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ANM bacchetta i PM

 

ANM bacchetta i PM “Smarrite le regole e la ragione”. Il Csm notifica le accuse. A Salerno i primi riscontri

11 dic 08 Hanno "smarrito" "completamente" "ogni regola e ragione", che sono invece "i fari" da cui "un magistrato non deve allontanarsi mai", i pm di Catanzaro e Salerno protagonisti dello scontro sul fascicolo Why not. E con i loro comportamenti è stata "gravemente messa in discussione la credibilità dell'istituzione giudiziaria nel suo complesso". L'Associazione nazionale magistrati sferza le toghe delle due procure con toni che non aveva mai adoperato. Anche perché quella accaduta è una "vicenda di eccezionale gravità, che non ha precedenti nella storia giudiziaria del Paese". E che oltretutto ha dato l'occasione a chi da tempo vuole "ridurre l'autonomia e l'indipendenza del potere giudiziario" di "rilanciare una proposta di accordo per riforme dirette a aumentare il controllo della politica sulla magistratura". La pesante bacchettata del sindacato delle toghe arriva proprio quando il Csm esplicita le sue accuse al procuratore di Salerno Luigi Apicella e al Pg di Catanzaro Enzo Jannelli, nei cui confronti è stata avviata la procedura di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale: alimentando il conflitto tra i loro uffici giudiziari, e determinando con le loro iniziative giudiziarie la "paralisi" dell'indagine Why not, hanno provocato "discredito e dubbi di correttezza" sull'operato delle loro procure; una situazione che ha inciso "negativamente" sulla "possibilità oggettiva" che possano continuare a ricoprire in quel contesto il loro ruolo di dirigenti "con la necessaria imparzialità e indipendenza". Se l'atto di accusa del Csm era ormai scontato, inaspettati i toni espliciti dell'intervento della giunta del sindacato delle toghe, che ne ha per entrambi gli uffici coinvolti nello scontro. L'Anm non entra nel merito dei provvedimenti adottati dai due uffici ma sul metodo ha molto da dire. Quello della procura di Salerno di riprodurre integralmente atti di indagine nel decreto di sequestro di Why not "affastellati tra di loro" e di riportare "fatti attinenti alla vita privata delle persone estranee all'indagine e privi di qualsiasi rilevanza investigativa" è "in contrasto con il dovere del magistrato di argomentare secondo criteri logico-razionali" e produce "conseguenze dannose". Ma regole e ragione sono saltate anche per la procura generale di Catanzaro: reagendo all'iniziativa dei colleghi con il contro-sequestro del fascicolo e con la loro iscrizione nel registro degli indagati - pur sapendo di essere a loro volta sotto inchiesta - hanno commesso una "grave e palese violazione dell'obbligo di astensione che grava sul magistrato che sia sottoposto a indagini in procedimento collegato". L'Anm è comunque consapevole che la vicenda va letta nel più ampio e "difficile" contesto calabrese, ed ammette gli errori fatti da chi governa la magistratura: "per troppi anni si è accettato che alcuni uffici giudiziari fossero gestiti da persone inadeguate, e a volte sono apparse legate a poteri locali. Noi non ci riconosciamo in quella magistratura".

