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Maroni e Mercegaglia contro il crimine che blocca sviluppo

Maroni e la Marcegaglia in Calabria contro il crimine che blocca lo sviluppo

20 ott 08 Confindustria e Governo insieme nella lotta alla criminalità organizzata e in particolare alla 'ndrangheta, l'organizzazione più pericolosa e invasiva che fattura 45 mld di euro all'anno, quasi 3 punti di pil. E' la presidente degli industriali Emma Marcegaglia a sancire l'unione d'intenti e a dire in modo chiaro che "o si sta con la legalità o contro; non ci potranno essere situazioni mediane. C'é una unione totale tra Governo, sindacati e Confindustria". Seduto a poca distanza da lei, il ministro dell'Interno Roberto Maroni apprezza: "ho registrato l'impegno di tutti contro la criminalità organizzata e la 'ndrangheta''. Entrambi partecipano al convegno promosso da Confindustria Calabria su "Sviluppo e sicurezza nel Mezzogiorno" con i segretari di Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, e il presidente della Regione Agazio Loiero. E' Maroni a tracciare un quadro della consistenza della 'ndrangheta, che ha ''una straordinaria potenza economica che investe, fa innovazione, condiziona i mercati e che può contare anche su una componente militare di controllo del territorio". Contro tale fenomeno non è un problema di numero di uomini, ma di intelligence, "che funziona". E soprattutto, aggiunge, l'attacco che "può segnare la svolta" è quello ai patrimoni. Maroni esorta poi gli imprenditori a "respingere i tentativi di infiltrazione, con estorsioni e usura" che fruttano alle cosche 10 mld l'anno e indica nell'iniziativa di Confindustria Sicilia di espellere chi non denuncia il pizzo "la strada giusta". In Calabria, spiega il ministro, non ci sono problemi di risorse, visto che c'é un miliardo e 200 milioni di euro di soldi europei da spendere con il Pon sicurezza. Il problema, semmai, "é che non si riesce a spendere in modo sistemico". Emma Marcegaglia ribadisce che "c'é un circolo vizioso che va spezzato in modo netto". Ma per creare sviluppo, dice, è essenziale anche risolvere il problema del credito, che in Calabria è mediamente più alto, migliorare la pubblica amministrazione, investire nelle infrastrutture. "Nessuno può pensare di abbandonare questa regione a se stessa" dice poi Marcegaglia, sostenendo la proposta di Epifani di costituire un tavolo romano che si rende necessario, spiega il segretario della Cgil, perché, mentre si sono registrati importanti successi operativi, "non c'é stata la stessa attenzione sulle politiche economiche, sociali e di investimento". Il tavolo Loiero lo aveva ottenuto da Romano Prodi e qualche giorno fa lo ha riproposto a Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Contro la criminalità, è l'analisi di Bonanni, non è necessario l'esercito ma servono "meno appelli e più lavoro sotto traccia, con tanta intelligence e investimenti". Angeletti invoca la modifica della normativa sugli appalti: "occorrono norme - spiega - che consentano di fare pulizia di imprese e imprenditori collusi, ma senza bloccare i lavori". Loiero, dal canto suo, rilancia l'allarme sul rischio di abbandono da parte delle imprese che lavorano sull'autostrada A3 e la statale 106 perché soggiogate dalla 'ndrangheta. Anche Loiero individua nel credito uno dei principali problemi. Quindi una critica alla riforma Gelmini: ''Se si chiude una scuola a San Luca dove pensate che vada quel giovane? Non tutti i territori possono essere trattati allo stesso modo".

Calabria lumaca nella crescita. La 'Calabria 'lumacà batte l’Italia 'tartaruga': è la metafora che Luca Paolazzi, direttore del centro studi di Confindustria, ha adottato a Catanzaro per illustrare le vicende dell'economia alla platea di imprenditori, politici, sindacalisti e amministratori che hanno partecipato al convegno di Confindustria su "Sviluppo e sicurezza nel Mezzogiorno". Dal 1990 al 2007, il prodotto interno lordo (Pil) pro-capite ha subito, in Calabria, una variazione media annua dell'1,7% contro l'1,1 del Mezzogiorno e l'1 del Paese. La regione, ha spiegato Paolazzi nel suo intervento intitolato "Ripresa da sgelare, Calabria da sbloccare", corredato da slide e grafici, é cresciuta ma è rimasta sideralmente lontana dalle medie europee (servirebbe almeno il 5/6% per agganciarsi alla locomotiva Ue). "La Calabria - ha sostenuto il direttore del centro studi dell'associazione degli imprenditori - non è ultima in tema di buongoverno ma è abbastanza messa male". Tanto più che il basso reddito pro-capite che vede la regione ultima su scala nazionale - secondo quanto emerso dall'analisi elaborata su dati Istat - ha ridotto la salute dei cittadini marcando un tasso di mortalità perinatale che è più del doppio di quello che si registra nel nord del Paese (oltre 5 decessi per mille) e agendo negativamente anche sulla voglia di fare impresa con una media di 90 imprese ogni mille abitanti di cui solo nove riconducibili al concetto di industria in senso stretto. Anche per quanto concerne i dati relativi all'occupazione, nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni, le negatività hanno avuto la meglio nettamente: alto tasso di disoccupazione, vicino al 40%, un po' meglio della Sicilia e con un tasso di occupazione più basso in assoluto a livello nazionale. "Non tutti i problemi - ha detto Paolazzi - nascono a scuola ma quello che si registra è un ritardo di due anni circa tra il Nord e il Sud del Paese. Un fenomeno che è alla base della fuga dei talenti dalla regione e che finisce per scoraggiare, per altri versi, l'arrivo degli stranieri". Cosa fare dunque per sbloccare l'economia calabrese? La ricetta di Paolazzi è molto semplice. "Occorre - ha indicato - un mercato ben regolato e uno Stato che faccia del buon governo. Su tutto, però, è necessario poter contare su una pubblica amministrazione che funzioni e faccia per intero il proprio dovere".

 

 

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