carcere per tentato omicidio e rissa e per Mazza i domiciliari insieme ad altri dei dieci indagati in stato di libertà Valerio Bagnato (26) e Carlo Cassala (26), ritenuti entrambi responsabili di tentato omicidio. Le richieste del pm, però, si sono scontrate con la decisione del gip che ha contestato solo il reato meno grave e per tre dei cinque indagati. Nella sua richiesta, la Procura ricostruisce tutte le fasi della rissa e del successivo accoltellamento di un giovane del Riscossa, grazie sia alle testimonianze de protagonisti, che hanno iniziato a collaborare con gli inquirenti dopo le reticenze iniziali, sia grazie alle indagini della Digos e ad alcune intercettazioni ambientali fatte nella stanza di ospedale in cui era stato ricoverato La Face, che nella rissa riportò la frattura del braccio. E' lui stesso, parlando con un amico, a fornire uno spaccato di quanto accaduto la sera del 30 ottobre 2010 davanti alla sede del centro sociale Riscossa. "Te l'ho spiegato come è andata - dice La Face - schiaffi, pugni e calci. Loro picchiavano e io salivo, loro picchiavano ed io salivo. Mi hanno chiuso la porta in faccia. Hanno avuto paura perché avevo la faccia piena di sangue. Se eravamo tre in più gli sfondavamo tutto". Dalle intercettazioni emerge anche come il padre di uno degli arrestati, Marino, parlando con lo stesso La Face si dica intenzionato a fornire agli inquirenti la sua "verità" per alleggerire la posizione del figlio e degli amici. Una "verità" che, a suo avviso, vedeva i militanti di destra aggrediti a bastonate dagli esponenti della sinistra. Per l'accusa, tuttavia, i fatti si svolsero in maniera diversa. Furono gli esponenti dell'estrema destra a passare davanti alla sede del centro sociale ed a sbeffeggiare i "rivali" per poi lanciare un mattone contro una delle finestre della sede, rompendola. Un gesto che provocò la reazione dei frequentatori del Riscossa e che portò ad una rissa nella quale ci furono feriti da entrambe le parti, tanto che per rissa sono stati indagati, già un anno fa, anche alcuni militanti di sinistra. Dopo quell'episodio, però, a distanza di poche ore, per gli inquirenti Marino, La Face e Mazza avevano organizzato "una vera e propria spedizione punitiva nei confronti dei giovani del collettivo Riscossa", che si concluse con l'accoltellamento di Ruben Munizza, raggiunto da due fendenti alla schiena sferrati da un uomo la cui identità resta ancora misteriosa.

    "Te l'ho spiegato come è andata, schiaffi, pugni e calci. Loro picchiavano e io salivo, loro picchiavano ed io salivo. 'Abbuscavo' ('le prendevo) e salivo. Mi hanno chiuso la porta in faccia. Hanno avuto paura perché avevo la faccia piena di sangue". Così Carmelo La Face, posto agli arresti domiciliari stamani per rissa in relazione all'aggressione ai giovani del centro sociale Riscossa del 30 ottobre 2010, raccontava ad un amico quanto era accaduto quella sera mentre era ricoverato in ospedale per la frattura del braccio riportata proprio nella rissa. La conversazione è stata intercettata dagli investigatori della Digos che avevano piazzato delle microspie nella stanza di degenza ed è agli atti della richiesta di custodia cautelare avanzata dalla Procura ed accolta parzialmente dal gip. "Gli dicevo - aggiungeva La Face - venite fuori tutti quanti. Un cazzotto, ed io duro, arriva quel bastardo, quello di Reggio con un palo di serranda, arriva Saliceti (un altro degli indagati in stato di libertà) di dietro con un altro palo. Io mi giro un'altra volta e lui, lo scemo che indietreggiava. Gli dicevo butta questo coso. Poi non ce l'ho fatta più, stavo crollando. Se eravamo tre in più gli sfondavamo tutto". In un'altra conversazione intercettata, invece, La Face parla dell'aggressione ad un militante del centro sociale Riscossa avvenuta pochi giorni dopo la rissa davanti all'ospedale di Catanzaro: "I miei ragazzi me li sono cresciuti in palestra, come sono usciti lo hanno visto .. e gli ho detto, ragazzi si vede che vi ho insegnato bene, non gli avete fatto proprio niente di grave, grave, grave. Gli avete dato una lezione. Noi non siamo 'mpami' (infami)".

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