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    Quando il calcio mette il lutto per il boss

     

     

    Quando il calcio mette il lutto per il boss

    21 apr 11 'Ndrangheta e calcio. Un binomio che si manifesta non solo con le inchieste che periodicamente testimoniano dell'interesse delle cosche per il gioco più amato dagli italiani, ma anche in eventi luttuosi. In passato, in Calabria, più volte si sono visti giocatori scendere in campo con la fascia nera del lutto al braccio o osservare un minuto di silenzio in segno di rispetto per la morte di un boss. E' quanto è accaduto nel novembre 2009 a San Luca, il paese della Locride teatro della faida culminata con la strage di Duisburg del Ferragosto 2007, in cui furono uccise sei persone. Nell'occasione, i giocatori della squadra impegnata nel girone D della prima categoria, all'insaputa del loro presidente, il parroco don Pino Strangio, particolarmente attivo nella lotta alla criminalità, scesero in campo col lutto al braccio per rispetto ad un loro compagno parente del boss Antonio Pelle, detto "gambazza", un nome storico della 'ndrangheta, morto il 4 novembre per cause naturali dopo essere stato arrestato il 12 giugno del 2009 dopo una latitanza di nove anni. Inevitabili le polemiche e le discussioni e l'apertura di un'inchiesta da parte della magistratura. I calciatori si affrettarono a chiedere scusa, rimarcando di non essere mafiosi e di non avere immaginato che la decisione avrebbe suscitato tanto scalpore. Ma questo non li risparmiò da una squalifica per due giornate che colpì 16 di loro. La vicenda di San Luca non è stata l'unica del genere in Calabria. Nell'ottobre del 2004, nel crotonese, fu osservato un minuto di raccoglimento in occasione di Strongoli-Isola Capo Rizzuto per la morte di Carmine Arena, ritenuto dagli investigatori un elemento di spicco della 'ndrangheta, mentre nell'ottobre del 1997 il minuto di raccoglimento fu osservato in occasione della gara Locri-Sciacca per la morte di Cosimo Cordì (zio di due calciatori del Locri), un presunto boss ucciso in un agguato.

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