A Salerno i primi riscontri. Non ci sono più i due carabinieri, uno di Salerno e uno di Catanzaro, a (reciproca) guardia del materiale sequestrato. La sindrome di Sigonella da questa mattina non attanaglia più la stanza al quarto piano del palazzo di Giustizia di Salerno dove sono custodite le decine di faldoni del processo Why Not, liberati grazie al dissequestro fatto della procura generale calabrese giunto oggi sul tavolo del procuratore salernitano Luigi Apicella. La stanza potrà presto essere restituita al vigile urbano che fa da ufficiale giudiziario, sfrattato per far posto anche a pc, telefoni, centinaia di copie delle memorie dei computer dei magistrati della procura generale di Catanzaro indagati per i reati, a seconda delle posizioni, di corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e abuso d'ufficio. In quella congerie di scatoloni, tra migliaia di pagine che vengono fotocopiate a tambur battente dal personale della procura per poter restituire in tempi brevi "il maltolto" a Catanzaro, vi sarebbe materiale che secondo indiscrezioni viene giudicato "molto interessante" ad un primo esame degli inquirenti campani. L'orologio della procura oggi a Salerno, commenta un avvocato che non vuole rivelare il suo nome "é tornato all'ora legale", ossia a quel 2 dicembre scorso quando scattarono a Catanzaro una ventina di perquisizioni non solo nei confronti dei magistrati dalla procura generale, ma anche nei confronti di altri personaggi indagati nei mesi scorsi dall'ex pm Luigi De Magistris nell'ambito dell'indagine Why Not avocata poi dalla procura generale calabrese. I sostituti Dionigio Verasani e Gabriella Nuzzi, ieri sentiti dal Csm, hanno cominciato a esaminare l'imponente materiale: nessun commento nei corridoi della procura salerninata, bocche cucite più che mai dopo le "incolpazioni" del Csm. Si spiega soltanto che l'inchiesta può ripartire che "la procura può tornare al lavoro". E la procura riparte dalle ipotesi di reato a carico dei giudici di Catanzaro. Si cerca in quelle pen drive, in quelle memorie dei pc portati via, la traccia indicata dallo stesso De Magistris - ma anche da altri magistrati calabresi sentiti come persone informate sui fatti a Salerno nei mesi scorsi - nelle sue deposizioni. Le prove di un presunto complotto ai danni dell'ex pm che stava indagando su una presunta rete affaristica. Gli indagati a Salerno sono il pg di Catanzaro Enzo Iannelli, i suoi sostituti Alfredo Garbati, Domenico De Lorenzo e il pm Salvatore Curcio (i firmatari del controsequestro), ed ancora il magistrato Salvatore Murone, procuratore aggiunto Vicario, nonché l'ex procuratore Mariano Lombardi, l'ex Avvocato generale Dolcino Favi, il giudice del Tribunale Bruno Arcuiri nella sua qualità di componente del consiglio giudiziario, Antonio Saladino, ex Compagnia delle Opere e il senatore della PdL Giancarlo Pittelli. Intanto nelle stanze dei pm Verasani e Nuzzi, oggi il via vai dei colleghi era pressoché continuo. Nei corridoi davanti alle stanze qualcuno si è spinto a commentare che le incolpazioni del Csm "sono una medaglia per il lavoro svolto a Salerno". Qualcuno commenta il duro comunicato dell'Anm: "Il nostro torto - dice un pm - è quello che siamo cani sciolti. Non apparteniamo a nessuna corrente e questo forse ci ha esposti. Un dato su tutti: l'Anm locale non ha espresso alcun documento qui a Salerno. Ha parlato solo a Roma e questo la dice lunga. Forse paghiamo il nome di Simone Luerti che compare nelle carte".

Per il CSM il PG Apicella ha violato il dovere di indipendenza. Il procuratore di Salerno Luigi Apicella ha tenuto un "atteggiamento conflittuale e di pregiudizio" sull'operato dei magistrati di Catanzaro, che è "incompatibile con i doveri di indipendenza e terzietà propri di ogni magistrato", e con il sequestro di Why not ha determinato "la paralisi dell'attività di indagine" dei colleghi calabresi. E non solo: non dando "adeguate direttive" a chi doveva eseguire le perquisizioni ai pm calabresi, non ha evitato "situazioni disdicevoli e inopportune". E' alla luce di tutto questo, considerata la competenza della procura di Salerno sulle indagini che riguardano i magistrati calabresi, che il Csm ipotizza sia "venuta meno" la possibilità per Apicella di "operare nella sede occupata con piena indipendenza e imparzialita". Le accuse al procuratore di Salerno sono messe nero su bianco nell'atto di incolpazione che la Prima Commissione gli ha fatto notificare dopo l'apertura della procedura di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale. Tre dunque i comportamenti che il Csm rimprovera ad Apicella. Innanzitutto l'aver assunto un atteggiamento conflittuale di fronte "alle resistenze" opposte dalla procura di Catanzaro alla consegna di atti della loro inchiesta, "anziché adoperarsi per ricercare una soluzione congrua". E poi la scelta concordata con i suoi sostituti di procedere al sequestro dell'intero fascicolo "omettendo di precisare che era funzionale a "trarre copia dei documenti utili" e che sarebbe stato seguito dalla "successiva e immediata restituzione degli atti: in questo modo ha non solo determinato "la paralisi dell'attività di indagine", ma ha anche alimentato e resa "palese" "la conflittualità tra i due uffici giudiziari". Il tutto "ingenerando nell'opinione pubblica e nelle istituzioni allarme e preoccupazione" sull' "equilibrio e la ponderazione delle iniziative giudiziarie assunte e dubbi sulla loro strumentalizzazione per finalità diverse da quelle di giustizia". L'ultima contestazione riguarda le perquisizioni negli uffici e nelle case dei magistrati di Catanzaro: non solo organizzandone l'esecuzione Apicella ha dato un'"insufficiente preventiva indicazione di adeguate direttive", per scongiurare "situazioni disdicevoli e inopportune", che poi si sono verificate e che hanno creato "preoccupazione nell'opinione pubblica"; ma partecipando direttamente all'operazione con i suoi sostituti ha consentito "modalità esecutive che di fatto determinavano un ancor più sensibile disagio e disorientamento" negli uffici giudiziari catanzaresi.

