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    Blitz della Foerstale nel reggino, scoperto traffico di rifiuti ferrosi

     

     

    Blitz della Foerstale nel reggino, scoperto traffico di rifiuti ferrosi

    23 giu 10 E' in corso dalle prime ore di questa mattina, da parte degli uomini del Corpo Forestale dello Stato, un operazione per l'esecuzione di un’Ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Locri relativa ad un presunto smaltimento e traffico di rifiuti ferrosi che partiva dalla Marina di Gioiosa Jonica e che vede coinvolte numerose ditte dell’alto jonio reggino. L’operazione viene eseguita su di un ampio comprensorio della provincia di Reggio Calabria, racchiuso tra Brancaleone e Marina di Gioiosa Jonica. Circa 100 gli uomini del Corpo Forestale dello Stato impegnati e coordinati dal Comando Regionale Calabria di Reggio Calabria. I Forestali sono coadiuvati dall’alto da un elicottero del Nucleo Operativo Aeromobili del CFS di Lamezia Terme. L’Ufficio del G.I.P. del Tribunale di Locri, condividendo appieno le ipotesi investigative formulate dalla Procura e dal Corpo forestale dello Stato, ha disposto così il sequestro preventivo dei complessi aziendali nonché il sequestro preventivo di 41 automezzi di trasporto tra cui autoarticolati e semirimorchi utilizzati per le predette attività illecite. Al momento risultano indagati 41 soggetti, molti dei quali titolari di impresa, tutti di nazionalità italiana tra i quali diversi di etnia Rom. L’indagine denominata “SCRAP IRON” riguarda l’attività di polizia giudiziaria ambientale che il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale del Corpo Forestale dello Stato di Reggio Calabria ha condotto, con il coordinamento del Sost. Proc. Dr. Giuseppe Adornato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri, sulla “gestione” dei rottami ferrosi nel comprensorio di Marina di Gioiosa Jonica, comune della locride in provincia di Reggio Calabria. Gli uomini del N.I.PA.F. di Reggio Calabria diretti dal Dr. Giuseppe Gullì, Comandante Provinciale del C.F.S. di Reggio Calabria, hanno posto in essere un’accurata attività investigativa all’esito della quale è emersa l’esistenza intorno alla Ditta “FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l.”, con sede in Marina di Gioiosa Jonica, di una fitta rete di “conferitori illegali” di rifiuti speciali pericolosi e non. Si è così, a poco a poco, disvelata un’illecita attività diretta “ufficialmente” al recupero presso la FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l. di un’ingente quantità di rifiuti quali rottami ferrosi, recupero formalmente diretto alla produzione di materia prima secondaria (M.P.S.) per l’industria metallurgica, ma “in realtà” finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti in quanto presso tale ditta, una volta pervenuto per il tramite di soggetti non autorizzati sia alla raccolta che al trasporto, non veniva svolta alcuna operazione volta al recupero del rifiuto stesso. Le complesse ed articolate attività d’indagine eseguite – protrattesi per mesi – hanno permesso, quindi, di documentare l’esistenza di una vera e propria organizzazione, finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali anche pericolosi, con un ruolo centrale svolto dalla “FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l.”. Si è accertato inoltre che presso la Ditta FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l. veniva svolta l’attività abusiva di autodemolizione di veicoli fuori uso (rifiuti pericolosi aventi CER 160104*) e vendita di pezzi di ricambio usati. Il titolare della FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l., tale FEMIA Francesco, fraudolentemente utilizzava per “trasformare” i rifiuti i M.P.S. i documenti di una ditta individuale a lui stesso intestata ed autorizzata ad operare nel settore delle autodemolizioni esclusivamente nella sede di Sala Bolognese (BO). E così, ingenti quantitativi di autoveicoli di ignari cittadini della costa jonica reggina e non solo venivano rottamati “ufficialmente” in Emilia Romagna anche se i rifiuti derivanti partivano direttamente da Marina di Gioiosa Ionica alla volta delle acciaierie. Dall’attività investigativa svolta è emerso che la condotta criminosa posta in essere dall’organizzazione, si concretizzava sostanzialmente nella illecita commercializzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi dichiarandoli, fraudolentemente, come Materie Prime Secondarie. Tale attività consentiva da lungo tempo agli indagati di raggiungere un duplice ingiusto profitto consistente nell’evitare gli oneri dovuti per legge circa il corretto avvio a recupero/smaltimento dei rifiuti prodotti/raccolti nonché, il cospicuo guadagno dovuto alla successiva commercializzazione del rifiuto, surrettiziamente qualificato quale Materia Prima Secondaria da destinare all’industria siderurgica. Nello specifico i conferitori dei rifiuti, provvedevano, in proprio, alla raccolta illegale di ingenti quantitativi di rottami ferrosi miscelati a rifiuti di altra natura. Detti rifiuti speciali pericolosi e non, senza essere accompagnati dai formulari di identificazione rifiuti (F.I.R.), venivano ceduti alla “FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l.”, per il loro successivo ulteriore trattamento, operazione che comunque non veniva attuata in quanto la “FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l.” è carente delle specifiche tecnologie/capacità richieste per un impianto adibito al trattamento di recupero. La FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l. attuava soltanto una mera riduzione/adeguamento volumetrico e soprattutto miscelazione di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e non, costituiti per lo più da: veicoli fuori uso, parti di veicoli, R.A.E.E., rottami ferrosi in genere, etc. La stessa, successivamente, attestando la surrettizia produzione di M.P.S., provvedeva alla sua commercializzazione verso imprese compiacenti individuate in Puglia e Basilicata, con il conseguimento di ingenti ed ingiusti profitti. L’operazione sopra descritta è la classica “ripulitura formale” del rifiuto. In pratica i rifiuti, ferrosi e non, giungevano alla ditta FERRO & ACCIAI FEMIA S.r.l. grazie all’attività illegale di vari conferitori non autorizzati alla raccolta e trasporto dei rifiuti. La predetta ditta provvedeva all’invio del rifiuto senza F.I.R., che tal quale veniva surrettiziamente riconsiderato M.P.S., alle acciaierie che erano sprovviste della necessaria autorizzazione ad utilizzare rifiuti nel loro processo produttivo. Il motivo fondamentale per il quale gli indagati, sin dalle prime operazioni, facevano perdere la tracciabilità del rifiuto, consiste nel fatto che i siti finali di destinazione, quali le acciaierie, non sono autorizzate a ricevere rifiuti e sono sprovviste delle necessarie tecnologie previste dalla norma per la riduzione delle emissione fumi in atmosfera, con grave potenziale pericolo per la salute pubblica e l’incolumità dei cittadini. Tali siti di smaltimento, quindi, per poter operare, hanno la necessità di far apparire che i rifiuti ferrosi giungano come materie prime secondarie e non come rifiuti, accompagnati da comuni bolle di accompagnamento e non da F.I.R.

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