Per il CSM il PG Jannelli ha acuito lo scontro. Il procuratore generale di Catanzaro non solo "non è stato in grado di fronteggiare" la "situazione di grave conflittualita" tra il suo ufficio e la procura di Salerno, ma ha addirittura con le sue condotte "acuito il clima di tensione e di scontro". E reagendo con il contro-sequestro del fascicolo Why not all'iniziativa dei colleghi - che peraltro avevano indagato lui e i magistrati del suo ufficio - ha dato l'immagine di "un'azione giudiziaria strumentalizzata da ragioni di reazione e rivalsa". E' quanto si legge nell'atto di "incolpazione" che il Csm ha inviato a Enzo Jannelli e che esplicita le ragioni per le quali gli è stata aperta la procedura di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale. Due le condotte contestate dal Csm a Jannelli. A cominciare dall'essere "venuto meno ai doveri di leale e proficua collaborazione" con la procura di Salerno: alle richiesta di quell'ufficio di acquisire copia degli atti del fascicolo Why not, il Pg ha risposto "in maniera interlocutoria e comunque non pienamente soddisfacente", così da "indurre" quei magistrati a emettere il provvedimento di sequestro. Il Pg deve rispondere anche del fatto di aver consentito e condiviso la decisione dei suoi sostituti - che con lui erano stati indagati dalla procura di Salerno - di rispondere con il contro-sequestro degli atti; e questo "senza aspettare gli esiti" della richiesta di "tutela" che Jannelli aveva sollecitato per sé e i propri sostituti in una lettera al capo dello Stato e senza "attivare le possibili attività di controllo di questi atti in sede processuale", cioé senza impugnare il provvedimento di Salerno davanti al tribunale del riesame. E proprio il contro-sequestro, fa notare il Csm, ha determinato un "ulteriore paralisi dell'attività di indagine" e insieme alle dichiarazioni fatte alla stampa da Jannelli, ha alimentato e "reso palese la conflittualità tra i due uffici giudiziari". Si è così offerta "l'immagine di un'azione giudiziaria, non opportunamente meditata e orientata a finalità di giustizia ma all'opposto strumentalizzata da ragioni di reazione e rivalsa". Il tutto creando "allarme e preoccupazione" nell'opinione pubblica sull' "equilibrio e la ponderazione delle iniziative giudiziarie assunte" e "dubbi sulla loro strumentalizzazione per finalità diverse da quelle di giustizia".

Legale Merante “Coi trasferimenti azzerata inchiesta Why not”. "Sconcerta che i magistrati da trasferire siano stati individuati proprio in quelli che, sia a Catanzaro sia a Salerno, si sono occupati dell'inchiesta Why Not con il risultato di azzerare, per la seconda volta, il lavoro svolto". Ad affermarlo è l'avv. Alessandro Diddi, difensore della società Why Not e di Caterina Merante, una delle principali testi d'accusa dell'inchiesta. "I provvedimenti annunciati dal Csm nell'ambito della vicende 'guerre tra procure' - prosegue il legale - prefigurano scenari allarmanti come quando si diceva che se si vuole che tutto resti com'é si cambia tutto perché non cambi nulla". "Poco più di un anno fa afferma Diddi - quando il dott. De Magistris stava per adottare provvedimenti importanti, come dallo stesso dichiarato a Salerno, secondo quanto riportato da organi di stampa, l'indagine gli fu sottratta ed il magistrato fu trasferito determinando, praticamente, l'azzeramento dell'inchiesta e l'esultanza dei tanti, tantissimi personaggi toccati. Dopo l'avocazione sono state svolte intensissime investigazioni per lo svolgimento delle quali è stato costituito addirittura un pool di magistrati che, da quanto emerso in questi giorni, sarebbe stato fermato dai colleghi di Salerno mentre si stava determinando a concludere le indagini e ad adottare provvedimenti cautelari. Con una puntualità sconvolgente, però, il Csm ha anticipato, dopo aver aperto la procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale del procuratore di Salerno nonché del Capo della Procura Generale di Catanzaro, insediatosi appena un anno fa, l'instaurazione di altra procedura di trasferimento d'ufficio di altri magistrati dei medesimi uffici giudiziari. Il trasferimento in massa dei magistrati significa ricominciare per l'ennesima vota tutto daccapo con il rischio di una enorme buco nell'acqua in quanto, nel mentre si litiga su chi deve indagare, la prescrizione estinguerà fatalmente i reati". "Esattamente un anno e mezzo fa - afferma Diddi - Caterina Merante, amministratrice della Why Not, nel denunziare una turbativa d'asta e l'interruzione di pubblico servizio in conseguenza di una improvvida decisione di un funzionario della Regione Calabria che aveva estemporaneamente deciso di annullare una delle tante gare pubbliche che vengono indette da quella amministrazione, metteva a nudo al dott. De Magistris un sistema di collusioni trasversali alle istituzioni attraverso il quale i fondi pubblici vengono spartiti". "Qualche giorno fa - prosegue il legale - il Presidente dell'Anm aveva duramente ammonito che le Istituzioni chiamate a gestire il delicato momento seguito alle iniziative delle Procure salernitana e catanzarese, devono assicurare che il procedimento Why Not continui e che le inchieste non si interrompano. Ed in effetti, dopo qualche ora, le Procure avevano deciso di collaborare scambiandosi gli atti necessari per fare in modo che ciascuna di esse potesse portare a compimento il lavoro faticosamente svolto. I nuovi provvedimenti preannunciati dal Csm vanno in direzione esattamente opposta perché con il trasferimento dei magistrati verrà automaticamente azzerata l'indagine e con essa fatalmente verrà compromesso l'accertamento di una verità che scotta, che chiama in ballo il sistema che molti, fino a ieri, sembravano disposti a combattere e che in questa grande confusione saprà garantire l'impunità ai suoi seguaci. Per giungere al livello di accertamento sino oggi raggiunto, ci sono voluti quasi tre anni di lavoro investigativo che ha coinvolto un numero enorme di forze di polizia coordinate da numerosi magistrati e decine di audizioni della parte offesa e di altre persone informate dei fatti che, con alto senso civico, e con grande dispendio di energie, si sono prestate ad una faticosissimo lavoro di ricostruzione". "C'é solo da auspicare - conclude Diddi - che il Csm, che sino ad oggi, sospinto dal Capo dello Stato, ha saputo agire con grandi doti di equilibrio non si faccia strumentalizzare né dal sistema che, tanti magistrati in questa vicenda hanno comunque dimostrato di voler combattere, né dalla politica, che con cinismo disarmante in queste ore sta cogliendo l'occasione per mettere mano a grandi riforme che non risolveranno il problema concreto ma che coinvolgeranno lo stesso Consiglio Superiore che si vuole completamente riformare dando l'idea, certamente non vera, di volerlo rendere più controllabile dai poteri forti".

 

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